Un’indagine interna che dal Comune definiscono «complessa». A una settimana dalla scoperta di otto carcasse di cane all’interno di un ex maneggio nell’oasi del Simeto, grazie alla segnalazione dell’associazione Teg4friends, a palazzo degli Elefanti proseguono le verifiche per accertare eventuali responsabilità da parte di dipendenti e funzionari comunali. Controlli partiti su un doppio binario: capire chi fosse a conoscenza di quello che è stato ribattezzato l’ex maneggio degli orrori e fare luce sulla sospensione del servizio di soccorso dei randagi in città, annunciato il 1 novembre e smentito dall’amministrazione. In entrambi i casi al centro dell’attenzione è finito Rosario Puglisi, dirigente a capo dell’ufficio Progetto Animali del Comune. Gli approfondimenti si stanno allargando a diversi provvedimenti emanati dalla direzione Ecologia e Ambiente, per verificare «se siano in linea con le disposizioni di legge».
Ad assumersi la responsabilità delle carcasse ritrovate nell’Oasi è stato Alberto Trimboli, presidente dell’associazione animalista Sos Randagi. «Al Comune sanno che tengo lì i cani vivi, ma non sono a conoscenza degli animali morti», ha spiegato a MeridioNews. Sos Randagi è l’unica associazione convenzionata con Palazzo degli elefanti. Fino allo scorso 31 dicembre gestiva il servizio di tutela del benessere animale nelle municipalità 7, 9 e 10: si tratta del monitoraggio, censimento e sterilizzazione dei cani nelle zone del porto, della zona industriale, di Librino, San Giorgio, Villaggio Sant’Agata, Zia Lisa e via Palermo. Una sponsorizzazione che è stata ricompensata dal Comune con una fornitura di mangime una tantum, una spesa di circa 8-9mila euro.
L’accordo è scaduto, ma non la collaborazione tra l’associazione e il Comune. Lo scorso 30 settembre è stata approvata la proposta di una nuova convenzione. Questa volta per «la gestione di Oasi canine e feline», luoghi all’aperto dove concentrare randagi. Beneficiari sarebbero state quattro associazioni animaliste: Gli altri, Anta omlus, Le Aristogatte e, appunto, Sos Randagi, che avrebbero ricevuto 3mila euro ciascuna. Il provvedimento però è stato ritirato. «Non c’erano più i presupposti», spiega Puglisi, che giustifica così i criteri di scelta delle citate associazioni: «Sono le uniche che collaborano fattivamente con noi, l’anno scorso sono state ricompensate con croccantini, quest’anno si era pensato a questa convenzione ma alla fine, per non scontentare nessuno, è stata ritirata».
Dietro la marcia indietro ci sarebbero le richieste della consulente del sindaco Enzo Bianco per la tutela degli animali, Gabriella Barchitta, di un riassetto generale della gestione del randagismo in città. «Sto cercando di legalizzare ciò che fino a ora è stato fatto in maniera approssimativa – spiega – Non voglio commentare il passato, ma le cose vanno fatte in un’altra maniera, mi piacerebbe coinvolgere con una convenzione tutte le associazioni animaliste presenti sul territorio e non soltanto alcune. Se ci sono a disposizioni 10-15mila euro, è giusto dividerli tra tutti i volontari».
Puglisi, intanto, nega di sapere che Trimboli tenesse dei cani nell’ex maneggio. «Conosco quel posto perché abbiamo effettuato interventi di bonifica di microdiscariche ma non ho visto randagi, non ne sapevo nulla». Versione diversa da quella data dallo stesso presidente di Sos Randagi e da Valentina Barone, volontaria della Lega nazionale per la difesa del cane, sezione di Catania. Quest’ultima è la tutor dei cani di David, il senzatetto che all’inizio di novembre è stato invitato da un dipendente comunale a spostarsi proprio tra i ruderi dove sono state ritrovate le carcasse. «Sono stata informata dal dottor Puglisi che David sarebbe stato spostato in un posto all’interno dell’Oasi del Simeto nei pressi dell’ex caserma della Guardia di Finanza». L’ex maneggio diventato cimitero si trova esattamente a qualche centinaio di metri da lì. «Puglisi mi ha precisato che era stato David a fargli questa proposta e che sarebbe stata una sistemazione temporanea, perché i cani sono predatori e quella è una zona protetta». ricostruzione dei fatti differente dunque, su cui si spera possa far luce l’indagine interna del Comune.
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