La disoccupazione è sempre più vicina per i 31 dipendenti della sede di Catania del gruppo. Nonostante i tre miliardi di euro messi sul piatto dal ministro Passera e le proteste, la multinazionale non cambia rotta. «Stanno cercando delle soluzioni solo per i migliori», dice il delegato sindacale. Tutti gli altri, intanto, pensano di accettare la buonuscita che era stata offerta loro in cambio delle dimissioni. Per lunedì e martedì è fissato uno sciopero
Licenziamenti, Nokia Siemens non ci ripensa «Salvano alcuni lavoratori, tutti gli altri fuori»
«Almeno l’80 per cento di noi vuole accettare il pacchetto che ci hanno offerto a mo’ di buonuscita». Teresa Agosta ha 36 anni ed è una dei 31 dipendenti di Catania del gruppo Nokia Siemens networks che, il 2 luglio scorso, ha annunciato l’avvio della procedura di mobilità per tutti. La multinazionale, leader nel settore delle telecomunicazioni, ha stabilito che in Italia ci sono 445 lavoratori che devono essere licenziati. In Sicilia, questa decisione si è tradotta nel 100 per cento di esuberi. Cioè chiusura totale degli stabilimenti e abbandono dell’Isola.
A febbraio 2012 i tagli avevano interessato i quattro dipendenti della sede di Palermo, che erano stati accorpati a quelli del capoluogo etneo. Poi silenzio fino all’inizio di questo mese, quando la lettera con l’avviso della partenza della mobilità ha colto tutti di sorpresa. Scioperi, proteste e incontri istituzionali finora non sono riusciti a modificare le intenzioni del gruppo metà finlandese e metà tedesco. «Ci hanno proposto un esodo incentivato: se firmiamo le nostre dimissioni e una liberatoria nella quale dichiariamo di rinunciare a qualunque pretesa nei confronti dell’azienda, ci pagano dalle 12 alle 20 mensilità, oltre al trattamento di fine rapporto», aveva raccontato Antonio Altana, delegato sindacale Fiom-Cgil, da 13 anni dipendente di Nokia Siemens networks. Oggi, già tre persone hanno accettato l’accordo, e buona parte degli altri pensa di farlo. Dovranno decidere entro il 31 luglio, altrimenti dovranno accontentarsi della mobilità. «Anche io dice Agosta Se non si trova una soluzione, prenderò i soldi e andrò via da Catania». E via anche dall’Italia, «perché anche al Nord non è che ci siano tutte queste possibilità».
La speranza che il network ci ripensi è sempre più flebile. «Abbiamo convocato due giornate di sciopero», spiega Altana. Lunedì e martedì tutti incroceranno le braccia in uno sciopero e incontreranno prima le istituzioni Comune e Provincia, in primis poi l’amministratore delegato di Nokia Siemens Italia. «Si chiama Maria Elena Cappello, e verrà direttamente da Milano per incontrare il prefetto». «Onestamente, non penso che cambierà qualcosa», afferma, sconsolato, il sindacalista. E continua: «Alcune settimane fa, Nokia ha incontrato il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera». All’appuntamento è stata messa sul tavolo l’agenda digitale, con tutti i finanziamenti previsti per le telecomunicazioni: «Si tratta di un totale di tre miliardi di euro, che dovranno essere assegnati con bando pubblico». Secondo Antonio Altana, i soldi nominati da Passera sono bastati al gruppo Alcatel concorrente di Nokia Siemens per fermare la riorganizzazione interna all’azienda, «ma con noi non è successo lo stesso». La chiusura sembra acquisire i contorni della certezza.
Il 25 luglio, a un tavolo di trattativa al ministero del Lavoro, a Roma, i responsabili della multinazionale hanno lasciato intendere che alcuni potrebbero salvarsi. «Hanno detto sostiene Teresa Agosta che stanno cercando delle soluzioni per qualcuno di noi, i migliori, quelli che si occupano dei segmenti più importanti». Non sono stati fatti nomi, «però non è difficile capire a chi si riferivano». Bene per i pochi selezionati, «ma naturalmente la cosa non può trovarci d’accordo: dobbiamo salvarci tutti, non devono esserci differenze». «Abbiamo anche pensato di costituire una nostra società continua Agosta per continuare a collaborare con Nokia Siemens senza esserne dipendenti, dando continuità al business». Ma i vertici della società non hanno accettato la proposta. Né ne hanno formulata una alternativa. Nel frattempo, però, continuano le assunzioni in Portogallo, in cui le stesse professionalità italiane costano di meno. «Non ci hanno proposto di trasferirci lì, ma farlo sarebbe facile: potremmo fare richiesta per le posizioni lavorative aperte, e l’azienda si risparmierebbe la formazione». Cioè avrebbe lavoratori altamente qualificati, a un costo minore che in Italia, già formati per i lavoro che dovrebbero fare. «La botte piena e la moglie ubriaca».
Anche queste ultime, comunque, sono congetture. «Gli incontri dei prossimi giorni saranno decisivi dichiara Altana Noi il 30 e il 31 saremo in sit-in alla prefettura, in via Etnea: tentiamo di tenere alta l’attenzione».
[Foto di andersekström]