«L’Experia all’Ersu, che lo voglia o no»

L’Ersu dovrà prendersi i locali dell’Experia, che li voglia o no. È quanto ha dichiarato il soprintendente ai Beni Culturali Gesualdo Campo, che abbiamo intervistato dopo che il direttore dell’Ersu, Nunzio Rapisarda, aveva precisato che da circa dieci anni l’ente universitario ha smesso di interessarsi all’immobile di via Plebiscito. L’ultima richiesta, ci aveva detto Rapisarda, risale a poco meno di dieci anni fa. Dopodiché, nell’impossibilità di ottenere l’intera struttura (gran parte della quale è occupata dalla scuola media Manzoni), si è andati in cerca di una ipotesi alternativa per costruire residenza e mensa. Adesso la circostanza che l’Ersu non abbia più richiesto la struttura a partire dal 2000 ci viene confermata anche dal soprintendente Campo. Per il quale, però, le richieste dell’Ersu hanno poca rilevanza. L’Ersu, secondo il Soprintendente, dovrà prendersi il vecchio teatro, a prescindere dal fatto che ne abbia o meno bisogno. Ecco comunque quanto ci ha dichiarato Campo.

Soprintendente, che ne sarà, nell’immediato dei locali dell’Experia?
«Noi abbiamo già fatto il rilievo, ma attualmente l’ex cinema è sotto custodia giudiziale, quindi la disponibilità è molto limitata e non si può farne nessun uso fino a quando il magistrato, nella sua autonomia, non disporrà il dissequestro. Sulla base del nostro rilievo faremo un progetto che manderemo a finanziamento nella tranche 2010/2012 del PO FESR Sicilia 2007/2013».

Quindi effettuerete la messa in sicurezza in proprio?
«Noi faremo un progetto complessivo… Certamente di messa in sicurezza, perché l’edificio è in dissesto dal terremoto del ’90. Faremo la rifunzionalizzazione e tutti gli interventi normativi».

Si possono prevedere dei tempi per l’inizio dei lavori e, soprattutto, per la consegna degli stessi? Quanto costerebbero?
«Dipende tutto dal finanziamento che speriamo sia tempestivo. Vorremmo appaltarli e consegnarli entro la fine del 2010. Credo che si tratterebbe di un investimento di 500.000 €».

La cifra si riferisce solo ai locali del cpo o anche a quelli della scuola Manzoni?
«Io sono consegnatario solo ed esclusivamente dell’ex teatro educativo della Casa del Balilla; l’ex Casa del Balilla l’ha in consegna il Comune che vi ha installato l’istituto comprensivo Manzoni. Poi, io sono consegnatario anche di un’altra parte dello stesso isolato, l’ex archivio notarile su via Santa Maddalena».

Nunzio Rapisarda, direttore dell’Ersu, ha affermato che non sa ancora cosa potrebbe fare dei soli locali dell’Experia…
«Nunzio Rapisarda ha sottoscritto alla presidenza della Regione un verbale in cui ha chiesto unicamente i locali di via Plebiscito 782. Cito: “per l’Opera Universitaria sono presenti il presidente, Paradiso, e il direttore, Rapisarda”. Era il 22 gennaio 1999, e il Comune ha proposto, per gli occupanti, di reperire una sede alternativa e di costituire un’associazione no profit che li rappresentasse, almeno per intavolare un dialogo. Solo il Comune è legittimato a dare sede ai centri sociali, regolarmente costituiti da un notaio, con uno statuto depositato in tribunale. Un’esperienza del genere, a Catania, è quella del centro Auro. Un centro popolare occupato non può avere nessuna interlocuzione istituzionale».

I locali dell’Auro, però, sono di proprietà comunale, mentre quelli dell’Experia sono di proprietà regionale…
«La Regione non è legittimata a dare in uso i propri locali, neanche ad un centro sociale costituito. L’unico soggetto che possa, è il Comune, poiché un centro sociale è una realtà territoriale profondamente ancorata ai quartieri. La Regione non può sapere quali esigenze ci sono in via Plebiscito, il Comune di Catania sì».

Come lei ha sottolineato, sono passati dieci anni da quando è stato redatto quel verbale. Ha verificato che, adesso, l’Ersu sia interessato a quei locali?
«L’Ersu è tornato sulla questione il 14 gennaio 2000 in modo molto determinato, sottolineando che l’immobile spettava a loro. Il 14 aprile 2009 l’Ersu ha ricevuto una mia lettera in cui li informavo del percorso istituzionale che si stava seguendo per assegnargli il posto. Il 20 aprile 2009 il questore ha comunicato loro che si sarebbe proceduto allo sgombero, ma l’Ersu non ha risposto. Non è intervenuto dicendo di non volere quegli ambienti».

