Salvo Palazzolo de La Repubblica ha messo a disposizione dei lettori sul suo blog tutti i documenti sulle stragi, a partire dall'attentato dell'Addaura al giudice Falcone nel 1989. Ci sono le foto dell'attentato di Capaci, gli atti d'indagine della trattativa Stato-mafia, fino ad arrivare agli ultimi interrogatori del pentito Spatuzza che stanno riscrivendo la storia della strage di via D'Amelio dove morì Paolo Borsellino. «Conosciamo verità parziali - sottolinea il giornalista - che sembrano portare più nei palazzi delle istituzioni, che non alle celle di Riina e Provenzano»
Le stragi del 1992 e la verità a pezzi «Il mio archivio online per cercare risposte»
Al chilometro cinque dellautostrada che dallaeroporto di Punta Raisi porta a Palermo, il 23 maggio di vent’anni fa, quattro minuti prima delle 18, la strada non esiste più. I cinquecento chili di tritolo che fanno saltare in aria Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo, aprono un cratere di 14 metri di diametro. Resta solo una voragine in mezzo alla campagna. La macchina su cui viaggiavano il giudice Falcone e la moglie è tagliata in due. Quella che li precedeva, con i tre uomini della scorta, la ritrovano a più di 60 metri di distanza dallesplosione. Si salva solo l’autista del giudice, Giuseppe Costanza.
La scena è rimasta immortalata nelle foto della polizia stradale, che ora tutti possono visionare nel blog I pezzi mancanti di Salvo Palazzolo, giornalista di Repubblica. Insieme alle immagini della strage di Capaci si trovano moltissimi documenti di prima mano: dal capitolo sul fallito attentato dellAddaura a Falcone, a tutte le sentenze sulle stragi del 92-93, passando per gli atti dindagine della trattativa Stato-mafia, fino allattualità e alle ultime rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza che stanno aiutando a riscrivere la storia della strage di via DAmelio. «È larchivio che ogni cronista delle vicende di mafia conserva e continua a consultare per i suoi articoli e le sue inchieste», scrive Palazzolo nel post di presentazione di questo lungo e meticoloso lavoro di ricerca. Al bando le gelosie narcisistiche di ogni giornalista, qui è tutto consultabile direttamente dai lettori, senza nessuna mediazione.
«Dopo ventanni di processi e di inchieste spiega Palazzolo ho capito che la verità non può essere cercata solo da giornalisti e magistrati, ma è compito di tutti. Il miglior modo per ricordare Falcone e Borsellino è fare in modo che ogni cittadino sia informato e capisca cosa si sa e cosa invece non si sa ancora di quelle stragi». Conosciamo i nomi di chi ha ucciso i giudici, sappiamo di una trattativa tra la mafia e pezzi deviati dello Stato. Ma a distanza di ventanni, «non conosciamo ancora la ragione vera, non sappiamo quale parte dello Stato abbia trattato con la mafia e se cè stato qualcuno che abbia suggerito alla mafia stessa di attuare la strategia stragista». E poi restano quei buchi neri, i pezzi mancanti di cui il cronista di giudiziaria di Repubblica tiene il conto sul suo blog, a cominciare dallagenda rossa di Borsellino e dai file di Falcone spariti nel nulla. Una verità a metà che sembra portare «non tanto nelle celle di Riina e Provenzano, quanto piuttosto nei palazzi delle istituzioni».
Chi ha letà sufficiente per ricordare, ha impresso nella mente dove si trovasse e cosa stesse facendo quel 23 maggio del 1992. E poi ancora, 57 giorni dopo, il 19 luglio, giorno delluccisione di Paolo Borsellino. «Io racconta Palazzolo ero un giovane collaboratore di Telescirocco. Sentii il botto terrificante di via DAmelio e mi precipitai sul posto, ma non capii niente, rimasi sgomento a vagare tra corpi dilaniati e macerie. Cominciai il mestiere di giornalista nel peggiore dei modi. Non volevo più ritrovarmi nella condizione di non capire. Questo blog, oggi, è forse anche una risposta a quel momento».
Sabato scorso la bomba alla scuola di Brindisi, costata la vita alla sedicenne Melissa Bassi, ci ha riportato indietro nel tempo. Si è parlato di mafia, di terrorismo e ancora oggi, come sottolineato dal ministro dellInterno Annamaria Cancellieri, «non si esclude nessuna pista». Molti, nelle ore immediatamente successive all’attentato, non hanno potuto fare a meno di pensare ancora una volta a servizi deviati, pezzi di Stato che agiscono nellombra. Ci sarebbero venuti gli stessi dubbi se la bomba fosse scoppiata in Francia, o in Germania, o negli Stati Uniti? O è il nostro passato che ci incatena ancora al sospetto? «Domande di questo tipo spiega Palazzolo continueranno ad inquietarci fino a quando non sapremo cosa è accaduto veramente in alcuni momenti chiave della nostra storia, a partire dalle stragi del 1992. Solo la verità ci permetterà di vivere senza angoscia il presente».