Già condannato a cinque anni al maxi processo istruito da Giovanni Falcone, fu riarrestato 12 anni fa per poi tornare in libertà dopo una condanna a 11 anni. Sarebbe stato lui il prescelto per il ruolo di guida verso la ricostruzione della commissione provinciale
Mafia, 46 fermi: colpita nuova cupola di Cosa nostra In manette finisce anche erede designato di Totò Riina
Settimino Mineo, un gioielliere di 80 anni con precedenti per mafia, tra cui una condanna a cinque anni ai tempi del Maxiprocesso istruito da Giovanni Falcone, sarebbe il nuovo capo di Cosa nostra. Questo emerge dall’inchiesta della Dda di Palermo che ha portato al fermo oggi di 46 persone. «Cosa nostra resta fedele alle sue regole che la vogliono dotata di una struttura verticistica – aveva detto il procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi appena un anno fa, nei giorni successivi alla morte di Totò Riina – Solo le indagini ci consentiranno di capire quale sarà la nuova struttura. Inutile fare ipotesi su cosa accadrà, sarebbero velleitarie». Oggi quelle stesse indagini sono venute a capo di un disegno, non il primo negli ultimi anni, per rimettere in piedi la vecchia commissione provinciale, la struttura di vertice per eccellenza della mafia palermitana.
E a capo della commissione, che da anni ormai aveva smesso di riunirsi, sarebbe stato designato proprio Mineo. Che da circa un anno era uscito dal carcere dopo avere scontato una condanna a 11 anni. Dopo i falliti tentativi del recente passato, Cosa nostra avrebbe puntato tutto su un uomo della vecchia guardia, che non possiede un telefono e si muove a piedi di mandamento in mandamento per sfuggire alle cimici e alle intercettazioni. Una scelta che, se confermata dalle indagini, si dimostrerebbe in linea con la politica di Cosa nostra, che aveva dato – pare per ordine dello stesso Matteo Messina Denaro – prima mandato di ricostruzione a un 71enne, Matteo Capizzi, boss di Santa Maria di Gesù ora all’ergastolo e poi si era affidata alle figure storiche degli ultimi fedelissimi di Totò Riina e della vecchia mafia tutta regole e codici d’onore: Mario Marchese, boss di Villagrazia e Gregorio Agrigento, di San Giuseppe Jato.
L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai pm Francesca Mazzocco, Amelia Luise, Dario Scaletta, Gaspare Spedale e Bruno Brucoli e ricostruisce gli assetti dei clan palermitani di Porta Nuova, Pagliarelli, Bagheria, Villabate e Misilmeri. L’anziano di cui già il pentito Tommaso Buscetta fece il nome agli inquirenti, come è emerso dalle indagini dei carabinieri, aveva il terrore di essere intercettato e non usava telefoni. La Commissione provinciale di Cosa nostra, che da anni ormai aveva smesso di riunirsi, sarebbe stata riconvocata il 29 maggio scorso: un summit che riporta alla vecchia mafia. Come ispirata alla tradizione sembra essere l’organizzazione della nuova commissione provinciale guidata da Mineo.