Lo spaccio nel Siracusano in mano al clan Trigila Droga da Milano, arrestati moglie e fratello boss

Il traffico di stupefacenti nella parte Sud della provincia di Siracusa in mano allo storico clan Trigila. Con la droga che arriva sulle piazze siracusane direttamente dalla Lombardia grazie all’accordo con la ‘ndrangheta. È quanto hanno ricostruito gli agenti del commissariato di polizia di Avola, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania. Stamattina sono stati posti agli arresti domiciliari la moglie e il fratello dello storico capo clan, Antonio Trigila, da più di vent’anni in carcere dopo la condanna all’ergastolo. Si tratta di Nunziatina Bianca, 59 anni, e di Gianfranco Trigila, 42 anni. 

«L’indagine – sottolineano gli investigatori – ha permesso di appurare, da un lato, come il traffico di sostanze stupefacenti abbia costituito, sino ad epoca recente, una delle attività maggiormente remunerative del clan mafioso dei Trigila; dall’altro come il sodalizio criminale siracusano faccia ancora oggi capo ad Antonio Trigila, inteso Pinuccio Pinnintula, nonostante la detenzione carceraria cui lo stesso è sottoposto».

Secondo quanto ricostruito dalla polizia, un ruolo determinante è stato ricoperto dalla moglie del capo clan, Nunziatina Bianca. Sarebbe stata lei a tenere i contatti con il marito e portare all’esterno del carcere i suoi ordini. In particolare, le indagini hanno fatto luce sul periodo tra il 2010 e il 2015, durante il quale il clan Trigila avrebbe organizzato «un’intensa, fiorente e ben organizzata attività di spaccio di stupefacenti» di cui si riforniva direttamente in Lombardia, nel Milanese, base operativa della ‘ndrina con cui i Trigila avrebbero fatto affari. La droga veniva quindi venduta nel mercato di riferimento, individuato con l’area Sud della provincia siracusana.

Bianca e Gianfranco Trigila devono rispondere di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, aggravato dalla finalità mafiosa. L’indagine si è 

avvalsa sia di intercettazioni e altre operazioni tecniche, che del contributo fornito da alcuni collaboratori di giustizia e, precisano gli investigatori, «vede coinvolte diverse persone, la cui posizione è tuttora al vaglio degli inquirenti». 


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