ll ‘caso’ Megaservice di Trapani e l’incerto futuro dei lavoratori delle società partecipate dagli enti locali

FALLIMENTARE LA SCELTA DELL’ESECUTIVO CROCETTA DI INTRODURRE I LIBERI CONSORZI DI COMUNI RINVIANDO AD ALTRA LEGGE L’ORGANIZZAZIONE ED IL TRASFERIMENTO DELLE COMPETENZE E DELLE RISORSE.

Nella frantumazione della politica siciliana, flagellata dalle lotte intestine nel PD e nell’Udc, lo “sgangherato” Governo del presidente Rosario Crocetta ha ormai perso la bussola confermando l’incapacità di fornire adeguate risposte ai siciliani.

Ed un chiaro ed inequivocabile esempio è costituito dalla vertenza dei sessantasei lavoratori dell’ex Megaservice, società a totale partecipazione della Provincia regionale di Trapani, troppo precipitosamente dimenticata dalla politica trapanese e regionale più in generale.

Con l’azzeramento delle Province e l’istituzione dei Liberi Consorzi comunali e delle Città metropolitane, introdotti dalla legge 24 Marzo 2014 n.8 approvata dall’Assemblea regionale siciliana, la politica siciliana ha perduto una grande occasione per garantire un lavoro stabile alle centinaia di lavoratori provenienti dalle società partecipata dalle province regionali. Il Governo prima ed il Parlamento regionale dopo hanno pensato bene di rinviare ogni decisione e tornare a riparlarne in autunno, o forse il prossimo anno. Una sceneggiata inqualificabile che ha provocato panico e scoramento tra i lavoratori interessati e le loro famiglie.

A fatica nel corpo strutturale complessivo dell’articolo 1 della citata legge regionale n.8/2014 e più precisamente nei soli commi 7 ed 8, si identificano in termini palesemente stringati e vaghi, quello che dovrebbe essere l’unico appiglio in termini d’ipotesi di garanzie occupazionali e di cui si riportano di seguito i testi.

L’articolo 1, comma sette della legge regionale n.8/2014 dispone che “I liberi Consorzi continuano ad utilizzare le risorse finanziarie, materiali ed umane già di spettanza delle corrispondenti Province regionali. I liberi Consorzi si avvalgono delle sedi già in uso alle corrispondenti Province regionali”.

Mentre al comma 8 è riportato: “Al personale dei liberi Consorzi è confermato lo status giuridico-economico già in godimento presso le Province regionali”.

Ci si chiede realisticamente e senza alcuna plausibile presunzione da chi sarà costituito il personale dei liberi Consorzi se all’atto della costituzione della cornice legislativa, non è stata nemmeno concepita nel contesto della riforma alcuna ipotesi concreta d’iniziativa programmatica sul passaggio di competenze ai nascenti liberi Consorzi? Ancora: quale destino sarà riservato alle società partecipate attive e non ed al personale afferente, tenendo in realistica considerazione che la quasi totalità del settore, non gode affatto di buona salute ed annovera migliaia di lavori a rischio occupazionale? E quali spazi di sopravvivenza potrà avere questo nuovo precariato in una economia ricettiva in default per la quale non si riescono a trovare soluzioni o iniziative, anche in proiezione ragionevole?

Commi comunque dichiarati generosamente esaustivi, garantisti e rassicuranti nell’espressione palesemente e volutamente sinottica, espressa in appena 8 righe che probabilmente tendono inequivocabilmente a volere eludere la realtà che nel complesso delle indicazioni sulla riforma epocale vengono riportate in appena 15 articoli approssimativi ed intenzionalmente poco chiari per essere probabilmente utili per “tutte le stagioni”.

Nel caso specifico della Provincia di Trapani, condizione che peraltro potrebbe estendersi con diverse peculiarità ad altre realtà analoghe della Regione siciliana, esistono realtà ricettive che avrebbero potuto costituire valide soluzioni alla possibile ricollocazione dei lavoratori. Una di queste è la società Trapani Servizi Spa di proprietà del comune di Trapani, che a seguito dell’incremento di produzione dovuto alla raccolta differenziata avrà la necessità di incrementare a vario titolo il proprio organico entro il prossimo mese di maggio. Perché non pensare di utilizzare parte dei sessantasei lavoratori della ex Megaservice?

L’altra opportunità è costituita dalla società aeroportuale Airgest il cui 51 per cento è oggi di proprietà della Regione siciliana che esternalizza servizi che potrebbero, invece, essere garantiti da parte del personale della ex Megaservice in termini di manutenzioni civili, industriali, manutenzioni piste e pulizie. Ed invece si preferisce appaltare all’esterno, quali interessi si celerebbero dietro simile scelta?

