In duemila a Catania per il C day, corteo in difesa della Costituzione italiana e della scuola pubblica, svilita dai tagli del governo Berlusconi. La manifestazione è stata organizzata da numerose associazioni, movimenti e sindacati. Tra la folla, centinaia di bandiere tricolore, «belle da vedere anche se non ci sono i Mondiali» - Guarda le foto
L’Italia s’è desta
Erano circa duemila al “Costituzione Day”, la manifestazione in difesa della Carta costituzionale che, a Catania, ha visto l’appoggio di molte associazioni, movimenti, partiti e sindacati, e che si è svolta contemporaneamente in cento città italiane. Sulle note dell’Inno di Mameli e di Bella ciao, i partecipanti sventolavano in aria il tricolore, o tenevano in mano il testo della Costituzione, in molti portavano sulle spalle cartelli con gli articoli “violati” dal governo Berlusconi. «E’ bello vedere tutte queste bandiere dell’Italia anche se non ci sono i Mondiali di calcio», ci ha detto, sorpresa, una signora.
Al motto “Io difendo la Costituzione”, il lungo corteo è partito poco prima della 17 dall’ingresso della Villa Bellini, e si è snodato attraverso via Etnea fino a concludersi, intorno alle 19, a piazza Università. Alla testa del gruppo gli studenti universitari del Movimento studentesco e numerosi ragazzi delle scuole superiori, che guidavano la mobilitazione ballando a ritmo di musica e urlando “W la Costituzione!”.
A Catania si è manifestato anche in difesa della scuola pubblica e del diritto all’istruzione e alla formazione, «rimesso – come si legge nel documento condiviso che annuncia la mobilitazione – drammaticamente in discussione dai pesantissimi tagli di risorse effettuati dal governo Berlusconi nelle scuole e nelle università statali», e anche per «rivendicare la centralità, in un paese democratico, dell’istruzione pubblica, depotenziata e dequalificata dalle controriforme Gelmini e svilita dal Presidente del Consiglio, che privilegia la scuola privata, continuando, nell’epoca dei tagli selvaggi, ad assegnarle fondi». Secondo Luca Cangemi, del Coordinamento precari Scuola «con i tagli degli ultimi anni, in molti tra ragazze e ragazze sono esclusi dal diritto allo studio, e questo meccanismo è destinato a diventare sempre più forte». Ad essere smantellati, sostiene Cangemi, sono gli articoli 33 e 34 della Costituzione, che sanciscono l’esistenza di un’istruzione pubblica e gratuita aperta a tutti e la possibilità di istituire strutture di formazione privata senza oneri per lo Stato. «Noi pensiamo che la scuola pubblica sia il più grande presidio della Costituzione – continua Cangemi – perché solo l’istruzione pubblica può garantire un’Italia democratica, unita e socialmente giusta, in cui tutti abbiamo gli stessi diritti».
In un momento in cui si parla tanto di Unità d’Italia, l’attuale Governo appoggia le scelte di un partito come la Lega che rimanda a casa un’insegnate meridionale che aveva trovato posto al Nord. «Questo Governo – denuncia Cangemi – si era fatto promotore di un dispositivo legislativo, all’interno del cosiddetto decreto milleproroghe, che fino all’ultimo prevedeva la regionalizzazione delle graduatorie dei precari. Questo significa che tutti i precari meridionali, in moltissimi, che sono stati costretti a lavorare al Nord, sarebbero stati esclusi. Siamo di fronte non solo ad episodi scandalosi, ma anche ad una politica pensata per rompere l’unità del Paese, a partire da scuola e università».
Anche i ricercatori del Coordinamento unico d’Ateneo hanno preso parte al corteo. «La Costituzione è uno strumento utile perché garantisce la coesione e il senso dello Stato, di riconoscersi una comunità civile. Il Governo vuole disgregare il Paese, quindi noi riteniamo che sia importante partecipare, anche come università» dice il prof. Alessandro Lutri, sottolineando l’importanza della formazione pubblica per mantenere la democrazia in Italia: «Bisogna partecipare e fare la nostra parte affinché questo Paese rimanga democratico e, nonostante le poche risorse che abbiamo, garantire un certo livello culturale».
