Lettera a Napolitano dei dipendenti Micron

Nel giorno in cui Fim Fiom e Uilm e lavoratori di Micron svolgono otto ore di sciopero “contro i licenziamenti, la fuga dell’azienda e per un vero piano industriale”, la Rsu si rivolge con questa missiva al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, oggi in visita nel capoluogo etneo:

“Caro Presidente Napolitano, chi Le scrive è la Rappresentanza Sindacale Unitaria dei 324 lavoratori di Micron a Catania, parte dei 1.028 lavoratori italiani, ingegneri e fisici altamente specializzati, che lavorano nel campo della microelettronica da più di 10 anni.
L’azienda per la quale lavoriamo, la multinazionale americana Micron, ha deciso, in maniera inaspettata, di licenziare con procedura di mobilità 419 lavoratori su un totale di 1.028, distribuiti in tutta Italia sui siti di Arzano (NA), Avezzano (AQ), Agrate (MB) e Catania. Di questi, 127 su 324 solo a Catania. La Micron motiva questa decisione adducendo esigenze di trasformazione organizzativa globale, ma i numeri italiani ci penalizzano in misura molto maggiore che nel resto del mondo: 40% di esuberi in Italia a fronte dell’annunciato 5% mondiale.


Questi numeri, con la loro freddezza e ferocia, persino con indifferenza, parlano di una assoluta volontà da parte di questa azienda di abbandonare il territorio italiano in nome di una delocalizzazione selvaggia, e senza regole e responsabilità sociali.
Il lavoro, che ora Micron ci vuole negare, è dignità, non è solo un mezzo di sostentamento. Sul lavoro si fonda la nostra Repubblica, di cui Lei, caro Presidente, è il più illustre Rappresentante. Sul lavoro deve puntare la nostra Società, il nostro Stato, perché senza lavoro, non c’è più dignità, non c’è più crescita, non c’è più futuro. Ci definiscono delle “eccellenze”, in quanto tecnici altamente specializzati, con un’elevata scolarità (diplomi tecnici, lauree tecniche, dottorati di ricerca), e con un’età media di circa 40 anni…riteniamo che, da “eccellenze” abbiamo ancora molto da dare al nostro Paese, anche per restituire ciò che la nostra Società ha investito in noi, dandoci istruzione e la possibilità di esprimere le nostre capacità.
In tutti i siti italiani, è presente una forte sinergia con le Università locali che ha funzionato da volano delle aziende e da collocamento di risorse, di alleanze e di tecnologia. Le Università hanno contribuito, in tutti questi anni, con la propria attività formativa e scientifica, allo sviluppo del settore della microelettronica e, pertanto, non si può restare indifferenti, anche in ambito accademico, a questi segnali estremamente negativi che giungono dalle imprese e che mettono in discussione opportunità di occupazione qualificata per i laureati e di partnership cruciali per la ricerca e l’innovazione tecnologica.
Caro Presidente, qua non ci stanno licenziando perché l’azienda è in crisi, e neppure perché non siamo bravi. Hanno semplicemente deciso di delocalizzare il nostro lavoro. Stiamo diventando merce di scambio: infatti, proprio in questi giorni, a molti di noi viene chiesto di andare a lavorare o in America o a Singapore. Permettere che questa competenza e questa ricchezza di capacità e di eccellenza possa scappare dall’Italia non è solo un problema di posti di lavoro, ma riguarda la speranza di un futuro dignitoso nella nostra terra. Non lo possiamo e non lo dobbiamo permettere.
Lo Stato italiano ha investito ingenti somme in noi, laureati e diplomati ad altissima specializzazione, e non possiamo lasciare che questo patrimonio umano venga disperso per assurde, nonché irrazionali, logiche di mercato. Assurde e irrazionali, perché, in questa pesante crisi che ci assilla da anni, Micron ha i conti a posto; anzi, produce fatturati record e acquisisce altre aziende. Anche grazie al nostro lavoro, anche grazie ai nostri risultati.
