Licenziata da un istituto di vigilanza dopo la maternità «Situazione mortificante, porterò vertenza in tribunale»

«Dopo anni di carriera e di professionalità, essere licenziata in questo modo è mortificante». Sono queste le prime parole che usa ai microfoni di MeridioNews la quarantenne catanese che, tre giorni fa, si è vista recapitare una lettera di congedo priva di spiegazioni. La donna – che preferisce rimanere anonima – ha svolto servizio per quindici anni da guardia giurata. Negli ultimi cinque ha lavorato per l’istituto di vigilanza etneo The Guardian. Finché però, al rientro dalla maternità, è stata messa alle strette dal proprio datore di lavoro. «La verità è che l’azienda non mi vedeva più come un elemento utile, anche perché nel periodo della mia gravidanza sono state assunte anche altre persone». 

Prima del licenziamento alla 40enne – oggi con un figlio di quattordici anni e una bambina di appena un anno e mezzo – è arrivata una richiesta di demansionamento. «Quando sono rientrata a lavoro mi è stato detto che per necessità mi avrebbero impiegata nel servizio di portierato – racconta la donna – per me è stato degradante non solo economicamente, ma soprattutto dal punto di vista professionale». La posizione dell’azienda si sarebbe pure fatta pressante: «Mi hanno fatto questa proposta tre volte in un anno, prospettandomi pure la possibilità di trasferimento in altre città, lontana da casa e dai miei figli. Ho cercato di andare avanti – continua – anche se il portierato era difficilmente conciliabile con la mia situazione familiare». 

Oltre a scontrarsi con le decisioni dall’alto, la donna racconta di aver dovuto fare i conti anche con i pregiudizi. «Lavoro in un settore fatto prevalentemente di uomini, c’è chi fa ancora fatica a vedere una donna armata», confida la 40enne. Che comunque ha continuato, negli anni, a portare avanti la professione con passione, impiegata in attività di vario tipo, dalla radiomobile notturna all’operatrice di centrale. 

«Abbiamo cercato di conciliare la situazione più volte insieme ai vertici dell’azienda, ma il tavolo è sempre saltato – afferma la protagonista di questa storia, che è anche rappresentante sindacale Cgil – Stiamo ancora valutando le prossime azioni da intraprendere, ma di sicuro non dobbiamo cedere davanti a questo atteggiamento pregiudizievole, sarebbe come rinunciare a dei diritti che sono stati conquistati dalle donne, dopo anni di lotte». Intanto il sindacato ha diramato una nota a firma dei segretari generali della provincia di Catania, Davide Foti e Concetta La Rosa, che si dicono decisi a portare la vertenza in tribunale «per dare giustizia alla donna, ma anche ad altri due dipendenti che sono stati licenziati dallo stesso istituto di vigilanza». 

Prova a chiarire anche quest’ultimo punto della vicenda Salvo Boscarelli, direttore generale di The Guardian. La proposta di demansionamento sarebbe stata rivolta a sei dipendenti, a loro volta rivoltisi in tre al sindacato Uil e tre alla Cgil. «I primi hanno poi accettato, gli altri no», spiega il manager a MeridioNews volendo smentire il comunicato Cgil. «Non ho parlato di anzianità di porto d’armi, ma solo offerto il trasferimento ai lavoratori, qualora fossero stati disposti». Boscarelli precisa i motivi della scelta: «Mi sono trovato costretto al demansionamento perché l’azienda per cui svolgevamo il servizio ci ha richiesto di trasformare sei guardie giurate in custodi. Si tratta dello stesso cliente che, a febbraio con decorrenza a maggio, ha disdetto milleduecento ore». Poi si sgombra il campo dall’ipotesi pregiudizi di genere: «La nostra è un’azienda giovane e l’amministrazione è composta per la maggior parte da donne, la dipendente in questione è stata una delle prime assunte». Falso, poi, che ci siano stati altri innesti: «Non è vero che sono state fatte altre assunzioni, la legge me lo vieterebbe». 


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