«Il Governo tenta di distruggere la Costituzione e noi siamo qui per impedirglielo» – dice Nazareno Re dell’Anpi, associazione che riunisce i partigiani italiani che hanno lottato per sconfiggere la dittatura fascista e garantire al Paese una repubblica democratica. Alla domanda su come sia possibile che, all’interno di un Governo che promuove l’unità, ci sia un partito che come primo articolo del suo Statuto chiede l’indipendenza della Padania, e come questo possa metterla in discussione, Re risponde che «i membri di quel partito hanno votato contro le celebrazioni per l’Unità d’Italia ed è scandaloso. Corriamo un grave rischio, ma non è l’unità ad essere in pericolo, non sarà Bossi a fare la secessione. Questa politica, però, rischia di metterla in crisi».
«La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Così recita l’articolo 9 della Costituzione, che, secondo il prof. Gianni Piazza di Scienze Politiche, «enuncia dei diritti, ma non può garantirli. Sono coloro che governano, e gli stessi cittadini a doverli garantire. Il Governo attuale, ma anche i precedenti, non hanno fatto molto per difendere la cultura, il diritto al sapere, la possibilità di sviluppare una ricerca pubblica in Italia. Quindi sta a chi opera in questi settori, agli studenti, ai docenti, ai ricercatori, ma anche a tutti i cittadini, mobilitarsi e lottare affinché questi diritti siano garantiti, altrimenti la Costituzione diventa carta straccia».
Ieri si è manifestato anche a Roma, dove la Rete 29 Aprile, di cui Piazza fa parte, era tra i promotori della manifestazione: «Si è scesi in piazza con l’articolo 9 scritto in tutte le lingue – racconta il docente – e i colleghi hanno tenuto anche delle mini lezioni per parlare di difesa del diritto allo studio, ma anche di libertà di ricerca e insegnamento nel nostro Paese». «Come noi cittadini possiamo difendere la Costituzione? – si chiede il ricercatore – Con la mobilitazione, scendendo in piazza, ma anche nei nostri luoghi di lavoro».
Un altro tra i punti fondamentali della Costituzione italiana è il diritto al lavoro, ma in Italia un giovane su tre è disoccupato. «Il diritto al lavoro in Italia è negato» denuncia Angelo Villari della CGIL, sindacato tra i promotori del corteo. «Noi ci battiamo – spiega – affinché la Costituzione sia applicata in tutte le sue parti e la difendiamo, soprattutto per quanto riguarda i diritti dei cittadini. A Catania, un giovane su due è disoccupato, lo stesso vale per le donne. Noi difendiamo il diritto al lavoro con delle norme legislative che garantiscano lavoro stabile e sicuro e chiedendo al governo centrale un impegno per investire sui processi produttivi e permettere di avviare lo sviluppo, che può partire solo a fronte di un duro contrasto con mafia e illegalità». E conclude: «La Cgil si sta battendo anche per tenere unita l’Italia tra le generazioni, e tra i territori e tra i sessi. La festa dell’Unità deve ricordarci che siamo un popolo unito, senza distinzioni».
Momento delicato anche per le donne, al centro della polemica e del boom mediatico del Bunga Bunga. «Credo che le donne debbano tornare ad essere protagoniste. Questa politica propone delle leggi molto conflittuali che, in molte, non ci sentiamo di abbracciare» dice la prof.ssa Simona Laudani, presente al corteo, che ha espresso il suo parere di storica, ma anche di donna. Alla domanda su come, oggi, le donne possano difendere la Costituzione e la loro dignità, la docente risponde che, a questo scopo, «ben vengano le iniziative come questa di oggi, perché credo che scendere in piazza, adesso, sia il modo giusto per ricominciare, per ritessere dal basso le fila della coscienza della gente. L’Italia è un paese migliore di quello che viene rappresentato da questa politica. La politica dovrebbe ripartire da un confronto con i bisogni veri della gente». Ma è in ambito lavorativo che le donne, ancora oggi, sono discriminate e sempre più vittime del precariato. «Il discrimine tra ragazze e ragazzi, nella precarietà, è di nuovo fortissimo, perché le ragazze precarie non si possono consentire di essere donne, di essere madri» sottolinea la docente. «Bisogna sconfiggere la precarietà perché è il peggiore nemico dei giovani: toglie loro speranze e prospettiva, e favorisce le discriminazioni in maniera drammatica».
[Photogallery di Roberto Sammito]