Trasportare cocaina e marijuana in ogni modo e con qualsiasi mezzo, compresi i tubi dei Baci Perugina o le confezioni regalo dei profumi. Tutto con un crocevia fondamentale nel territorio di Ispica, in provincia di Ragusa. Dal centro della cittadina, via dello Zafferano è distante appena dieci chilometri. Una zona isolata, in cui si susseguono villette e aziende agricole. Quella strada la conoscevano bene tre fratelli albanesi: Eriseld, Emiljano e Ledi Hoxhaj. Intorno alle 13 dell’8 marzo 2018 i militari della guardia di finanza notano l’arrivo di due macchine. Sono state noleggiate a Catania la sera prima e hanno viaggiato fino alla provincia di Bari. Appena tre minuti di sosta in Puglia per poi ripartire in fretta e furia per Ispica. I tre albanesi vengono accolti da Rosario Amico. Entrano a casa dell’uomo e subito dopo dal cofano di una delle due auto viene prelevato un borsone talmente pesante che c’è bisogno di due persone per spostarlo. Così, da quegli strani movimenti in quel pomeriggio del 2018, gli investigatori mettono insieme i tasselli dell’inchiesta La Vallette. Ventidue persone indagate di cui 15 finite dietro le sbarre.
Ma chi è l’uomo che apre le porte di casa ai tre fratelli albanesi? Gli investigatori conoscono i suoi precedenti penali per droga ma sanno pure che è un amante delle auto di lusso, che cambia frequentemente, oltre a essere solito spostarsi all’estero, specie a Malta. Amico a Ispica è conosciuto come Saro, già impiegato nel settore Manutenzione del Comune, nel 2015 tentò pure l’avventura in politica candidandosi al Consiglio comunale con il partito socialista. Ma c’è dell’altro. Per gli inquirenti, è lui l’uomo al vertice di un gruppo internazionale di trafficanti di cocaina e marijuana. Avrebbe avuto contatti non solo con i tre fratelli albanesi ma anche nell’isola dei Cavalieri con il presunto broker della droga John Spiteri. In Calabria, invece, si sarebbe mosso con il fondamentale supporto di Pietro Sessa, storico concessionario d’auto di Rosolini che nel 2018 finì a Le Iene per raccontare la sua storia di vittima di usura. Altri tempi.
La droga importata dai Balcani sarebbe servita anche al mercato locale, specie tra le province di Ragusa e Siracusa, e per quello della Lombardia grazie ai presunti legami con il concittadino Roberto Melfi. Nelle carte dell’inchiesta vengono ricostruiti spostamenti, tecniche per occultare lo stupefacente e sequestri. Un Fiat Ducato viene bloccato con 50 chili di marijuana ai caselli autostradali di San Gregorio il 19 giugno 2018. Undici giorni dopo, la polizia maltese sequestra 84 chilogrammi di erba. La droga viaggiava all’interno di alcuni mobili d’arredo caricati in un furgone partito da Pozzallo. L’autista, Fabian Catania, anziché negare di sapere cosa ci fosse dentro i mobili indica il destinatario del carico. «Quello stronzo lo dobbiamo sbarazzare. Quello che ha aperto bocca e che ha guidato il camion», diceva il presunto trafficante maltese John Spiteri ad Amico. «Se muore quello – continuava – sarà soltanto perché lui ha parlato». Durante questo confronto l’uomo ragusano tracciava anche la presunta caratura dei suoi contatti albanesi: «La Ferrari gliel’ho fatta comprare io – diceva – Penso che hanno un milione di euro a fratello, in Albania hanno i milioni».
Per aggirare il problema bisognava trovare dei corrieri affidabili. Un’incombenza delicata. In un’intercettazione la possibile soluzione, secondo la ricostruzione della procura, la proponeva proprio Amico indicando la possibilità di affidare il viaggio a due donne di Ispica: «Loro ce l’hanno la macchina – diceva l’uomo a Ledi Hoxhaj – Mille euro ciascuno, c’hanno i bambini». Una delle due donne viene identificata dagli inquirenti in Lucia Armenia. Il suo nome viene messo nero su bianco oltre 200 volte nelle pagine dell’ordinanza, forte di un ruolo, secondo la ricostruzione dell’accusa, di «stretta e dinamica collaboratrice» di Amico. Armenia per la finanza si sarebbe occupata di viaggi ma anche di gestire una autonoma attività di spaccio. «A me interessa quella – diceva riferendosi presumibilmente alla cocaina da preferire alla marijuana – con questa non ci guadagno un cazzo». C’era anche la paura di essere intercettati, come la donna sottolineava dopo avere ricevuto alcuni messaggi da un carabiniere: «Lui spunta e mi fa “sei tanta roba… kiss“», raccontava. «Visto e considerato che sei un carabiniere sai bene che non si importuna una donna dopo che ti dice che le tue conversazioni non sono gradite», rispondeva. Ma come faceva il militare ad avere il numero? «Uno sbirro il mio telefono, ti rendi conto? Cosa (forse riferendosi a un’altra donna, ndr) mi ha detto di stare attenta perché lo ha preso dai registri, le fanno queste minchiate. Ho il telefono sotto controllo».
La cronaca degli avvenimenti contenuta nei documenti passa anche per le difficoltà negli approvvigionamenti di droga dall’Albania. A pesare sui rifornimenti non erano solo i sequestri. Il 22 settembre 2018 Amico sottolinea ai trafficanti albanesi le pressioni dei suoi presunti clienti. «Non posso aspettare più, ci dobbiamo muovere. Ho ricevuto troppe telefonate», spiegava. Due giorni prima erano gli albanesi a confrontarsi sui problemi nel reperire la droga dai contatti nei Balcani. «La situazione da noi è peggiorata – si legge in un dialogo intercettato – essendo che hanno preso ventimila radici (piante, ndr). Loro piantano centomila in un posto, centomila in un altro posto». I «loro» in questione sono i grossisti attivi in Albania. I nomi non vengono indicati ma il resto della conversazione è coperto da un omissis.
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