Ma non ha neanche mai detto di volerli.
«Come no? Ci sono ben quattro comunicazioni da parte loro: due del ’91, una del ’99 e una del 2000. A parte tutto, c’è una legge che prevede che l’Experia vada all’Ersu. Lo vogliano o non lo vogliano, è loro».

Le condizioni economiche hanno la loro importanza. L’Ersu ha i fondi per gestire la struttura?
«Li facciamo noi, i lavori. Magari non hanno i soldi per la gestione sul bilancio 2009, ma li avranno sul bilancio 2010 e su quelli successivi. Noi consegneremo un teatro perfettamente a norma, e l’Ersu non dovrà sborsare un soldo».

Perché questo interesse per l’Experia soltanto adesso? Il dpr è del 1985…
«L’interesse non si è mai spento. La Regione ha ricevuto quel posto in consegna dallo Stato il 29 novembre dell’85 e da allora non ha mai smesso di reclamarlo. Addirittura, nel 1997, vengono finanziati lavori all’ex cinema Esperia, ma non sono stati eseguiti a causa dell’occupazione».

In una intervista video su “Sesta Rete” del 3/11 lei ha dichiarato “La mia personale idea è che debba tornare ad essere teatro, teatro gestito dall’Ersu”. Può confermarci che si tratta di una sua opinione personale?
«Non è una mia idea personale, è così. La destinazione d’uso di un bene è quasi sempre definita, per l’Experia è lo stesso: categoria D3, teatro. Io ho due leggi e una registrazione d’uso fatta al catasto. Una prima legge attribuisce l’immobile all’Ersu, una seconda, la 44 del dicembre 1985 a tutela dei teatri, mi obbliga a rispettare la destinazione d’uso dell’immobile stesso. Per legge, dunque, devo consegnare un teatro all’Ersu, a prescindere se l’Ente ha bisogno o meno di un auditorium. Faremo un teatro, e lo attrezzeremo: con un palco e delle poltroncine, bagni maschili, femminili e per disabili. Vorremmo chiamarlo “Antico Corso”. Adesso, però, non si può farne niente, perché è inagibile. Sono il titolare della struttura e della sua sicurezza… Se qualcuno si fosse ferito, là dentro, la responsabilità sarebbe stata mia».

Dunque, la proposta dello sgombero è partita da lei?
«L’Experia è stato sgomberato quattro volte, l’ultima nel 2006, quando chi mi ha preceduto, la dott.sa Branciforte, scrisse che avrebbe accettato il bene – che prima era stato destinato al genio civile – se fosse stato libero da persone e cose. La forestale effettuò lo sgombero dalle persone, ma non dalle cose. La sovrintendenza lo rifiutò poiché c’era una cucina. L’immobile, ad ogni modo, risulta sequestrato dal 1993 e mai dissequestrato: gli occupanti hanno rotto i sigilli. Io, l’1 ottobre di quest’anno, ne ho chiesto il dissequestro, ma il magistrato ha ritenuto di non accogliere la mia richiesta».

Ma l’ordinanza di sgombero è stata sollecitata da qualcuno?
«Il giudice per le indagini preliminari, giudicante e non inquirente, autonomamente, ha firmato l’ordinanza e non, come altrove è stato scritto, il dott. Serpotta. Come emerge dalla sua ordinanza l’edificio versa in condizioni di assoluto degrado. Per quanto mi riguarda, se sono il titolare di un cespite non posso permettere che sia usato in maniera impropria, che vi sia un approvigionamento illegale di luce ed acqua, che ci entrino dei bambini col rischio che gli cadano in testa dei pezzi d’intonaco. Il 60% dell’intonaco è già caduto, la restante parte potrebbe cadere da un momento all’altro. È già un miracolo che non sia caduta sulla testa di alcuni di quei bambini. Dato che dal 20 giugno 2007 sono io a dover rispondere di eventuali crolli, ho dovuto assumermi le mie responsabilità. Quei bambini non potevano stare lì dentro».

Lei era presente quanto è stata eseguita l’ordinanza, all’alba del 30 ottobre.
«Io sono entrato dopo che la porta è stata aperta, quando il vicequestore mi ha dato il permesso. Ero lì perché avevo l’ordine giudiziario di prendere in consegna il bene, e non potevo fare altrimenti. C’erano cento persone che protestavano e gridavano, c’erano dei bambini in mezzo. Chi può portare dei bambini in un contesto del genere? E poi, i manifestanti avevano le mani alzate, ma con le parole non sono stati affatto leggeri. E quelle sanno essere più pesanti delle pietre».


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