Le cantonate e gli errori della recente legge regionale sull’albergo diffuso

da Giuseppe Gangemi
professore ordinario di Urbanistica all’Università Palermo
riceviamo e volentieri pubblichiamo

L’Ars con la votazione finale d’Aula di mercoledì 24 Luglio ha concluso l’iter parlamentare delle “Norme per il riconoscimento dell’albergo diffuso in Sicilia”, approvando il disegno di legge che raccoglieva in un unico testo vari altri disegno di legge (nn. 230 – 120 – 76 – 152).

L’albergo diffuso è una particolare tipologia di struttura ricettiva e alberghiera che permette in via preminente interventi di recupero e riuso di immobili nei borghi e centri storici, intendendo riferirsi alle cosiddette zone “A” degli strumenti urbanistici vigenti, secondo la definizione che viene fornita e normata dal Decreto Interministeriale 2 Aprile 1968, n. 1444.

L’iniziativa sarebbe assai lodevole, ma tuttavia nella legge esitata vi è qualche confusione proprio riguardo agli insediamenti storici, sia essi urbani che di borghi marinari e rurali. Infatti, si sostiene che, oltre le classiche zone “A” individuate nello strumento urbanistico, i Comuni possono qualificare come tali – cioè “aree di interesse storico, architettonico o monumentale” – tutte quelle che ritengono, laddove gli “strumenti urbanistici non consentono l’individuazione di centri storici (Zona A)”.

Purtroppo, l’indeterminatezza di questa seconda circostanza (i Comuni possono…) condurrà inevitabilmente a una discrezionalità e quindi a un comportamento procedimentale foriero di inevitabili abusi e persino illegalità.

Infatti, i centri storici urbani, alla pari dei borghi marinari e rurali che abbiano interesse storico-architettonico, non possono essere se non quelle aree incluse nelle zone “A” e come tali perimetrate e individuate nei rispettivi strumenti urbanistici. Non esistono “…Comuni nei quali gli strumenti urbanistici non consentono l’individuazione di centro storico (Zona A) …”.

Non sussistendo il caso prefigurato, i Comuni, al di fuori dello strumento urbanistico, non possono prevedere un bel nulla, a meno di non innestare una farraginosa procedura di variante urbanistica tendente ad allargare o individuare zone “A” o nuove zone “A”. Ipotesi altamente improbabile per le esperienze della pianificazione comunale in Sicilia.

Lascia perplessi il diktat contenuto nel comma 2 dell’articolo 3 che così testualmente recita: “2) L’albergo diffuso non può sorgere in Comuni e borghi abbandonati o disabitati”. Alla faccia del recupero e della riqualificazione dei tessuti storici, che notoriamente sono quelle aree più soggette ad abbandono o disabitate! Non è comprensibile il perché di questa esclusione.

Chiosando si potrebbe dire: concentriamoci nei centri storici più abitati, o meglio, già inseriti nei grandi circuiti turistici, e lasciamo perdere tutti gli altri abbandonandoli al loro destino e loro degrado.

Ciò non sembra corrispondere alle finalità dettagliatamente elencate nell’articolo 1 della stessa legge: ” a) destagionalizzare e arricchire l’offerta turistica; b) recuperare il patrimonio edilizio dei centri storici e dei borghi nonché ridurre il consumo del territorio; c) incentivare l’economia dei centri storici e dei borghi nonché valorizzare i centri commerciali naturali definiti dall’articolo 9 della legge regionale 15 settembre 2005, n. 10; d) dare un nuovo slancio produttivo alle antiche maestranze; e) evitare lo spopolamento dei piccoli comuni lontani dai circuiti turistici tradizionali nonché offrire nuove opportunità occupazionali.”

Una perla di anomalia, se non di vera e propria violazione di norme igienico-sanitarie, è la previsione di derogare dal decreto ministeriale della sanità a proposito delle altezze interne e dei rapporti “aeroilluminanti esistenti”. Si sposta il limite di altezza dei vani abitabili, oggi previsto non inferiore a metri 2,70, riducendolo a metri 2,20, o meglio a una incomprensibile “altezza media ponderale non inferiore a 2,20 metri” . Umoristico appare l’obbligo, in tal caso, di acquisire il parere igienico-sanitario della competente autorità, in violazione del Decreto che ne regola per l’appunto il potere autorizzatorio medesimo.

La legge va modificata con urgenza, senza attendere il previsto Regolamento che, in ogni caso, non potrà esprimere norme applicative in contrasto con la stessa legge. Anche questo Regolamento è un inutile ostacolo temporale per l’applicazione delle norme sull’albergo diffuso, laddove i criteri applicativi potrebbero più speditivamente essere disciplinati con un decreto dell’assessore regionale per il Turismo.

L’esempio di molte altre Regioni italiane che hanno già introdotto la tipologia dell’albergo diffuso non è servito a molto nella nostra Aula parlamentare.

 

Giuseppe Gangemi, Professore Ordinario di Urbanistica dell’Università di Palermo

 

 


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