L’Autonomia siciliana? Una curatela fallimentare…

Dopo un mese di dibattito, Sala d’Ercole ha approvato una manovra dalle tante ombre e dalle pochissime luci. Queste noto non raccontano, per filo e per segno, quello che è successo nelle quattro settimane di aprile che ci siamo lasciati alle spalle. La cronaca, per con tutte le manchevolezze, è stata fatta. L’analisi la faremo quando Bilancio e Finanziaria saranno in Gazzetta Ufficiale.

Oggi proveremo soltanto a riassumere le sensazioni raccolte in questi giorni convulsi. Provando a ragionare sull’impostazione, politica e parlamentare, di una manovra economica che a noi sembra orientata al sottosviluppo culturale prima che economico della Sicilia.

La filosofia di questa manovra, a giudicare da quello che abbiamo visto in Aula, seguendo il dibattito – con l’eccezione positiva di quattro o cinque intuizioni felici del Movimento 5 Stelle – ci sembra aberrante.

Il Bilanci e la Finanziaria sono sempre – debbono essere sempre – di ampio respiro. Spesso, soprattutto negli ultimi anni, sono anche di contenimento delle spese. Ma non possono essere solo di contenimento elle spese.

Un Governo che governa nell’interesse di una comunità dovrebbe illustrare le direttive strategiche lungo le quali intende muoversi. Ebbene, in questa manovra, il Governo regionale di Rosario Crocetta è riuscito a non dirci nulla su come intende operare in agricoltura, nel rilancio dell’industria, nel sostegno all’artigianato, nel settore del credito. E, ancora, non ci ha detto nulla sulla tutela dell’ambiente, su una pianificazione urbanistica boccata ancora da una legge di fine anni ’70 del secolo scorso, sui lavori pubblici che non ci sono più, sulle autostrade e sulle strade siciliane abbandonate, sui Comuni travolti da una paurosa crisi finanziaria, sul settore della pesca in ginocchio, sui rifiuti che giacciono non raccolti nelle piccole e nelle grandi città dell’Isola con in testa Palermo, sull’energia, sule politiche attive del lavoro che non ci sono, sulla formazione professionale. E, ancora, sulla scuola, sulle università, sull’aeroporto di Comiso che dovrebbe già essere operativo da due anni e che, invece, rimane al palo, sugli arcipelaghi siciliani sempre più isolati.

Di tutto questo, nell’azione del Governo regionale e nel dibattito d’Aula non c’è traccia. Per un mese, o giù di lì, l’unico argomento trattato dal presidente della Regione è stato solo uno:i tagli. Ma non i tagli che Roma, unilateralmente, ha effettuato ai danni ella Sicilia: di questi il presidente Crocetta non ha parlato. Li ha accettati in silenzio, calando la testa, anzi recandosi più volte a Roma per elemosinare ora uno sconto di 100 milioni di euro su un assurdo prelievo di 900 milioni di euro dai nostri già poveri conti, ora una finta applicazione dell’articolo 37 del nostro Statuto.

Spiace dirlo, ma il presidente Crocetta, in questa difficile fase politica, più che un presidente della Regione è sembrato un curatore fallimentare. Sì, la Regine siciliana, l’Autonomia siciliana trattata alla stessa stregua di una qualunque curatela fallimentare.

Una strana curatela dove i debitori sono diventati gli oltre 5 milioni di siciliani ai quali il Governo Crocetta, con l’avallo dell’Ars, ha deciso di far pagare i costi di una manovra pesantissima. Mentre l’unico creditore, non abbiamo capito bene a che titolo, è diventato il Governo nazionale, che ha scippato 800 milioni di euro dal nostro bilancio.

Pensate: 800 milioni di euro tolti alle famiglie e alle imprese siciliane in un solo colpo. 800 milioni di euro tolti dalla ‘cassa’ e non dalla competenza del Bilancio regionale. Una follia. 

Questo prelievo forzoso e abusivo si somma alla pressione fiscale già fortissima a carico di famiglie e imprese: si somma al prossimo aumento dell’Iva, alla tassa sull’immondizia che non sappiamo ancora in che termini si configurerà (dopo avere lasciato la Sicilia per oltre un anno e mezzo con l’immondizia per le strade e, nel caso di Palermo e dei centri vicini, con la diossina disseminata per le strade e per le abitazioni, questi sono capaci di presentare la Tares, ovvero la Tassa aumentata di quattro o cinque volte!), all’Imu che una parte della maggioranza del Governo Letta (leggere il Pd) non vuole togliere (forse perché c’è qualche banca da foraggiare?) e via continuando con vecchie nuovi balzelli.

Il prelievo forzoso di 800 milioni di euro, combinato con l’aumento della pressione fiscale avrà un effetto devastante sulla nostra Isola. Di fatto, le famiglie avranno a disposizione meno risorse. Questo provocherà un’ulteriore riduzione dei consumi, imprese sempre più in difficoltà, altri licenziamenti, nuova disoccupazione.

L’unica cosa chi il Governo è riuscito ad assicurare – non per propria convinzione, ma per evitare una rivolta sociale – è il reddito di sussistenza al precariato e agli operai forestali (in questo settore i tagli sono stati camuffati da nuovi servizi che dovrebbero svolgere gli operai forestali: servizi che non si capisce bene da chi verranno pagati).

Alla gestione fallimentare – una sorta di curatela, per l’appunto – di Bilancio e Finanziaria fa, da sfondo, un’opacità della gestione della cosa pubblica siciliana che è stata una costante dal 2001 ad oggi. E che continua ad essere tale.

