Stessa spiaggia stesso mare ma solo fino al 2023. Dal 2024 cambierà in maniera radicale il mondo delle concessioni balneari. Una drastica rivisitazione alle continue proroghe decennali che da sempre caratterizzano questo settore. L’input decisivo arriva grazie a una doppia pronuncia del Consiglio di Stato. La prima su un ricorso presentato dal Comune di Lecce dopo la mancata proroga della concessione al titolare di uno stabilimento. Il secondo caso riguarda invece il ricorso di una società siciliana contro la decisione dell’Autorità portuale dello Stretto che aveva rigettato un’istanza per l’estensione della validità della concessione marittima. A fare da spartiacque in questa storia c’è sempre la mancata applicazione in Italia della direttiva europea Bolkestein, che dal 2006 obbliga gli Stati a bandire delle gare per concedere beni pubblici come le spiagge.
Dopo anni di immobilismo adesso potrebbe essere la svolta decisiva. Nel 2020 la Commissione europea aveva avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia proprio per il mancato recepimento della direttiva. Passaggio seguito dall’intervento dell’Antitrust contro la legge di bilancio che aveva invece prorogato fino al 2033 le concessioni balneari. Un corto circuito permanente che riguarda anche la Sicilia. L’Isola negli anni è diventata una sorta di paradiso per i privati che investono nei litorali. Secondo i dati raccolti da Legambiente su 425 chilometri di costa sono oltre 600 le autorizzazioni gestite dai privati. Il tutto in un contesto generale in cui su 122 Comuni costieri solo San Vito Lo Capo risulta dotato del Piano di utilizzo del demanio marittimo, strumento che permette agli enti locali di pianificare le modalità di utilizzo del litorale e la ripartizione tra pubblico e privato.
«La logica applicata dal Consiglio di Stato è quella della concorrenza. Con le gare, a cui potranno partecipare anche gli attuali gestori, si dovrebbe avere una regolamentazione su prezzi, durate e accessi. L’invito per il legislatore è quello di organizzare una disciplina generale del settore», spiega a MeridioNews Fabrizio Tigano, docente di diritto amministrativo all’Università di Catania. Nessuna diversità di trattamento per l’Isola, nonostante rientri tra le Regioni a statuto speciale. «Questa particolarità – continua il docente – non pone fine al principio di matrice comunitaria».
Da più fronti, specie da chi i lidi li ha sempre gestiti, non mancano gli interrogativi sul futuro. Si guarda, per esempio, con timore al possibile ingresso di grossi gruppi stranieri. Con i bandi non è da escludere che imprenditori cinesi o russi decidano di investire a Mondello o Taormina. «Nei bandi le condizioni le stabilisce l’ente proprietario, in questo caso la regione – spiega a MeridioNews la deputata regionale del Movimento 5 stelle Gianina Ciancio – Non vedo difficoltà nell’inserire clausole che diano un’indicazione equilibrata sui prezzi e impediscano speculazioni. In ogni caso la cosa importante sarà garantire le giuste proporzioni tra aree libere e aree in concessione in modo che chi vorrà pagare un servizio aggiuntivo andrà in un lido, a chi invece vorrà usufruire del mare gratuitamente venga garantito questo diritto. Oggi tutto ciò non avviene perché il litorale è stato in gran parte privatizzato ed è già inaccessibile».
Ieri, intanto, in commissione ambiente all’Ars è stato dato parere favorevole al decreto di ripartizione dei contributi ai Comuni per l’elaborazione dei Piani di utilizzo del demanio marittimo. «Ad aggravare lo scenario in Sicilia è la totale mancanza di regole dovuta all’inerzia delle amministrazioni locali – continua Ciancio – dopo 16 anni non hanno ancora approvato i Pudm (Piano di utilizzo demanio marittimo, ndr). L’abbiamo denunciato in aula e in commissione durante la discussione di tutte le leggi sul demanio marittimo».
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