Sono anni, decenni, che facciamo il nostro lavoro progettando e testando dispositivi e chip che vengono prodotti dall’altra parte del mondo: Singapore, Malesia, Stati Uniti. Abbiamo ottenuto ottimi risultati, che hanno portato miliardi di euro di guadagni nelle casse delle aziende per le quali abbiamo lavorato.
Noi siamo i cervelli di questa terra, l’eccellenza di questo territorio. Noi siamo quelli che trasformiamo la sabbia in oro. Creiamo, a partire dal silicio di cui è fatta la sabbia, prodotti ad altissima tecnologia, che hanno rivoluzionato il modo di vivere di tutta l’umanità e che hanno creato la civiltà del futuro, basata sull’elettronica, sull’informazione, sul sapere condiviso e accessibile a tutti. Molti di questi prodotti sono pensati, progettati e verificati in Italia, e qua a Catania. Lo abbiamo sempre fatto, con ottimi risultati, e non capiamo perché non debbano permettercelo più.
Il futuro della microelettronica deve essere un problema di politica industriale nazionale, data la rilevanza strategica che l’Europa riconosce al suo sviluppo, considerandola una delle key enabling technologies, e destinando alla sua crescita una consistente quota delle risorse finanziarie dei programmi di finanziamento del prossimo futuro.
Se il nostro futuro non potrà continuare dentro Micron è chiaro che dovremo rivolgerci altrove, anche all’estero, facendo sì che quanto investito in noi dalla comunità venga disperso, emigrando in altri paesi più lungimiranti e più accoglienti in termini di opportunità e di benessere.
Per far in modo che ciò non accada, e noi non vogliamo che accada, Le chiediamo, caro Presidente, di intervenire presso STMicroelectronics, azienda della quale lo Stato Italiano possiede una quota azionaria di controllo, in quanto essa ha una responsabilità pesante nei nostri confronti, perché tutti noi proveniamo da STMicroelectronics, e da là siamo stati ceduti senza il nostro consenso.
Nel 2008, infatti, la STMicroelectronics, azienda per la quale tutti noi abbiamo iniziato a lavorare, decise, senza alcun consenso da parte nostra, di cedere noi, il ramo d’azienda delle memorie. Dopo alcuni passaggi societari intermedi, all’inizio del 2010 siamo stati acquistati da questa multinazionale americana, la Micron, che ha dichiarato un fatturato di circa 4 miliardi di dollari solo nell’ultimo trimestre 2013, anche grazie al nostro lavoro, al nostro know-how, ai nostri clienti e ai nostri brevetti.
STMicroelectronics, a questo punto, deve farsi carico di tutti noi; ha un obbligo morale, ma anche un obbligo formale, perché lo ha dichiarato espressamente ai tavoli ministeriali nei quali si discuteva, qualche anno fa, del nostro futuro: tavoli ai quali lo stesso Governo Italiano ha sottoscritto il proprio ruolo di garante di tutta l’operazione che ci ha portato in Micron.
Le chiediamo dunque di intervenire presso il Governo Italiano affinché esso, esercitando il proprio ruolo di azionista pubblico, possa intervenire su STMicroelectronics per costringerla ad assumersi le proprie responsabilità.
Ma noi non chiediamo pietà, non chiediamo commiserazione, non elemosiniamo il posto di lavoro. NOI CHIEDIAMO DI CONTINUARE AD ESPRIMERE LE NOSTRE ECCELLENZE, riconosciute a livello mondiale. Noi non vogliamo perdere le nostre radici e chiediamo di continuare a lavorare nel nostro Paese con l’estrema professionalità, la dedizione e l’innegabile esperienza e capacità che ci hanno sempre contraddistinto.
Ciò che Le chiediamo, caro Presidente, è di difendere il futuro del nostro territorio creando le condizioni ragionevoli per non andare via, invertendo la rotta, in modo da costruire un futuro Italiano per tutti: per noi e per i nostri figli.
Non permetta, caro Presidente, che queste ECCELLENZE si trasformino in ECCEDENZE”.

I Rappresentanti Sindacali Unitari
di Micron Catania


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