L'operazione Smack forever prende il nome dal tatuaggio a forma di labbra che contraddistingue gli appartenenti alla presunta organizzazione a delinquere. Tra le attività descritte dai carabinieri c'è la gestione abusiva delle case Iacp. Guarda le foto
Mafia, 17 arresti contro la cosca Laudani di Giarre Estorsioni, furti, cavalli di ritorno e legami politici
Cavalli di ritorno, furti in abitazioni, riciclaggio, intestazioni fittizie di beni. Soprattutto estorsioni, perpetrate con il consueto corollario di assunzioni forzate, pestaggi e intimidazioni. E un legame non meglio chiarito con la politica che si struttura alla vigilia delle amministrative 2016. Ecco il volto del clan mafioso Laudani a Giarre e nei Comuni vicini, tratteggiato dai carabinieri, che nella mattina di oggi hanno arrestato 17 persone considerate appartenenti alla cosca. L’inchiesta si chiama Smack forever, dal tatuaggio a forma di labbra che i membri della presunta associazione a delinquere portano impresso sulla pelle. Un mussu, curiosamente, per un clan passato alle cronache come mussi ‘i ficurinia. I militari giarresi sono convinti di aver individuato e colpito non soltanto le nuove leve, ma anche l’attuale reggente del clan, il 42enne Alessandro Liotta. Già arrestato nel febbraio 2017 per reati connessi allo spaccio di droga, nell’ambito dell’operazione Bingo.
Gli inquirenti definiscono «sprezzante e spregiudicato» il metodo utilizzato per taglieggiare i commercianti della zona, in particolar modo quelli che avevano appena aperto nuove attività, dunque gravati dall’investimento iniziale. Per chi non pagava, c’erano pestaggi o atti intimidatori incendiari. Come spiegano i carabinieri in una nota, alcuni dei negozi colpiti sono tuttora chiusi, sintomo della desertificazione commerciale che la mafia sa lasciarsi dietro quando agisce. Accanto a Liotta, secondo gli inquirenti, ci sarebbero state due donne: la moglie 37enne Valeria Vaccaro e la 26enne Sharon Francesca Contarino, anche loro marchiate dal tatuaggio con il bacio. Con il loro sostegno, Liotta si occupava – anche attraverso prestanomi – delle finanze del gruppo, delle controversie tra gli affiliati, del sostentamento di chi finiva in gattabuia. Intratteneva relazioni, inoltre, con le famiglie di Acireale, Catania e Piedimonte Etneo.
Uno dei rami d’azienda della presunta organizzazione sarebbe stato dedicato ai furti in abitazione. I carabinieri di Giarre raccontano di «ingente materiale idraulico (caldaie e termosifoni) a danno degli appartamenti di edilizia popolare nel condominio denominato Ghiaccio di recente rinnovamento, già assegnati ma non ancora occupati». E proprio le case popolari erano un altro dei presunti core business dell’associazione. I militari spiegano infatti che Liotta «gestiva illegittimamente l’assegnazione delle case popolari, nelle quali faceva confluire le residenze anagrafiche delle persone a lui più vicine o, comunque, lucrava sui canoni delle locazioni, scomputando debiti che vantava nei confronti di terzi». In alcuni frangenti, gli appartamenti venivano sottratti – se necessario – anche con la forza.
C’è poi il capitolo che riguarda il rapporto con la politica locale. Pur non avendo prodotto la prova del voto di scambio, procura e carabinieri sostengono che esistessero contatti tra gli indagati e «candidati non meglio identificati». Gli affiliati si sarebbero prodigati nella ricerca del consenso con regali e denaro. «Il boss giarrese – recita il comunicato con riferimento a Liotta – nel tentativo di convincere un soggetto sconosciuto a cambiare la sua preferenza di voto, gli intimava di dare il voto “agli amici nostri” e non “ai santapaoliani”».
E per l’appunto, un ulteriore aspetto approfondito dagli inquirenti attiene al rapporto con il clan Santapola-Ercolano. Tra le due famiglie ci sarebbe stato un accordo di fondo per la ripartizione del pizzo. Un dato che emergerebbe dal caso di un commerciante che, taglieggiato dall’uno e dall’altro gruppo, aveva smesso di pagare entrambi. A quel punto sarebbe entrato in scena il 53enne Roberto Bonaccorsi, ritenuto vicino a «soggetti affiliati al clan Santapaola di Riposto». L’uomo è stato arrestato 20 giorni fa per un altro caso di estorsione, insieme ad altri due mussi, tra cui il 51enne Francesco Messina, che «era spesso presente alle richieste estorsive effettuate dal gruppo “a viso aperto” negli esercizi commerciali». L’inchiesta si occupa anche del 61enne Salvatore Nicotra, considerato elemento di spicco dei Laudani a Macchia, già in carcere per il «brutale pestaggio con sequestro di persona di un giovane del luogo» avvenuto a marzo di quest’anno. Ad eccezione delle quattro persone già in carcere, gli arrestati sono stati portati nella struttura penitenziaria di Bicocca.
I nomi degli indagati:
- BANNO’ Emmanuel, nato a Catania il 12/04/1996;
- BONACCORSI Roberto, nato a Giarre il 02/06/1965;
- CONTARINO Sharon Francesca, nata a Taormina il 19/10/1992;
- DEL POPOLO CHIAPPAZZO Filippo Giuseppe, nato a Catania il 20/03/1995;
- FORZISI Rosario Pietro, nato a Taormina il 29/06/1996;
- GRECO Salvatore, nato ad Acireale il 18/11/1972;
- INDELICATO Davide, nato ad Acireale il 29/01/1980;
- LIOTTA Alessandro, nato a Catania il 30/08/1976;
- MAURO Carmelo, nato a Giarre il 08/10/1997;
- MESSINA Francesco, nato a Giarre il 04/06/1967;
- MUSUMECI Giuseppe, nato ad Acireale il 27/07/1987;
- MUSUMECI Vincenzo, nato a Giarre il 24/11/1975;
- NICOTRA Salvatore, nato a Giarre il 30/07/1957;
- OLIVERI Giovanni Marconato a Giarre il 16/01/1994;
- PAGANO Massimo, nato a Giarre il 05/12/1977;
- PATANE’ Leonardo, nato a Calatabiano il 09/06/1953;
- VACCARO Valeria, nata a Giarre il 29/07/1981.