La metà di settembre, periodo in cui in Sicilia abitualmente ricomincia la scuola, per Linosa è una data come le altre. Sì, perché nella più piccola delle Pelagie, isola che con Lampedusa sta al centro del Mediterraneo, la scuola non inizia come nel resto della regione. Qui, infatti, i 26 alunni – tra scuola elementare e media – devono fare i conti con la mancanza di insegnanti. Ieri le mamme non hanno mandato i figli a scuola ed hanno protestato davanti al plesso. Chiedono che ai loro bambini vengano assicurati gli stessi diritti di tutti gli altri studenti.
A occuparsi della questione, sollecitato dai genitori dei bambini che praticamente ogni giorno protestano davanti il plesso scolastico, è il presidente del consiglio comunale Gerardo Errera. «Nella scuola media al momento c’è solo l’insegnante di italiano – dichiara -. È una professoressa in gamba, che ogni giorno si inventa argomenti nuovi per tenere alta l’attenzione degli studenti, ma è da sola. Mica può insegnare tutte le materie». Alle elementari le cose vanno un po’ meglio. «Dall’inizio dell’anno i bambini hanno avuto una sola insegnante di ruolo – continua – ma da qualche giorno sono arrivate due supplenti. All’appello, però, mancano ancora la maestra di inglese e quella di sostegno». Situazione che per Errera non può andare avanti. «Non è possibile pensare di continuare a fare scuola in questo modo, i bambini di Linosa hanno gli stessi diritti di tutti gli altri», sottolinea.
Il problema, tuttavia, riguarda tutte le isole minori, considerate sedi disagiate, anche se il caso Linosa sembra più unico che raro. «Non abbiamo notizie – conferma Grazia Maria Pistorino della Cgil scuola Sicilia – di altri casi così gravi come Linosa, anche se è innegabile che il problema esiste. La causa, manco a dirlo, è la cosiddetta “buona scuola” che non è buona per niente. Guardi – aggiunge la sindacalista – le racconto cosa mi è accaduto ieri: ero in aereo, tornavo da Roma, e sedute vicino a me c’erano tre maestre che hanno lasciato le loro famiglie perché hanno ottenuto l’assegnazione provvisoria a Catania. Ma non è l’unico caso. Mi hanno raccontato che numerose altre sono partite in autobus per la stessa destinazione».
All’origine dei disagi, secondo la sindacalista, ci sarebbe la gestione del piano di assunzioni fatta dal governo Renzi. «La colpa è di quell’algoritmo di cui non si parla più. Perché, se qui mancano gli insegnanti, dobbiamo fare arrivare quelli che abitano lontanissimo? – chiede Pistorino -. Così si provoca un doppio problema: i docenti non solo lasciano le rispettive famiglie, ma anche le classi. A Roma dovranno essere inviati dei supplenti per sostituire gli insegnanti assegnati a Catania».
Ma nelle Pelagie c’è un problema nel problema. A sollevarlo sono gli insegnanti insieme a Peppino Palmeri, segretario cittadino del Pd. Riguarda la legge 104, la norma che consente agli insegnanti che hanno familiari disabili di ottenere il trasferimento a casa per assisterli. «Molti docenti utilizzano questa norma – sostengono gli insegnanti di Lampedusa – per usufruire di precedenze nelle operazioni di mobilità e assegnazione provvisoria, per rientrare in provincia, scegliendo Lampedusa e scavalcando il personale locale che per tale causa deve spostarsi in altri posti».
Gli insegnanti tornano a denunciare un vero e proprio record di 104 in provincia. «Quella agrigentina – dicono – è l’unica provincia in Italia ad avere un così alto numero di insegnanti che ne usufruiscono. E ciò impedisce a tanti docenti di ruolo delle due isole di rientrare e, quindi, anche di risolvere il grave problema della continuità didattica. Non è accettabile – chiosa Palmeri – che alcuni docenti chiedano l’assegnazione provvisoria per rientrare in provincia scegliendo come sede proprio Lampedusa e Linosa che dista 220Km da Agrigento. Faccio un esempio: come si può assistere un familiare diversamente abile residente a Canicattì se il docente come sede d’insegnamento ha scelto Lampedusa?».
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