Riprendiamo in traduzione un articolo apparso sul New York Times il 24 febbraio 2009, sulle polemiche suscitate dalla collaborazione tra l'artista israeliana Noa e la palestinese Mira Awad, scelte per rappresentare insieme lo stato di Israele all'Eurofestival di Mosca. Accusate di voler dare un'immagine edulcorata del conflitto, Noa e Mira si difendono dicendo di voler solo cantare una possibile coesistenza pacifica tra i due popoli
Lo spettacolo musicale per l’unità sconvolge Israele
TEL AVIV – Achinoam Nini, cantante e attivista in difesa della pace, ha suscitato a lungo controversie. Conosciuta all’estero col suo nome d’arte, Noa, ha inciso dischi con artisti arabi, si è rifiutata di cantare nella Cisgiordania occupata, ha condannato gli insediamenti israeliani in quella regione e ha dovuto cancellare alcuni concerti per la minaccia di un attentato da parte dell’estrema destra.
Ma ultimamente è la sinistra ad essersela presa con Noa. Scelta da Israele per rappresentare il Paese all’Eurovision Song Contest – che quest’anno si svolgerà a Mosca in maggio con un’utenza televisiva stimata attorno a 100 milioni di persone – Noa ha chiesto di potersi fare accompagnare dal suo attuale collaboratore artistico, una cantante arabo-israeliana, Mira Awad.
Alla commissione selezionatrice è piaciuta l’idea di avere per la prima volta nel concorso cittadini sia israeliani sia arabi. Ma coincidendo con lo scoppio della guerra a Gaza e l’ascesa di Avigdor Lieberman, leader ultranazionalista che minaccia gli arabo-israeliani con un patto di lealtà, la scelta della commissione è stata etichettata da gran parte della sinistra e della comunità araba come un tentativo di abbellire una situazione in realtà drammatica.
È circolata una petizione che chiedeva il ritiro del duo, sostenendo che stessero dando un’immagine fuorviante della coesistenza in Israele, proteggendo la nazione dalle critiche che invece meritava. E aggiungeva: “Ogni mattone nel muro di questa falsa immagine permette all’esercito israeliano di lanciare altre dieci tonnellate di esplosivi e altre bombe al fosforo”.
Né Noa, 39 anni, né Mira Awad, 33, si sono lasciate dissuadere. Ma considerandosi sostenitrici della pace, sono rimaste un po’ sorprese. Il movimento contro la guerra, loro dicono, sembra essersi trasformato in un’apologia del gruppo di Hamas. Il che, insieme alla svolta politica a destra in Israele, significa che mentre le due artiste erano state inviate per rappresentare questa società variegata e complessa, proprio loro si sono sentite un po’ orfane di essa.
“Sono molto preoccupata dalla tendenza a estremizzarsi da entrambi le parti, israeliana e palestinese”, ha detto la Awad in un momento di pausa dalla prove, parlando della controversia insieme a Noa e al loro collaboratore artistico, il chitarrista Gil Dor. “Questa non è la mia visione dello stato palestinese, uno stato fondamentalista dove le persone che non piacciono vengono gambizzate. E nel frattempo le elezioni israeliane svoltano a destra”.
I tre stanno preparano quattro canzoni, di cui una verrà scelta da una giuria e dal pubblico votante in uno spettacolo televisivo all’inizio di marzo. Tutte e quattro le canzoni sono scritte in ebraico, arabo e inglese, e tutte cercano di raccontare le difficoltà della convivenza, piuttosto che celebrare qualche mitica Kumbaya.
“E quando piango, io piango per entrambi, il mio dolore non ha nome” dicono i versi di una delle loro proposte. “Dove possiamo andare via da qua? Sorella, è stata una notte lunga” dice un’altra canzone. Mira Awad è una del milione e mezzo di cittadini arabi dei più di sette milioni di abitanti in Israele. Ci sono altri quattro milioni di arabi palestinesi nella Cisgiordania e nella striscia di Gaza che non hanno un loro stato.
Le due donne collaborano da quasi otto anni. Al culmine della seconda intifada, sei anni fa, hanno realizzato una versione di “We can work it out” dei Beatles, che è diventata una hit internazionale.
Mira Awad, figlia di un medico arabo della Galilea e di madre bulgara, vive a Tel Aviv. E’ meglio nota in Israele come attrice per aver partecipato ad una popolare commedia televisiva, e in seguito per essere stata la protagonista di una travolgente opera teatrale sul conflitto israelo-palestinese al Teatro Cameri di Tel Aviv.
Ma è Noa ad avere una vera fama internazionale. Ha venduto più di un milione di dischi, ed è molto nota in Europa, specie in Spagna, Italia e Francia, dove ha tenuto molti concerti. Ha una voce cristallina con uno sottofondo ebreo yemenita, che arricchisce la sua musica di una qualità etnica. Avendo trascorso l’adolescenze a New York, parla un impeccabile inglese e combina un gran numero di strumenti e ritmi per produrre una musica con svariate influenze.
“Io porto una bandiera cross-culturale, rompendo le barriere tra le religioni”, dice. “E sono coinvolta in altri progetti: sono ambasciatore delle Nazioni Unite per la pace. Sento come una fusione, come Barack Obama”.
Noa, anche se è ammirata in Israele, è più popolare all’estero. La sua musica, contrariamente a quella di molte pop stars, è meno il riflesso della sensibilità del suo paese e più il tentativo di esprimere l’universale – motivo per cui la giuria avrà pensato che lei potesse portare a casa la quarta vittoria d’Israele all’Eurovision in tre decenni. I due principali programmi satirici di Isralele l’hanno ritratta come maggiormente interessata all’Italia che a Israele, e intenta a sfruttare Mira Awad per le sue esigenze.
Mira Awad, con le origini miste, è un po’ una straniera nella sua stessa terra, una cantante e attrice arabo-cristiana in un paese dominato da ebrei e musulmani.
Questo spiega in parte il loro legame, come dicono le due donne, e può anche spiegare l’ambivalenza con la quale la loro selezione si è scontrata.
Ma la politica recente ha chiaramente avuto i suoi effetti negativi. Durante la guerra Noa ha pubblicato una lettera sul suo blog, condannando gli islamici di Hamas e lanciando una appello ai “fratelli palestinesi” affinchè si uniscano per eliminare quello che lei chiama lo spaventoso mostro di Hamas. Questo è stato interpretato come un sostegno alla guerra israeliana a Gaza, anche se l’artista ha specificato che non era così.
“Quello che ho scritto è basato su quanto mi hanno raccontanto i miei amici palestinesi a Gaza, cioè che sono minacciati da Hamas”, dice.
Entrambe le artiste e il loro collaboratore, Gil Dor, dicono che passano molte ore discutendo sul significato di una nazione democratica ebrea, il conflitto israelo-palestinese e come fare la loro parte per migliorare le cose.
“Ognuno ha la responsabilità di fare qualcosa per la pace e la coesistenza”, ha detto Noa. “Il nostro tentativo è la musica. Noi condividiamo una vera amicizia. Ovviamente discutiamo, ma il bello è che offriamo un esempio di come possa essere la coesistenza”.