Le ipotesi per il futuro dei mercati storici catanesi «Un progetto sarebbe dividere in tre a Fera ‘o Luni»

Quale sarà il futuro dei mercati rionali a Catania? Mentre si fanno i conti con le modifiche introdotte dalle fase 2, in città si discute di come cambieranno Pescheria e Fera ‘o Luni. Sembrano passati secoli rispetto alla prima la decisione di lasciarli aperti, salvo poi esserci il dietrofront con la chiusura. Adesso l’amministrazione comunale, durante un incontro che si è tenuto venerdì con sindacati, associazioni di categoria e commissione commercio su area pubblica, ha illustrato le ipotesi di regolamentazione immaginate esclusivamente per gli operatori del settore alimentare. «È un momento storico delicato – ribadisce a MeridioNews l’assessore alle Attività produttive Ludovico Balsamo – in cui ognuno deve assumersi le proprie responsabilità». 

Le idee messe sul tavolo dall’amministrazione comunale prevedono percorsi precisi tracciati alla Pescheria e lo spostamento della Fera ‘o Luni da piazza Carlo Alberto a piazza Vincenzo Spedini. Ipotesi quest’ultimo che solleva più di una perplessità. In una zona, quella a due passi dallo stadio Cibali, dove qualche settimana fa si era creato un mega assembramento durante una distribuzione gratuita di cibo organizzata da alcuni commercianti dei mercati rionali. Nel piano del Comune, comunque, restano ferme anche le misure previde dai decreti: uso di mascherine e guanti, distanza di sicurezza, ingressi contingentati. 

«Il controllo per evitare gli assembramenti non si può demandare solo alle forze dell’ordine, che continueranno a occuparsi di questioni di ordine pubblico e abusivismo – aggiunge l’assessore – Dovranno essere, invece, le associazioni di categoria e gli operatori stessi a provvedere a contingentare gli ingressi e a fare rispettare le misure che riguardano il distanziamento sociale». Il primo problema che era sorto per l’amministrazione, cioè quello della mancanza di transenne per recintare le aree, sembra essere in via di risoluzione. «Il Comune non ne ha – ammette Balsamo – ma abbiamo già ricevuto la solidarietà da parte di un imprenditore che si è detto pronto a prestarcele, temporaneamente». 

Risolta una questione, si passa alle altre. Gli operatori dei mercati a Catania sono 739, di questi 190 si occupano del settore alimentare che è quello interessato dalle novità. «Ci siamo impegnati con l’amministrazione a presentare un progetto dettagliato per il piano temporaneo di sicurezza ed emergenza – spiega Arturo Coglitore della Fiva Confcommercio – e stiamo lavorando per rifare la piantina di piazza Carlo Alberto e non solo». Agli operatori del settore non è andata a genio l’idea di spostare la Fera altrove. «Il timore è quello di perdere anche i clienti più affezionati – sottolinea il sindacalista – per questo stiamo pensando a una riorganizzazione della zona dove siamo sempre stati». Nel piano da redigere, ci sarebbe l’idea di non concentrare tutti i banchi in piazza Carlo Alberto ma di utilizzare anche altre due piazzette adiacenti. «In questo modo – chiarisce Coglitore – sarebbe più semplice fare un’entrata e un’uscita e contare gli ingressi e le uscite per contingentare le presenze all’interno delle aree». 

Il punto principale, però, sarebbe tutto nel capire se il gioco vale la candela. E su questo tra gli operatori ci sarebbero posizioni differentiC’è chi non vorrebbe riaprire subito perché «è un esperimento al buio e il rischio è che non ci siano i clienti o che, per via degli ingressi contingentati, siano troppo pochi per ripagare le spese»; chi, invece, ha premura di riaprire visto che «con il contributo di 600 euro, che tra l’altro non è ancora arrivato, non sapremmo come andare avanti senza lavorare»; chi accetterebbe di spostare il banchetto in piazza Spedini; chi vuole rimanere in piazza Carlo Alberto «perché è in quella zona che molti hanno i depositi in cui tengono le merci». Ma c’è un punto su cui tutti gli operatori sembrano d’accordo: «Serve un incontro con il presidente della Regione Nello Musumeci – dice Coglitore – per fare a lui le nostre richieste. Siamo disposti a non riaprire e a restare a casa, anche perché siamo convinti che non ci sarebbe grande affluenza di clienti, ma ci servono dei contributi validi e non elemosina». 


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