Utilizzo delle risorse umane, lo ripetiamo, che si sarebbe potuto realizzare da subito senza alcuna sovrapposizione di costi ed in perfetta aderenza alle indicazioni legislative vigenti per lo specifico sul territorio nazionale. Troppo facile forse per un governo inconcludente che avrebbe pensato bene di non risolvere il problema e lucrare politicamente rinviando la decisione, in perfetto stile con l’atteggiamento tenuto in questi sedici mesi dal presidente Crocetta.

Dalle colonne di questo giornale nel recente passato abbiamo raccontato i particolari di questa vicenda presentatasi da subito come paradossale e sintomatica di un modo di gestire la “cosa pubblica” certamente criticabile ed ali limite del clientelismo. In questo quadro di più leciti quanto plausibili interrogativi appare opportuno riprendere la vicenda dei sessanta lavoratori della ex Megaservice che rappresentano l’esempio paradossale e generalizzato di uno stato d’inqualificabile condizione di assenza e di abbandono istituzionale ed al tempo stesso di anomala quanto feroce condizione esistenziale nella quale si sono venuti a ritrovare le famiglie degli ex dipendenti della richiamata società partecipata al cento per cento della provincia regionale di Trapani.

La Megaservice, società che ha svolto mansioni sostanziali per l’ex Provincia regionale di Trapani, è in liquidazione dal febbraio 2013 a seguito di gravi deficienze manifestatesi nell’attuazione del controllo analogo. L’organizzazione del personale in atto è caratterizzata dalla coesistenza di due diversi contratti. Da un lato il contratto Servizi per ventisei unità lavorative e dall’altro il contratto Edile per le restanti quaranta.

Dopo circa un anno di assenza di qualsiasi sostegno finanziari le quaranta unità edili hanno avuto accesso con difficoltà e lungaggini incomprensibili alla Cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs) sino a Giugno 2014. Per i ventisei lavoratori dei servizi, che hanno lavorato gratuitamente per l’Ente senza remunerazione alcuna, non si è aperta alcuna strada per l’accesso all’ammortizzatore sociale o sussidi di qualsiasi genere. Da oltre quattordici mesi, questi ultimi sono ancora in attesa della liquidazione dei contratti di solidarietà dal 2013.

Tutti i dipendenti hanno in corso decreti ingiuntivi con la società con istruttorie avviate con il Tribunale fallimentare di Trapani che da oltre un anno non si è ancora pronunciato per il recupero di mensilità mai liquidate nel silenzio e nell’indifferenza degli organi istituzionali regionali e locali. Condizione di precarietà economia a sociale dei dipendenti sorretta esclusivamente dal paziente lavoro dei liquidatori della società, Giuseppe Mazzeo e Pietro Bruno.

Quel che è peggio, la salvaguardia occupazionale dei sessantasei lavoratori della ex Megaservice è stata rinviata, come dicevamo, su precisa volontà del Governo Crocetta, a sei mesi dalla introduzione della legge regionale che ha istituito i Liberi Consorzi dei Comuni. Certamente un’occasione perduta. Ed è davvero singolare che né l’esecutivo Crocetta né la deputazione all’Ars siano riusciti a darsi delle regole e dei criteri per collocare da subito i lavoratori delle società partecipate al cento per cento dalle Province. La dicitura utilizzata nella legge regionale n.8/2014 “nei modi e nei termini che saranno stabiliti” la dice lunga sulla incapacità di Crocetta & C. di fornire risposte concrete al territorio ed ai siciliani.

Eppure diverse sono state le iniziative per una soluzione della vertenza lavorativa dei dipendenti della ex Megaservice. Innumerevoli sono state le riunioni sia presso la presidenza della Regione siciliana a Palazzo d’Orleans che in commissione Cultura e Lavoro dell’Ars. A poco è servita l’iniziativa coraggiosa del sindaco di Castelvetrano, Felice Errante, città nella quale il settanta per cento dei lavoratori detiene la residenza, di istituire un tavolo permanente cui ha partecipato anche l’assessore regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica Patrizia Valenti.

