Un patrimonio minacciato da incuria e poca organizzazione - nell'arco di 30 anni sono passate da 311 a 168 - che ora l'ex municipalizzata intende salvaguardare eliminando le strutture più compromesse e riutilizzando quelle in ghisa non più allacciate. In arrivo una mappa georeferenziata con tutti i punti acqua funzionanti della città
Le fontanelle dimenticate, da Amap progetto per rilancio Numero dimezzato: «Sostituiremo quelle rotte e più brutte»
L’estate invita a star fuori di casa, e nel caso dei turisti a passeggiare a lungo per la città, con inevitabili caldo e sete. La soluzione più ovvia sarebbero le fontanelle, ma – mentre a Roma o Milano queste si trovano praticamente ad ogni angolo – a Palermo sono poche e spesso nascoste in vicoli e vicoletti, anche se non è sempre stato così.
L’acqua fino alla fine dell’800 arrivava a Palermo tramite i castelletti o torri d’acqua, poi nel 1893 il sindaco Ugo Delle Favare incaricò gli ingegneri torinesi Giovan Battista Biglia, Celestino Biglia e Alessandro Vanni di realizzare l’acquedotto per collegare la sorgente di Scillato con la città. Non essendoci ancora una capillare rete idrica casa per casa, l’amministrazione comunale dell’epoca commissionò numerose fontanelle sia dentro che fuori le mura. Queste furono realizzate principalmente dalla Fonderia Oretea, dalla Fonderia Di Maggio di via Boscogrande (odierna via Marconi) e da quella di Michele Guadagnolo, nell’arco di una ventina d’anni tra il 1886 e il 1910 – e una seconda tornata fu posata nel 1934 – secondo uno schema pressoché identico: basamento rialzato in pietra, corpo cavo in ghisa (decorato con lo stemma del Comune) e rubinetto con pulsante a pressione. Ma ne spuntarono anche di più semplici, incassate nei muri, o perfino monumentali, come in piazza Barone Turrisi.
Nel censimento del 1988, realizzato dall’Amap in occasione della pubblicazione del libro Le fontanelle di Palermo, risultano 311 tra fontanelle e fontane con acqua potabile (vedi piazza Garraffello). Alcune zone ne erano molto ricche, come Boccadifalco, Partanna e Sperone, altre quasi del tutto prive, vedi Borgo Nuovo, Fiera e Matteotti. Sempre secondo il libro, lo stile classico fu pure imitato dagli ingegneri torinesi per i toret, le fontanelle del capoluogo piemontese, che sono caratterizzati da rubinetti a forma di testa di toro, mentre altri documenti collocano questi ultimi temporalmente prima, a partire dal 1862. Di certo le caratteristiche comuni rendono cugine le fontanelle di Palermo e Torino.
La sovrintendenza ai Beni culturali effettuò un nuovo censimento nel periodo 2002-04 nei quattro mandamenti e nelle borgate di Pallavicino, Partanna, Sferracavallo, Arenella e Villaggio Ruffini, identificando 33 fontanelle nella città murata e 26 in quei quartieri della zona nordoccidentale. Una ricognizione non soltanto quantitativa, ma anche qualitativa, che consentì di verificare lo stato di salute dei manufatti in ghisa. Un patrimonio costantemente minacciato da incuria, vandali, ladri e miopia organizzativa, come nel caso di via Saline a Mondello, dove l’unico esemplare della borgata è stato addirittura nascosto dagli armadi della Telecom e solo l’anno scorso è stato rimesso in sesto grazie all’intervento della Sovrintendenza.
Ad oggi invece sono 168 quelle attive (sono escluse quelle dismesse e quelle all’interno di ville comunali), come risulta da una attenta ricognizione effettuata dall’Amap a partire da settembre 2015. «Durante questi controlli – spiega Antonio Criminisi, responsabile Gestione tecnica utenti Amap – sono state identificate le fontanelle in funzione, è stata effettuata la manutenzione ordinaria delle parti di competenza dell’azienda ed è stata compilata una scheda. Tutti i dati sono adesso inseriti in una mappa georeferenziata che tra qualche mese pensiamo possa essere inserita all’interno del sito internet Amap».
Nei progetti dell’ex municipalizzata c’è la sostituzione delle strutture più compromesse o più brutte, come i piloncini di cemento, riutilizzando le fontanelle di forma classica non più allacciate alla rete idrica. Inoltre di recente è stato realizzato uno stampo per fonderne di nuove in ghisa, sempre con la foggia tradizionale. Ma l’Amap sta lavorando a stretto contatto col Comune anche per posizionarne in nuovi punti, cioè lungo il percorso arabo-normanno (procedure e tempi sono ancora in fase di definizione). Mentre si stanno acquisendo le autorizzazioni di assessorati e Sovrintendenza per attrezzare – di concerto col Suap – tutte le zone di stazionamento delle carrozze a cavallo con fontanelle. Una piccola curiosità: il progetto del “fontanello” di via Volturno prevedeva altri due esemplari al Foro Italico e nel giardino di Case Rocca, ma per motivi economici non se ne fece nulla.
«Bisogna chiarire – sottolinea Criminisi – che le fontanelle sono di proprietà del Comune, che paga il consumo di acqua, mentre Amap si occupa della condotta idrica fino al contatore». Ed è sempre l’amministrazione locale a richiedere nuove fontanelle ad Amap principalmente per il settore Ville e giardini, anche se negli anni le circoscrizioni hanno sollecitato la dismissione di alcuni manufatti per utilizzo eccessivo o scorretto (ad esempio una fontanella usata per lavare le auto che creava insidie alla viabilità) e quindi costi troppo elevati. In alcuni casi il contatore è scomparso, ma si riscontrano anche allacci abusivi al tubo: per questo a pattugliare c’è un piccolo gruppo di vigili distaccati all’Amap, ma il numero esiguo non riesce a contrastare del tutto il fenomeno.
Nate per necessità, divenute nel tempo luoghi di aggregazione, spesso abusate, le fontanelle – per quanto basso possa essere il loro numero -, rappresentano comunque un’importante risorsa per la città, i suoi abitanti e i visitatori, nell’ottica di un complesso di piccoli e grandi servizi che una metropoli a vocazione turistica deve poter offrire, al pari di pulizia, sicurezza, informazioni e accessibilità.