Il generale dei carabinieri in pensione torna a citare l'informativa dell'Arma del 1970 che indicherebbe il padre delle donne come l'ex capomafia del paese. E le paragona ai figli di Provenzano, ricordando che «potrebbero richiedere i fondi che la Regione riserva alle vittime di mafia doc»
Le provocazioni di Gebbia, il neo assessore di Mezzojuso Intanto le sorelle Napoli lo querelano per diffamazione
«Il generale Gebbia si assume la responsabilità delle sue dichiarazioni diffamatorie, per le quali, ulteriormente, sarà chiamato a rispondere davanti alla competente autorità giudiziaria». Le sorelle Napoli non l’hanno presa bene. L’ennesimo atto d’accusa nei loro confronti è arrivato ieri dal neo assessore alla Cultura Nicolò Gebbia, durante la conferenza stampa convocata dal sindaco di Mezzojuso per ribadire la solidarietà alle tre donne, vittime da anni di intimidazioni che mirerebbero ad accaparrarsi i terreni di proprietà tra Mezzojuso, Godrano e Corleone.
Il generale in pensione dei carabinieri ha mostrato di avere una passione per le provocazioni. Figura quasi letteraria, che sarebbe piaciuta allo scrittore Leonardo Sciascia, ripete spesso di voler essere una «voce fuori dal coro» e anzi invita i giornalisti a «uscire dai canoni del mainstream». Sulle sorelle Napoli l’assessore da una parte rinnova loro la solidarietà e dall’altra ribadisce l’informativa dei carabinieri che segnalerebbe il padre delle donne come capomafia di Mezzojuso. «La proposta nel 1970 di sorveglianza speciale dei carabinieri – ricorda – nei confronti di Salvatore Napoli venne poi respinta dall’ufficio misure di prevenzione, retto da mio zio, perché l’uomo era incensurato. L’allora colonnello Carlo Alberto Dalla Chiesa si arrabbiò moltissimo e pensò che siccome la mia famiglia è originaria di Mezzojuso potesse esserci qualche rapporto personale all’origine del divieto, per questo andò a indagare personalmente».
Ma se la proposta dei carabinieri, vecchia di 49 anni, venne respinta – per giunta dallo zio di Gebbia – perché tirarla fuori ora? Considerando d’altra parte che lo stesso generale afferma di «non fidarsi di quello che sta scritto nelle carte dei carabinieri, e lo dico da appartenente all’arma, mentre ho un po’ più fiducia nella questura. Il mio sogno è che a Mezzojuso si apra un commissariato di polizia e che a dirigerlo venga da Cefalù (dove è attualmente di servizio … ndr) Manfredi Borsellino». Provocazioni? Fumo negli occhi? Quel che è certo è che Gebbia sembra divertirsi molto. Come ha raccontato MeridioNews, d’altra parte le accuse raccolte da quell’informativa sono state poi sconfessate dalla sentenza n°1767 del 1974, che ha condannato per ingiuria colui che le sosteneva, ovvero Francesco Paolo Bonanno. Anche quando l’inviato di Non è l’arena, Danilo Lupo, gli ricorda che in realtà il capomafia di Mezzojuso, riconosciuto con una sentenza passata in giudicato, è stato Giovanni Napoli, Gebbia non fa una piega.
«Giletti? Mi sta sul cazzo» dice successivamente senza parafrasare, anticipando il contenuto di parte del servizio di La7 che andrà in onda questa sera. Ma la vera sfida alle sorelle Napoli Gebbia, tra allusioni e aneddoti sterminati, la lancia quando confronta la loro situazione con quella dei figli del boss corleonese Bernardo Provenzano. Una dichiarazione sulla quale il successivo chiarimento appare ancora più scivoloso, considerando l’annunciata volontà delle donne di querelarlo per diffamazione. «Oggi, in una conferenza stampa, ho dichiarato provocatoriamente che anche i figli di Provenzano come le sorelle Napoli, potrebbero richiedere i ricchi fondi che la Regione Sicilia riserva alle vittime di mafia doc – spiega il generale dei carabinieri in pensione – So che sono troppo seri per farlo, ma sfruttare il loro dramma personale per una battuta provocatoria è stato ingeneroso da parte mia. Angelo e Francesco Paolo, vi prego accettate le scuse, e se ne avete voglia fatevi sentire da me».