Pertanto ad oggi, così come in altre realtà simili afferenti alle società partecipate nella Regione Sicilia , “il Governo della rivoluzione” continua a consentire l’esistenza di uno status da terzo mondo per un’intera categoria di lavoratori precarizzati da precise scelte suicida dell’esecutivo regionale. Condizione che paradossalmente spinge all’incremento del “lavoro nero” che rischia di alimentare condizioni sociali difficili per la quotidiana sopravvivenza soprattutto in territori-chiave in cui la presenza mafiosa appare più strutturata.

C’è da chiedersi il perché di questo rinvio di sei mesi quando la soluzione era dietro l’angolo. Riattivare il processo produttivo, occupazionale e di riordino del complesso delle partecipate, non solo regionali, per proseguire con ordine e concretezza al riordino degli altri tasselli dell’apparato pubblico in termini di riforma era uno sforzo mentale ciclopico?

L’azione di Governo si è finora distinta per la politica del rinvio che sembra pagare di più politicamente. Sarà proprio così per il presidente Crocetta ed i partiti che lo accompagnano in questa singolare esperienza di governo? E poi chi ha detto che saranno sufficienti sei mesi? E se i tempi dovessero allungarsi che ne sarà del personale operante nelle ex province regionali e di quello impiegato nelle partecipate? Non appare agevole il percorso che dovrebbe portare entro il 24 settembre alla organizzazione dei Liberi Consorzi.

Ripercorriamo sinteticamente il percorso che prevede la formazione di Liberi Consorzi con popolazione minima di 150.000 abitanti. Di seguito, ogni singolo Comune per continuità territoriale dovrà deliberare con il parere dei due terzi del proprio consiglio comunale ai fini dell’adesione al Consorzio. È prevista poi la possibilità per i Comuni di tornare ad esprimersi per aderire alle Città metropolitane. Seguirà un referendum popolare di conferma al Libero Consorzio.

Nel rispetto dei vincoli di natura finanziaria e di spending review la Regione siciliana dovrà approvare il piano industriale prodotto da ogni Libero Consorzio. Infine, si dovrà procedere alla nomina del presidente, della giunta e dell’assemblea. Completate tutte le citate fasi il Parlamento regionale dovrà tornare a esprimersi per approvare la legge per il passaggio di competenze ai liberi Consorzi dei Comuni. Un iter davvero complesso che per il clima politico che si respira in Sicilia non lascia ben sperare per il rispetto dei sei mesi previsti dalla legge regionale n.8/2014. Eppure le soluzioni esistono.

In termini assolutamente inconfutabili oggi ed in tema di partecipate abbiamo la coesistenza di due riferimenti legislativi la legge di stabilità nazionale del 27 dicembre 2013 n.147 e la legge di stabilità regionale 28 gennaio 2014 n.5.

La Legge di stabilità nazionale e già esecutiva, regolamenta attraverso un preciso iter istruttorio aderente alle disposizioni di controllo della spesa e di ogni parametro di verifica alle restrizioni citate dall’applicazione dei concetti cardine della Spending Review, ovvero prevedendo la mobilità del personale in esubero dalle partecipate in difficoltà a quelle attive secondo crismi e regolamentazioni basate sulle effettive necessità e sulla negazione delle sovrapposizione indiscriminata dei costi interni, attraverso certi meccanismi e metodi di approfondimento.

La legge di stabilità regionale, che per la cronaca è stata pubblicata successivamente a quella nazionale, è stata soggetta da parte del Commissario dello Stato alla censura di ben 33 articoli sui 48 complessivi. Legge che ignora incomprensibilmente l’esistenza delle partecipate degli enti locali, contemplando esclusivamente le partecipate regionali. Un vuoto normativo voluto da un preciso disegno politico o frutto della scarsa conoscenza del quadro normativo? Ed anche per le partecipate regionale la legge n.5/2014 si discosta in toto da quanto chiaramente normato dalla legge di stabilità nazionale, creando i presupposti per ogni lecita osservazione d’incongruenza normativa da parte del Commissario dello Stato. Ma non sarebbe stato più semplice approvare all’Ars un testo di legge conforme al disegno normativo nazionale che avrebbe potuto trovare disciplina la mobilità del personale tra partecipate garantendo riordino ed occupazione?

La disposizione regionale censurata configura inoltre una sorta di mobilità a sé stante difforme ed elusiva di quanto previsto dalla recente normativa statale che costituisce principio di coordinamento della finanza pubblica introdotto dall’articolo 3 del decreto legge n.101/2013. La norma regionale difatti non assicurerebbe nelle sue fasi attuative, la condizione essenziale di razionalizzazione delle spese e di risanamento economico-finanziario secondo appositi piani industriali e la necessaria concertazione con le organizzazioni sindacali.


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