Alla sala Hàrpago va in scena Lupo, scritto e diretto da Carmelo Vassallo: storia di quando lincomunicabilità e il non detto uccidono luomo. In scena fino a stasera
L’ululato di Lupo e il dolore di essere sinceri
Testo e regia: Carmelo Vassallo
Cast: Savì Manna, Carmelo Vassallo
Assistente alla regia: Meritxell Perez
Disegno luci: Antonello Scuderi
Marionetta: Cartura
Postproduzione: Orazio Arena
Produzione: Associazione Culturale Leggende Metropolitane
Un balcone, al centro della scena, nella penombra appena illuminata di stelle. Un uomo seduto, che si intravede appena, con le gambe a penzoloni, di fronte agli spettatori che, appena entrati nella sala e in procinto di accomodarsi, smorzano le chiacchere e si siedono.
Questo linizio di Lupo, opera scritta e diretta da Carmelo Vassallo, ambientata a Catania, nel quartiere popolare di San Cristoforo. Cocimo, quindicenne, e Lupo, trentenne, per un estate diventano compagni inseparabili, amici, fratelli. Ma nonostante tale vicinanza tra i due cè qualcosa di non detto, di oscuro. E sarà questo a portare alla disgrazia e al dolore. La storia è raccontata dalluomo sul balcone, vestito di nero, che parla a bassa voce per non svegliare la madre che, in casa, sta dormendo. Questuomo è Cocimo, ormai trentenne: da anni non esce più di casa, e soltanto la notte, quando riesce a sfuggire alla sorveglianza materna, si affaccia alla finestra e aspetta che Lupo, il suo amico, torni e lo chiami da sotto il ballatoio. Ogni notte, da quindici anni a questa parte, sempre la stessa storia. Cocimo non può che riviverla, in uninfinita costrizione a ripetere, senza che vi sia più differenza tra passato e presente, tra realtà, ricordo e delirio.
Vassallo affronta dei temi delicati, quali il rapporto tra omosessualità, accettazione di sé e dellaltro, il coraggio di vivere il proprio essere e di mostrarlo alla società. Lo fa mettendo a nudo il tormento di un ragazzino che, nei confronti dellamico più grande, scopre dentro di sé pulsioni che non pensava di avere, trovandosi a dover fare i conti con una natura che non è capace di accettare. La difficoltà di comunicare con gli altri trasforma lindividuo in una marionetta inanimata: Cocimo, dallalto del balcone-rifugio, di fronte a Lupo muove un pupazzo del quale tiene i fili. Il pupazzo è lui stesso, è il simbolo di quel manichino al quale ognuno di noi, per paura di mostrare allaltro la propria natura, fa recitare al proprio posto la propria vita.
Notevole è la prova di Savì Manna nelle vesti di Cocimo: febbrile, nervoso, lattore rende benissimo il tormento del personaggio che racconta il proprio dolore. Carnale e virile è linterpretazione che Carmelo Vassallo fa di Lupo: mette in scena perfettamente la brutalità di emozioni di questo uomo cresciuto da solo, abbandonato, costretto sin da bambino ad imparare le dure leggi della sopravvivenza.
Continuo è il rumore del mare, le cui onde alte e minacciose si proiettano, come molte delle immagini evocate dai due attori, sulla scenografia. Questultima è una facciata semicadente, biancastra, dove si apre il balcone di Cocimo. Lorchestrazione delle luci e dei suoni dà modo allo spettatore di avere davanti agli occhi il mondo dei personaggi, la cui storia diventa allora sempre più reale, vera e triste. Il dialetto usato dallautore, arcaico e metropolitano insieme, è di una Sicilia amata e odiata, dove il diverso è marchiato, additato per strada, costretto a nascondersi.
Cocimo, ormai consumato dalla propria ossessione per lamico, si rende conto delle proprie inclinazioni e cerca di abbandonare la scena, strisciando verso una nicchia ricavata proprio sotto il balcone. Questo rifugio, però, non permette al ragazzo di sfuggire al proprio io: le pareti sono veli trasparenti, e Cocimo neanche lì è al sicuro, anche lì è raggiunto da Lupo. È come se Vassallo ci volesse dire che, per quanto si tenti di sfuggire a sé stessi e alla propria natura, non si può che fallire: in una luce verde e spettrale, Cocimo rimane fermo e inebetito, mentre dalla ringhiera del balcone pende la marionetta, che nella semioscurità sembra quasi uno scheletro appeso a un cappio. Muoiono le illusioni e linnocenza di Cocimo, che a questo punto è totalmente preda della propria disperazione.
Il balcone di shakesperiana memoria, che univa gli amanti clandestini in nome della passione, in questo caso diventa un gap insormontabile che non si riesce a superare: divide, invece di unire, i due personaggi. Cocimo e Lupo sono e restano soli: lincapacità di parlarsi con sincerità reciproca e di accettarsi portano alla distruzione di sé e dellaltro. Lululato alla luna di Lupo non è solo il pianto di dolore di un uomo, è il pianto di dolore di tanti individui costretti a soffocare sé stessi.