I siciliani continuano a non sapere nulla su come si stanno spendendo i soldi del Piano di sviluppo rurale (Psr), ovvero dei 2 miliardi di euro e rotti destinati alla Sicilia. Dovrebbero andare a sostegno dell’agricoltura, ma gli agricoltori siciliani, chissà perché, sono sempre in crisi. Sappiamo che buona parte di questi fondi è stata assegnata in fretta e furia per evitare il disimpegno, ma non si sa a chi.

C’è un po’ più di informazione sul Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr). Anche se, anche in questo caso, mancano notizie precise sullo stato della spesa e sulle opere realizzate o in corso di realizzazione.

Rimane avvolto nel mistero la gestione dei rifiuti. Non si conosce con esattezza l’indebitamento degli Ato, non si sa che ruolo continuano a svolgere i privati. Qualche settimana fa si è saputo che, nella discarica di Siculiana, in provincia di Agrigento, erano presenti rifiuti radioattivi, di probabile origine ospedaliera. Sulla vicenda, che pure riguarda la salute pubblica, è calato il silenzio. Forse perché questa discarica è gestita dagli uomini di Confindustria Sicilia, grandi alleati e sostenitori del Governo Crocetta. Chissà, magari, bontà loro, il presidente e l’assessore regionale al ramo, Nicolò Marino, illustreranno in una conferenza stampa come stanno le cose a Siciliana e, in generale, come si sta procedendo in questo settore. O è chiedere troppo?

Non c’è informazione sugli ex Consorzi Asi. Si sa che sono in corso le liquidazioni. E che su alcune di queste strutture, fino alla scorsa estate, era forte la presenza della mafia.

Non c’è informazione sui 452 milioni di euro a valere sul Fondo sociale europeo destinato alla Sicilia che il passato Governo regionale ha messo “in sicurezza” a Roma. Si sa che sono soldi siciliani che, stranamente, il Governo nazionale ha inserito in uno strano Piano di coesione. Questi soldi torneranno alla Sicilia, visto che sono nostri, o faranno la fine degli 800 milioni di euro che Roma ha scippato alla Sicilia?

In tutto questo, la Sicilia continua ad essere meta di operazioni distruttive di ogni tipo. Il blocco dei lavori del Muos di Niscemi si è rivelata una sceneggiata. I lavori non sono mai stati interrotti. Invece che affrontare di ppetto la questione politica, chiedendo al Governo nazionale una convocazione del Consiglio dei Ministri, cosìcome prevede il nostro Statuto, il Governo regionale e ha fatto una questione meramente amministrativa. Scaricando slle spalle dei giudici del Tar (Tribunale amministrativo regionale) una questione che, lo ribadiamo, è politica e non amministrativa. Un comportamento, quello del Governo regionale, degno del celebra avvocato Azzeccagarbugli.

Non va meglio nella Valle del Mela, in provincia di Messina, dove proseguono senza sosta i lavori per la realizzazione di un elettrodotto che non serve alla Sicilia. Serve al resto d’Italia, ma i costi sociali di un’opera dannosa per l’ambiente e per la salute pubblica debbono essere pagati dai siciliani. E, segnatamente, dalla gente che vive in quelle contrade, che debbono sopportare l’elettrodotto a venti metri dalle abitazioni, rischiano la leucemia per fare risparmiare Terna.

Tutto questo avviene mentre il Governo regionale, che non ha le ‘palle’ per mandare a quel Paese Terna, annuncia un improbabile “Patto tra i Sindaci” per rendere i Comuni autonomi con le energie alternative.

Ma se ii Comuni diventeranno autonomi con le energia alternative che ne facciamo dell’elettrodotto di Terna?

La verità che la Sicilia, lungi dall’essere una Regione autonoma – e lungi dall’essere una Regione italiana con gli stessi diritti delle altre Regioni italiane – è solo una colonia.

Dobbiamo produrre l’energia che serve al resto d’Italia. E dobbiamo raffinare oltre il 50 per cento del petrolio grezzo per produrre la benzina per il resto d’Italia. Tenendoci,in tutt’e due i casi, l’inquinamento, le malattie (pagate con i soldi della Sicilia, visto che lo Stato, unilateralmente, ci ha appioppato il 50 per cento del finanziamento di questo settore) i morti e consentendo a chi inquina – cioè a chi produce energia e a chi raffina il petrolio –di pagare le imposte nelle Regioni di provenienza, in barba all’articolo 37 del nostra Statuto che rimane inapplicato.

Se raccontiamo una cosa del genere all’estero – per esempio, agli americani: cosa che faremo, perché l’articolo che state leggendo verrà pubblicato anche in un noto quotidiano on line di New York – ci prenderanno per coglioni. Diranno: questi siciliani che si fanno trattare così sono veramente coglioni! Sono peggio degli schiavi!

Non è finita. Il presidente della Regione siciliana, proprio durante i giorni del dibattito sulla Finanziaria, ha annunciato che i russi della Lukoil verranno in Sicilia ad aprire altre raffinerie. Sì dopo il Muos di Niscemi, l’elettrodotto di Terna e le raffinerie di Moratti ad Augusta anche le raffinerie dei russi.

Il presidente Crocetta ha detto che i russi vengono in Sicilia anche per bonificare. Peccato che i signori della Lukoil sono in Sicilia da quasi 5 anni e non hanno bonificato nulla. Intanto anche loro inizieranno a raffinare. E la Sicilia continuerà ad essere sempre meno libera e sempre più colonia…

Quando ci ribelleremo?

 


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