La società di giocattoli ha trasformato una fotografia in un gioco. La montagna in eruzione, Bronte in piano piano e Cesarò in secondo. «Era una delle mie preferite ma non mi ero reso conto che fosse la migliore», racconta Fernando Famiani a MeridioNews
L’Etna in mille pezzi diventa un puzzle Clementoni «Il mio scatto frantumato per essere ricomposto»
Cesarò in primo piano, Bronte in secondo e l’Etna in eruzione con fumata bianca sullo sfondo. È questo il soggetto di uno scatto effettuato da San Teodoro. Era il 17 novembre 2013, quando un’eruzione vulcanica notturna avvistata da
Fernando Famiani davanti a un locale di
Cesarò lo spinge a staccarsi dai suoi amici,
correre a casa a prendere l’attrezzatura e
raggiungere velocemente un punto «da cui
fare foto bene ma velocemente – racconta a
MeridioNews – perché con l’Etna non si sa
mai
. La visione a cui assisti può durare cinque
giorni ma anche solo un quarto d’ora». Adesso l’immagine immortalata verrà fatta in mille pezzi e stampata per diventare un puzzle della
Clementoni.
Lo scatto del 2013 viene notato, qualche mese fa, dalla responsabile della nota società di giocattoli sul sito marketplace 500px.com «dove lo avevo pubblicato insieme a tante altre fotografie», prosegue Famiani. Lui nella vita è dipendente regionale e «la fotografia è e resta solo una passione». Nata per caso grazie a un corso formativo regionale circa 18 anni fa. «Ancora oggi continuo a formarmi e a partecipare a importanti corsi oltre lo Stretto per affinare la mia tecnica». Alcuni scatti di Famiani dell’eruzione dell’Etna del dicembre 2015 sono già diventati famosi. «In quella occasione, in 15 minuti si consumò quella eruzione
memorabile che fece fare alle mie foto il giro
del mondo, da Londra a Tokio, a Mosca,
vincendo anche concorsi internazionali». Adesso le sue fotografie cambiano forma.
«Lo scatto scelto da Clementoni era tra i miei
preferiti, ma non mi ero del tutto reso conto che fosse proprio quello il migliore. Adesso
viene frantumato, è vero, ma solo per essere
ricomposto», ironizza, per nulla turbato
all’idea che la sua Etna venga ridotta in
mille pezzi. «Volevo che si vedesse la
vallata e che non ci fosse un senso di
schiacciamento. L’Etna è un balcone che si
affaccia su tutto – continua – Quella notte ho scattato foto
fino alle cinque del mattino, da ogni punto
e angolazione possibile. D’altronde è questa
la funzione della fotografia: farti vedere le
cose in modo sempre diverso, anche quando
sono le stesse. Solo così si vince il rischio di abituarsi alla bellezza di un panorama che si
ha tutti i giorni davanti agli occhi».