Le sorelle N., dal clamore in tv al palco delle Orestiadi «Simbolo delle donne che lottano per l’indipendenza»

Due linguaggi diversi, anzi tre. Del coraggio delle sorelle Napoli di Mezzojuso se n’è parlato sui giornali, in televisione e adesso la loro storia arriva anche a teatro. Alle Orestiadi di Gibellina dove da poco è andato in scena Le sorelle N. del giovanissimo regista e drammaturgo palermitano Riccardo Rizzo. Quando intorno a una storia c’è troppo clamore c’è il rischio che si svuoti di significato. Invece queste donne per il regista diventano un simbolo, un contenitore da riempire con tutte le storie legate al coraggio e alla solitudine alla quale spesso questo coraggio ti condanna.

Rizzo, 24 anni, ha iniziato a fare teatro alla Fondazione Inda, istituto nazionale dramma antico, lavorando, tra gli altri, con registi del calibro di Emma Dante, Giorgio Barberio Corsetti e Giampiero Solari. Per poi intraprendere la carriera di regista collaboratore e aiuto regista per Peter Stein, Mauro Avogadro e Valerio Binasco. «Ho scelto di prendere ispirazione da una storia molto vicina a noi – dice a Meridionews –. per raccontare qualcosa di più ampio: la solitudine di queste donne, un patriarcato prepotente. Nel mio testo sono quattro donne che cercano la propria indipendenza. Ho cercato di varcare i limiti dei temi trattati nella vicenda di cronaca, attraverso un’interpretazione artistica. Il limite è molto labile, mi rendo conto, ma non voglio schierarmi perché decidere chi ha torto e chi ha ragione è compito dei tribunali». Un tema, quello dell’indipendenza delle donne, purtroppo molto attuale: «Secondo me c’è ancora tanto da fare, che ci sia o meno di mezzo la mafia, la volontà d’essere deve prescindere dal genere e dalla località in cui si vive». 

Rizzo racconta di essersi molto divertito quando ha saputo del clamore mediatico della vicenda, visto che era venuto a conoscenza della storia delle sorelle Napoli attraverso gli articoli di Salvo Palazzolo: «Ho presentato il mio progetto per partecipare al bando città-laboratorio 2019, e poi anche vinto il primo premio, quando Giletti non era ancora andato a Mezzojuso. È stato strano vederlo lì, in piazza. Stavo conoscendo le sorelle Napoli ma attraverso un’operazione artistica. Sono due modi espressivi totalmente diversi, anche in termini della fruizione delle emozioni. Spero che nel mio spettacolo di questo clamore ci sia veramente poco». Il regista spiega come nasce il suo testo dal titolo Le sorelle N. «Non mi andava di identificarle solo con loro. Qui non c’è madre e non ci sono sorelle, non sono le sorelle Napoli. Sono sorelle in quanto donne. Proprio perché prendo ispirazione da loro, il mio augurio è che ci siano n volte le sorelle N., capaci di determinare quello che vogliono». 

Anche se il regista cerca di trascendere dalla realtà stretta della cronaca non nasconde il fascino e la curiosità di vedere quanto c’è dei personaggi da lui delineati nelle sorelle Napoli. «Le incontrerò prima o poi, per una mia curiosità, con la speranza di sapere ancora di più e approfondire quelle tematiche che ho trattato, per comprendere quanto il mio testo sia coerente con la realtà. Me lo devo come regista e anche drammaturgo di questa storia. Vanno incontrate anche per capire quello che sta succedendo, la tv è uno schermo e non tutto appare chiaro». Le sorelle N sono simboli, possono raccontare tantissimo: «Uno dei miei personaggi ad esempio intraprende un corso di studi e poi deve interromperlo, un’altra vuole una vita tranquilla e non può averla. Racconto una storia molto antica ma in realtà prossima a noi. In futuro, anche se ho molti progetti in cantiere, vorrei avere la possibilità di fare crescere questo spettacolo, che ha ancora tanto da dire».

Stefania Brusca

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