Prosegue a oltranza, finché il corpo glielo consentirà, lo sciopero della fame per protestare contro la decisione della prefettura di Palermo di cancellare l’associazione antiracket dall’elenco prefettizio. «Quando dovrò fermarmi, altri continueranno»
Libero Futuro, 29 giorni di digiuno per Colajanni «Non mi illudo, ma non abbiamo altre alternative»
«Ho perso dieci chili e ne ho altri cinque da perdere». Poi avrà raggiunto la soglia massima, Enrico Colajanni, il presidente dell’associazione antiracket Libero Futuro che non mangia da 29 giorni. Uno sciopero della fame a oltranza, che condurrà fino a che il corpo glielo consentirà, per tenere alta l’attenzione sulla sua protesta, quella indirizzata alla prefettura di Palermo che, con motivazioni a suo dire risibili, ha deciso mesi fa di cancellare la sua associazione dall’albo prefettizio. Alludendo a imprenditori dal passato poco limpido e a interessi paramafiosi dell’associazione stessa. Punti sui quali Colajanni da tempo dissente e che, cadute nel vuoto le iniziali segnalazioni e richieste di chiarimenti, ha portato ormai un mese fa all’estrema decisione di uno sciopero di questo tipo, durante il quale è costantemente monitorato da un medico. «Le analisi sono perfette, per cui io continuo ancora – spiega -. Poi quando dovrò fermarmi altri continueranno. Nicola ad esempio».
Cioè Nicola Clemenza, di Partanna, sostenitore di Libero Futuro e amico di Colajanni, disposto a dargli il cambio non appena il digiuno rischierà di comprometterne la salute. Una staffetta in tutti i sensi, insomma. Cui pochi giorni fa ha già preso parte anche Giancarlo Lupo, che dalla Malesia ha comunque sentito di dover manifestare la sua vicinanza e la sua solidarietà verso la causa di Libero Futuro. «Forse lo strumento più incisivo nella lotta alla mafia era proprio l’organizzazione sociale e civile, emerge chiaro che vogliono distruggere questa – aveva spiegato Clemenza, invece, alla conferenza stampa indetta da Colajanni per lanciare una raccolta firme -. Siamo riusciti veramente a dare fastidio, oggi verrebbe da chiedersi se noi società civile potessimo fare le interdittive a loro, alle istituzioni, visto che da parte nostra non c’è nessuno straccio di prova, ma solo fango e parole buttate per dare fastidio».
«Mentre da parte loro – proseguiva – ci sono spesso cose concrete. È chiaro che non si può fare di tutta un’erba un fascio, ma figuratevi se si può fare per noi con il nostro impegno, noi che ci abbiamo messo la faccia. Non vogliamo essere considerati eroi o più bravi degli altri, ma quantomeno essere protetti e tutelati per quello che facciamo rischiando sulla nostra pelle e coi nostri soldi, è assurdo che anziché essere premiati veniamo addirittura trattati così». Parole che pronuncia con rabbia, con indignazione, lui che è tra i tanti imprenditori che in passato ha subito intimidazioni e ritorsioni per aver denunciato, e che è stato seguito e sostenuto proprio da Colajanni e da Libero Futuro. «Senza troppo sforzo e senza nessun rischio in una settimana si può tornare un figurino», scherza intanto il presidente. Mentre continua a raccogliere consensi la petizione online lanciata sulla piattaforma Change.org proprio per aumentare la risonanza della sua protesta, contando ad oggi quasi 2.700 adesioni. «Per le firme non c’è limite. Più sono e meglio è – dice ancora Colajanni -. Ci servono per fare pressione sui media affinché ci ascoltino e per pressare i politici affinché prendano provvedimenti. Non mi illudo ma non abbiamo alternative. Resistere resistere resistere».