Hanno in corso progetti con Grecia, Russia e Cina; sono ricercatori altamente professionalizzati e – aspetto da non sottovalutare – non gravano sul bilancio della Regione ma si autosostengono grazie a lavoro di consulenza e partecipazione a bandi internazionali. Ma, nonostante questo, per loro non è previsto il rinnovo contrattuale e probabilmente verranno sostituiti da una ventina di nuovi ricercatori precari. Sono i lavoratori del parco Scientifico e tecnologico della Sicilia che ha sede nella zona industriale etnea, «una società partecipata della Regione che svolge attività di ricerca, formazione, sviluppo e innovazione», spiega una di loro, Grazia Licciardello. «Siamo 23 dipendenti, da 12 anni siamo precari con dei contratti a progetto – racconta – Ci occupiamo di biotecnologia, biologia molecolare, facciamo progetti in ambito agricolo, offriamo servizi alle aziende private sia di analisi chimica che di fitodiagnosi. E poi svolgiamo un’attività di supporto nella presentazione di progetti di società private che vogliono aderire a progetti comunitari; siamo la parte di ricerca che sostiene le imprese».
«Siamo una società che lavora, non siamo una partecipata di quelle che succhiano denaro alla Regione»
«Negli ultimi tre anni abbiamo avuto un contratto a tempo determinato. La scadenza è stata ieri, 25 gennaio, e non è più prorogabile». La normativa prevede che al prossimo rinnovo dovrebbe scattare il contratto indeterminato, ma «ci viene negata perché c’è un divieto di assunzioni di tutte le società partecipate. In realtà, però, la nostra è una società che segue il diritto privatistico, quindi può fare il contratto a tempo indeterminato», chiarisce la professionista. I lavoratori si sono dati appuntamento oggi alla prefettura per un sit-in. «Noi chiediamo la stabilizzazione della nostra posizione lavorativa, quindi siamo qui per protestare. Abbiamo chiesto un incontro alla prefettura e il viceprefetto ci ha accolto. Stanno programmando le prossime date per ultimare il tavolo tecnico tra i sindacati, la Regione e la dirigenza del parco», anticipa Grazia Licciardello.
Quello che i ricercatori tengono a precisare è che il parco «è una società che non prende soldi dalla Regione, perché si autofinanzia con i progetti». Al proverbiale danno si aggiunge la beffa: «L’assurdità di questa situazione è che evitano di rinnovarci il contratto, in compenso hanno fatto un bando per prendere altri venti ricercatori precari – afferma Licciardello – Figure equivalenti, che verranno pagate anche loro con i progetti. Ma senza di noi, che siamo ricercatori da 12-13 anni, senza la nostra esperienza, non penso andranno molto lontano. Prenderanno giovani, senza esperienza, che non sanno nemmeno dove mettere le mani nei laboratori».
Il parco si sostiene attraverso «finanziamenti comunitari, nazionali e regionali. Non abbiamo mai preso un centesimo dalla Regione, quindi la Regione non dovrebbe impedirci di andare avanti», chiarisce la ricercatrice. «Siamo tutti catanesi, laureati all’università di Catania; sei di noi hanno anche un dottorato di ricerca – prosegue Licciardello – Abbiamo fatto sei brevetti, l’ultimo presentato l’altro ieri perché fino alla fine abbiamo lavorato nel rispetto del contratto. Abbiamo pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali. Fuori siamo molto più conosciuti che in Sicilia. Abbiamo una vasta rete di contatti». E conclude: «Siamo una società che lavora, non siamo una partecipata di quelle che succhiano denaro alla Regione».
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