«Mi soffermerò ampiamente: intendo intervenire su ogni articolo e su ogni comma di questo disegno di legge, quando ce ne sarà data possibilità, visto che ogni volta che questo testo arriva in Aula sembra che quasi nessuno si voglia prendere la responsabilità politica delle cose che ci sono scritte e dare la possibilità ai parlamentari di discuterne e di smontare, punto dopo punto, quelli che sono gli argomenti scritti… male». Ancora una volta la discussione sul disegno di legge sugli enti locali, che ieri sarebbe dovuta culminare con la votazione del testo, è finita con un fragoroso buco nell’acqua. Un nulla di fatto descritto nell’affermazione di Luigi Sunseri, deputato del Movimento 5 stelle, che ha pure voluto ricordare lo storico delle incursioni del Ddl in Aula: «La prima volta è tornato in commissione, la seconda volta è stato stralciato, la terza vota è stata stralciata la parte delle province, la quarta probabilmente verrà rimandato in commissione».
«Mi aspettavo un testo unico che affrontasse in maniera organica tutte le difficoltà che affrontano gli amministratori degli enti locali – dice ancora Sunseri – Viene trattato come un disegno di legge dove si può facilmente individuare chi ha proposto il testo e perché lo ha fatto: sono piccole attività meramente localistiche che servono ad accaparrarsi un po’ di consenso in più, ma non affronta in nessun modo i difficili argomenti che riguardano gli enti locali». Ma c’è di più. Il disegno di legge è arrivato in Aula forte di oltre 350 emendamenti, molti dei quali estemporanei. «L’augurio è che gli emendamenti aggiuntivi che non sono passati dalle commissioni, non sono passati davanti al dirigente generale, non hanno le coperture, non vengano neanche presi in considerazione dalla presidenza», termina il deputato.
E invece sono stati, a quanto pare, presi in considerazione, visto che la seduta è stata rinviata al 15 ottobre «per dare il tempo agli uffici e alle commissioni di vagliare gli emendamenti». E sul fronte del Partito democratico arriva anche l’invito al fare le barricate. A lanciarlo è Nello Dipasquale, secondo cui «bisogna fare blocco contro questo disegno. Serve una norma vera sugli enti locali, non un ddl che sistemi singole questioni territoriali su richiesta del deputato di turno». Tesi in qualche modo suffragata da Antonello Cracolici, presidente della commissione parlamentare antimafia, che fa notare «una deriva molto pericolosa che riguarda il condizionamento, da parte della criminalità organizzata, degli atti dei nostri Comuni e delle nostre amministrazioni. C’è un abbassamento della guardia nei confronti dei rischi di infiltrazione mafiosa. La riforma degli enti locali deve invece rigenerare un rapporto fecondo tra questi enti e le istituzioni, non possiamo assistere al degrado delle istituzioni. Questo ddl va ripensato e riscritto».
In difesa del disegno di legge interviene invece la new entry di palazzo dei Normanni, il forzista Salvo Tomarchio, che la butta sul piano del romanticismo: «Seguo questo disegno di legge da più di un anno. Mi ricorda le prime esperienze da amministratore locale – dice – e nel ricordare queste esperienze ricordo pure che non ho avuto l’opportunità di votare per le elezioni provinciali. Fuori da quest’Aula ci sono decine e decine di consiglieri e sindaci che guardano questi lavori d’Aula convinti che avremmo votato. Poco fa un amico e un collega mi diceva “Alleggio”, piano. E io chiedevo: “Ma quando votiamo?” Io non mi abituo a questi tempi. Concentriamoci su quello che è il merito della legge e andiamo a votare articolo per articolo. Non è la legge migliore del mondo, non porterà la pace nel mondo, ma va a sistemare una serie di cose». Si vedrà tra due settimane se sarà la volta buona, ma le circostanze e la recente storia rendono lecito ogni scetticismo, anche perché sulla votazione aleggia sempre l’ombra del voto segreto, già preannunciato dal cinquestelle Nuccio di Paola. Ed è fin troppo ben noto cosa il voto segreto abbia portato con questa maggioranza.
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