È la denuncia della leader nazionale della Cgil che oggi a Palermo ha puntato il dito contro le responsabilità della politica nazionale e delle grande realtà industriali del Paese, che «hanno abbandonato il Sud come nel caso di Ansaldo-Breda e Fincantieri». Un appello poi al Paese sul tema dell'immigrazione e all'Europa che «deve fare la sua parte». Lodi per la «Sicilia e il suo grande impegno»
Le grandi industrie lasciano la Sicilia Camusso: «Manca una visione unitaria»
«Credo che la Sicilia, come tanta parte del Mezzogiorno del nostro Paese, si senta abbandonata. Si sentono abbandonati i lavoratori, a partire dagli edili, la cui dimensione di disoccupazione, di crisi, di assenza di prospettive è molto alta». Non usa giri di parole la segretaria generale della Cgil Susanna Camusso, oggi a Palermo in occasione della conferenza di organizzazione della Cgil, che si è svolta stamane all’ex Deposito delle locomotive di Sant’Erasmo, puntando il dito contro le responsabilità precise della politica e delle grande realtà industriali del Paese che hanno abbandonato il Sud. Ma non tralascia di evidenziare anche le colpe delle singole realtà locali.
«Tutte le regioni meridionali – sottolinea – debbono interrogarsi se hanno fatto ciò che si poteva fare per utilizzare significativamente i fondi strutturali». Poi un appello all’unità della nazione e la fuga delle grandi industrie dall’Isola: «Ritengo inoltre che il tema sia una diversa qualità del Paese unito: il fatto che la trattativa su Ansaldo-Breda si sia conclusa senza lo stabilimento di Palermo è il segno che le grandi imprese partecipate nazionali non hanno in mente una dimensione nazionale unitaria». E anche da questo punto di vista è ancora aperto il tema di Fincantieri e il futuro del cantiere di Palermo, con la precisa responsabilità della Regione: «C’è una responsabilità di Fincantieri – prosegue – ma c’è anche della Regione perché come abbiamo visto per Termini Imerese, tra gli annunci, le promesse e la traduzione concreta, passa un tempo infinito durante il quale i lavoratori al massimo riescono a ricorrere agli ammortizzatori sociali, ma non hanno prospettiva».
Al di là delle questioni economiche, la leader della Cgil interviene anche sul delicato tema dell’immigrazione, ricordando che a fronte di alcune regioni del Mezzogiorno impegnate in prima fila «l’Italia deve fare la sua parte». Regioni come la Sicilia e la Calabria si sono «impegnate grandemente» e hanno dimostrato una «straordinaria solidarietà anche avendo seri problemi economici». Al contempo, sottolinea, è «triste che le regioni che avrebbero più possibilità per ragioni economiche e per storia, penso alla Lombardia, si chiamino fuori utilizzando argomenti che mi paiono molto strumentali e funzionali ad alimentare paure».
Responsabilità, comunque, che ha anche l’Europa, che «non sta facendo la sua parte» e rende difficile «immaginare l’Europa sociale. Però il nostro Paese – esorta – deve fare meglio di quello che ha fatto finora, accompagnando questa scelta giusta di accoglienza con scelte politiche più nette nei confronti dell’Europa. Non si trova una soluzione europea se non si ha il coraggio di dire che il Regolamento di Dublino non va bene. Non va bene una soluzione che continua a essere ambigua tra l’idea dell’intervento paramilitare e quella dell’accoglienza. L’Italia – conclude- deve essere più netta nel dire che le regole di fondo vanno cambiate».