Le criticità dei divieti pasquali imposti da Musumeci «Ennesimo atto di protagonismo di un politico locale»

«Non si possono trattare i cittadini come se fossero degli stupidi e firmare atti che sono un misto di protagonismo e approssimazione». Pochi giorni dopo la contestata ordinanza di Cateno De Luca sui nulla osta per viaggiare sullo Stretto, a finire sotto la lente critica della giurista Vitalba Azzollini stavolta è l’ultima ordinanza siglata da Nello Musumeci. Quella esitata in vista delle festività pasquali con l’intento di far scemare sul nascere eventuali propositi di scampagnate e barbecue. In totale sei articoli, la cui validità terminerà con la giornata di Pasquetta.

«È probabile, considerata la ristrettezza dei tempi, che in questo caso l’ordinanza non venga impugnata, ma cambia poco per giudicarla nel merito – commenta Azzollini a MeridioNews Parliamo di un atto per certi aspetti stravagante, nelle premesse e nella sostanza. Che peraltro, nel caso i suoi contenuti non venissero recepiti nel Dpcm annunciato ieri sera da Conte cesserebbe automaticamente di essere valido, così come previsto dal decreto del 25 marzo scorso». L’ordinanza prevede lo stop fino a martedì anche dei servizi di consegna a domicilio, a eccezione dei farmaci e dei prodotti editoriali, ma anche l’obbligo di indossare le mascherine se si va al supermercato nonché il divieto di spostarsi nelle seconde case. «Si tratta in tutti i casi di misure che restringono ancora di più le libertà individuali, basando la decisione su considerazioni a dir poco discutibili», commenta Azzolini. 

Il decreto del 25 marzo prevede che i presidenti delle Regioni possono intervenire in caso di specifici aggravamenti del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio. «E così pare non essere se si va a leggere le premesse dell’ordinanza di Musumeci – rileva la giurista -. Perché prima si dice che sul territorio regionale si registra un “aumento del numero complessivo dei contagi rispetto ai dati rilevati nei precedenti giorni“, sorvolando sul fatto che è naturale che il totale dei contagiati aumenti con il passare dei giorni, e dall’altro si dice che è “apprezzabile una diffusione del contagio rispetto ad altre parti del territorio nazionale“. Praticamente viene messo nero su bianco che la Sicilia si trova in una condizione favorevole ad altre aree ma nello stesso tempo i suoi cittadini vengono privati di diritti altrove riconosciuti».

Altrettante perplessità, a detta della giurista, suscita il riferimento al parere che il Dipartimento di Scienze economiche dell’Università di Palermo ha dato alle misure di contenimento adottate sin qui dalla Regione. «Musumeci sottolinea il giudizio positivo e prende spunto dallo stesso per forzare ancora più la mano. Come se il parere fosse un incoraggiamento a fare di più», va avanti Azzollini. Che non ritiene accettabile neanche l’eventuale giustificazione basata sul cercare di fare in modo che i siciliani non vengano meno alle prescrizioni, lasciandosi tentare dalle tradizionali gite fuori porta pasquali. «Una norma non può essere basata sulle abitudini della gente – sottolinea -. Se si parte dal presupposto che ci saranno persone che non rispetteranno la norma e per questo si oppongono nuovi divieti, allora si finisce per imporre la dittatura. Così, giusto per essere sicuri che nessuno contravverrà ai divieti».

Per la giurista, la strada da percorrere sarebbe dovuta essere un’altra. «Risultati migliori si ottengono con maggiori controlli, non imponendo restrizioni ulteriori – aggiunge – Si può agire con tecniche di persuasione, come le campagne di sensibilizzazione. Azioni che spingono a comportamenti più consapevoli. Ma non si interviene con provvedimenti che rischiano di rivelarsi illegittimi». A conti fatti, dunque, Musumeci è scivolato sulla stessa buccia di banana su cui, da qualche settimana, fa le acrobazie il sindaco di Messina Cateno De Luca. «Entrambi stanno producendo atti amministrativi che travalicano i confini previsti dai decreti, pare una corsa a chi dà la sensazione di avere più sotto controllo la situazione – commenta Azzolini -. E devo dire che a comportarsi così sono stati finora anche altri presidenti di Regione. La verità è che finora quella volontà di prevedere una regia centralizzata da parte del governo nazionale è stata vanificata – conclude la giurista – dagli egocentrismi dei politici locali».


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