Giunge alla seconda edizione il festival di giornalismo civile di Napoli, quest’anno dedicato al ricercatore 28enne ucciso in Egitto, Giulio Regeni, e alla censura e agli scenari della non informazione in paesi come la Turchia, la Siria, Russia e Cecenia
Le foto di Letizia Battaglia al festival Imbavagliati «Noi lottiamo contro tutte le mafie del mondo»
«Lottiamo contro tutte le mafie del mondo, lottiamo per la legalità». È questo il senso di Imbavagliati, la seconda edizione del festival di giornalismo civile che si svolge dal 18 al 24 settembre al Palazzo delle Arti di Napoli (Pan) e dedicata quest’anno a Giulio Regeni e agli scenari dell’informazione negata. A spiegarne la funzione civica è Stefano Renna, fotoreporter napoletano e ideatore del progetto insieme alla cronista Désirée Klain. Ed è proprio lui a scegliere 31 scatti di grande formato in bianco e nero di una collega e amica per inaugurare l’edizione di quest’anno. «Non potevo non pensare a lei, alla quale mi ispiro». Si tratta di Letizia Battaglia, fotogiornalista palermitana nota in tutto il mondo.
«La prima edizione del festival ha trattato il tema della camorra e protagoniste sono state le mie fotografie – racconta a MeridioNews Renna -. Per collegare il percorso fotografico della prima e della seconda edizione, dal punto di vista temporale e da quello iconografico, non potevo non pensare alle sue foto. Un’occasione anche per dare testimonianza del fatto che tutte le mafie hanno un percorso preciso in comune, le stesse radici». Gli scatti di Letizia Battaglia vengono scelti soprattutto perché la fotogiornalista rappresenta una testimone di questo secolo. «Nelle immagini cruente mette una sorta di sapore, un sentimento che è una denuncia, qualcosa di implicito che dovrebbe portare a un riscontro nel sociale, che dovrebbe scuotere le persone», torna a dire Renna, convinto che una maggiore partecipazione alle dinamiche di denuncia della criminalità organizzata riuscirebbe a limitare moltissimo il fenomeno mafioso.
«Ho scelto proprio queste immagini perché sono quelle che attraversano un arco temporale che va dagli anni ’70 agli anni ’90», prosegue il fotoreporter napoletano, che ha selezionato personalmente gli scatti della collega, insieme alla collaborazione di Giulia Mariani. «Un arco temporale alla fine del quale – dice – lei è passata da uno stato di registrazione a uno di riflessione». L’ultimo fattore che ha contribuito a scegliere Letizia Battaglia è stato il suo percorso politico: «Ha mostrato il fatto che la mafia ha coinvolto all’inizio persone comuni, ma poi anche persone delle istituzioni, la cui morte rappresenta proprio quell’imbavagliamento oggetto del festival», spiega.
L’accoglienza del pubblico è stata da subito molto coinvolta, malgrado la fotogiornalista palermitana abbia fatto la sua comparsa a Napoli solo il giorno dopo l’inaugurazione del festival. «Si è innamorata subito di questo progetto», rivela Renna, che continua: «Per questa mostra ha mandato dei pannelli 150×100. Una scelta di formato che ha avuto un impatto volutamente forte sul pubblico. Abbiamo fatto in modo, però, che dalla durezza di queste immagini uscisse anche il pensiero che vi sta dietro».
A dominare l’intera installazione è un grande pannello posto al centro del Foyer del Pan. Ritrae, in un gioco di luci e ombre, il volto di Rosaria Schifani, vedova dell’agente di scorta Vito, morto nell’attentato di Capaci. «Letizia si è commossa quando è arrivata qui – conclude Renna – Il suo lavoro è inequivocabile. Spesso i fotogiornalisti vengono definiti sciacalli dell’immagine, invece quello che facciamo è osservare e registrare il vero, restituendolo in quanto realtà che appartiene a tutti».