Lombardo, ancora mistero sui racconti di Di Dio «Se serve, chiameremo in aula i servizi segreti»

La difesa di Raffaele Lombardo è schierata. Da smontare ci sono le accuse che potrebbero entrare nel processo di secondo grado all’ex presidente della Sicilia. Trascorso più di un anno dalla sua condanna a sei anni e otto mesi per concorso esterno alla mafia, i legali sono chiamati a replicare alle dichiarazioni di alcuni nuovi pentiti, che hanno deciso di rompere il muro di omertà delle regole di Cosa nostra e parlare con i magistrati. Su tutti – pur non essendo un collaboratore di giustizia -, il nome è quello di Rosario Di Dio, il presunto boss di Castel di Iudica che ha riempito due verbaliuno dei quali svelato per la prima volta da MeridioNews

Una battaglia giudiziaria senza esclusione di colpi, che avrà come passaggio chiave quello del 24 novembre. Giorno in cui è stata fissata la prossima udienza, nella quale le giudici che compongono il collegio leggeranno l’ordinanza sull’ammissibilità delle prove. La parola d’ordine per gli avvocati di Lombardo è una sola: «Non dare la possibilità a dei mascalzoni di venire qui, dopo aver studiato, per correggere le loro versioni». Un passaggio legato all’eventuale possibilità che la corte accolga la richiesta di deposizione in aula di Rosario Di Dio. Alessandro Benedetti, legale che difende Lombardo insieme a Franco Coppi, usa parole dure per commentare le dichiarazioni spontanee del presunto boss, attualmente detenuto a Novara in regime di carcere duro: «Di Dio ha avuto molte settimane per poter riflettere e rispondere a domande approfondite, aiutato e consigliato. Altro che servizi segreti…». Un riferimento all’arco temporale trascorso dal primo incontro con i magistrati – il 2 dicembre 2014 – e quello successivo che risalirebbe a qualche mese dopo. Per la difesa «basta l’acquisizione di questi verbali», spiega Benedetti, che reputa superfluo far parlare in aula il presunto boss. Le indagini collegate alle rivelazioni di Di Dio sono però proseguite, con un’attività investigativa di riscontro depositata in nuovi atti alla fine di ottobre. 

Il tenore della difesa di Lombardo non cambia nemmeno quando da analizzare ci sono le dichiarazioni di una serie di collaboratori di giustizia. Da Fabrizio Nizza Salvatore Sciacca. Passando per Vito Galatolo, l’ex padrino palermitano dell’Acquasanta che ha riferito di un presunto avvicinamento da parte dei servizi segreti nei confronti di Vincenzo Aiello, responsabile provinciale della famiglia Santapaola. Un contatto che sarebbe avvenuto nel carcere di Parma e che aveva come obiettivo ultimo quello di scagionare Lombardo attraverso alcune dichiarazioni costruite a tavolino. «Se consentirete l’ingresso di questi verbali – spiega Benedetti in aula -, noi saremmo costretti a chiamare come testimoni sia il capo dei servizi segreti che il presidente del dipartimento penitenziario». Il penalista lancia anche una provocazione al collegio delle giudici: «Vogliamo fare un processo serio – chiede con un velo d’ironia – o preferiamo fare qualcosa che duri due o tre anni con altri 30 o 40 testimoni?».


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