L’ultimo sorriso, il docufilm su padre Pino Puglisi «Viaggio in cui mi sono dimenticato di me stesso»

«Finalmente ho visto mio fratello». Per Franco Puglisi, fratello di don Pino, Paride Benassai è riuscito letteralmente a farlo rivivere. E anche per l’attore palermitano quello interpretato col docu-film L’ultimo sorriso è stato tutt’altro che un ruolo come gli altri. «Essere lui è stato un bellissimo viaggio, che mi ha fatto dimenticare me stesso sin dal primo momento e che continua ad emozionarmi anche in questi giorni di proiezione». La pellicola, infatti, è stata presentata in anteprima a inizio maggio all’auditorium della Rai ed è stata proiettata al cinema Politeama Multisala ieri sera, attirando moltissima gente, in coda c’era anche l’assessore alla Cultura Andrea Cusumano. «Questo film mi ha arricchito infinitamente – racconta l’attore a MeridioNews – Pino Puglisi mi ha permesso di distinguere fra realtà, spesso dura, e verità, l’unica in grado di fornire gioia. E a dispetto dell’unico comandamento di oggi, quello del possedere qualcosa o qualcuno a tutti i costi, ho capito che la vita va amata e basta, non esiste ricchezza più grande».

Nell’ottica di restituire quanto più possibile della figura del prete ucciso a Brancaccio dai killer di Cosa nostra, si è deciso di girarlo in maniera molto fedele: i luoghi sono quelli che lui frequentava, la chiesa è la sua e lo sono anche le parole di un’omelia recitata in una scena, così come l’uomo che per primo lo trova morto davanti al portone di casa è lo stesso che per davvero lo trovò quella sera di settembre a piazza Anita Garibaldi. «È venuto fuori un documento storico molto importante. Un film non può mai restituire in toto la verità della vita, è chiaro, ma scaglie di verità sì, e questo ci riesce», dice Benassai. Dopo ogni frase si interrompe, fa una pausa, distoglie lo sguardo, i suoi occhi sono lucidi, come se dovesse piangere da un momento all’altro. La commozione di quest’uomo, mentre racconta il lavoro fatto per entrare nella vita di Puglisi, è evidente, palpabile. «Di lui sapevo molto poco, più o meno quello che sanno tutti, perché non l’ho mai conosciuto – dice ancora l’attore – Per prepararmi a questo ruolo ho incontrato la famiglia, questa è stata un’iniziazione per me, e ho ascoltato ascoltato e ascoltato».

Lo ha fatto per così tanto tempo da essere andato ben oltre l’interpretazione stessa. «Confesso che dopo aver lavorato alla parte la mia compagna scherzando mi ha detto “ho vissuto per un mese e mezzo con padre Pino Puglisi a casa, ho temuto che ti facessi parrino a un certo punto”», rivela sorridendo. «Non è stato solo un ruolo, solo un’interpretazione, io questo personaggio l’ho vissuto e mi è rimasto addosso, mi ha cambiato in meglio. E ancora, quando rivedo il documentario, non riesco a non chiedermi “ma picchì?”, come si può spegnere un amore così forte? Forse chi sa amare tanto è esposto a grandi rischi». Il dolore eguaglia, però, la gratitudine per essere stato scelto per questo progetto, nato da un’idea del commissario Sergio Quartana, presidente dell’Associazione culturale della Polizia municipale di Palermo. «Abbiamo voluto fare un lavoro diverso – racconta Quartana – percorrendo la vita di padre Pino Puglisi dal momento in cui decide di entrare in seminario in poi, non volevamo concentrarci solo sugli ultimi tre anni della sua vita a Brancaccio, lui non è stato solo quello».

A convincere il commissario a realizzare questa pellicola, dopo il fumetto realizzato nel 2013 sempre sulla figura di Puglisi, è stato l’incontro con la giovane regista palermitana Rosalinda Ferrante, alla quale ha proposto una collaborazione perché colpito da un suo film. «È stato un lavoro lungo, durato tre anni. Ci siamo mossi per tutta la Sicilia, abbiamo incontrato molta gente che l’ha conosciuto veramente. E soprattutto la famiglia, che ci ha aperto le porte per farci comprendere come fosse padre Puglisi proprio a casa – dice anche Ferrante – Abbiamo divorato libri e ogni materiale che lo riguardasse. Ci siamo avvicinati nell’intimo di quest’uomo studiandone tutte le sfumature. Il cast per il 70 per cento è composto da ragazzi, che si sono emozionati molto nel vivere padre Puglisi, per questo il docu-film è destinato soprattutto a loro e al pubblico delle scuole. I riscontri finora sono stati molto positivi, siamo molto fiduciosi».


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