Le ex Province al voto: cosa cambia dopo la paralisi «Manutenzioni mancate costeranno 10 volte in più»

Andranno al voto il 20 novembre per eleggere i nuovi vertici tra meno di un mese, ma la confusione continua a regnare sovrana. Sono le ex province siciliane, ormai liberi consorzi (Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani) e città metropolitane (Catania, Messina e Palermo). Chi si occuperà di cosa? È la domanda che risuona sempre più spesso, tra chi non ha affatto chiaro a quali enti passeranno le competenze che una volta erano delle ex province. 

Dopo il pasticcio combinato dall’assemblea regionale – che per tre anni ha lavorato alla riforma, approvandola più volte, salvo poi vederla impugnare puntualmente dal consiglio dei ministri – il testo approvato, alla fine, non è stato altro che la cosiddetta legge Delrio, che, di fatto, attribuisce ai liberi consorzi la gestione degli stessi servizi di cui si occupavano le ex province, ma ha tagliato i costi della politica (secondo i più critici anche quelli della democrazia), eliminando le elezioni di primo livello

Cosa significa in soldoni? Che i sindaci metropolitani e i presidenti dei liberi consorzi, insieme ai consigli, saranno eletti il prossimo 20 novembre dai primi cittadini dei Comuni siciliani, dai consiglieri comunali e dai presidenti di circoscrizione. Niente campagna elettorale per le strade, insomma, niente manifesti, volantini o comizi. Gli unici costi tagliati, di fatto, sono quelli legati all’elezione diretta, alle indennità delle cariche provinciali, ai rimborsi spese. Una differenza non da poco, ma che non risolve il problema dei servizi.

Al contrario, di ritardo in ritardo, l’approvazione della legge in tempi biblici ha comportato soltanto che la Sicilia rimasse tagliata fuori dalla ripartizione dei fondi stanziati da Roma per gli enti di area vasta. Col risultato che in diverse ex Province, da Enna fino a Siracusa, i funzionari restano ancora in attesa di diverse mensilità arretrate.

«Oggi si terrà in assessorato la conferenza dei servizi – spiega a MeridioNews l’assessora alla Funzione Pubblica e Autonomie Locali, Luisa Lantieri -. In tempi brevissimi sbloccheremo i nove milioni di euro contenuti nel ddl di variazione di bilancio e destinanti agli enti intermedi. Circa un milione e mezzo sarà destinato all’assistenza ai disabili, mentre 7,5 milioni serviranno per gli stipendi». Cifre che, naturalmente, non coprono i negativi nei bilanci delle Province. Ma a breve all’assemblea regionale approderà la manovra di assestamento di bilancio: l’assessore non si sbilancia, ma assicura che «alle ex Province andrà una cifra superiore ai 20 milioni di euro». Fondi indispensabili, quantomeno, per il saldo degli stipendi fino a fine anno.

Restano tagliati fuori tutti gli altri servizi di cui invece dovrebbero già occuparsi gli enti di area vasta. Per quanto riguarda i liberi consorzi, oltre alla manutenzione stradale, l’edilizia scolastica, l’assistenza ai disabili, tra le competenze si trovano anche i servizi sociali e culturali, di sviluppo economico, di organizzazione e sviluppo turistico. Le città metropolitane, inoltre, dovrebbero occuparsi anche di pianificazione territoriale generale e urbanistica, di coordinamento dei servizi pubblici locali del territorio, viabilità e mobilità, e sostegno ai consorzi universitari.

Tutto sulla carta, almeno fino ad oggi. «Il problema – attacca Saverio Cipriano, coordinatore delle rappresentanze sindacali nella città metropolitana di Palermo – è che i danni causati dall’assenza di manutenzione negli ultimi anni, comportano conseguenze enormi. Stimiamo che per ogni euro non speso in manutenzione, oggi bisognerà spenderne dieci per ripagare i danni. È così per le strade provinciali, ma anche per gli istituti scolastici superiori di competenza delle ex Province. Oggi non c’è un euro, ma quando domani bisognerà riprendere la manutenzione, sarà chiaro a tutti i danni che ha fatto questa riforma».


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