Era stato il procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi a firmare la richiesta di giudizio immediato nei confronti dei cronisti dell’Espresso, Piero Messina e Maurizio Zoppi, accusati di calunnia e notizie false a seguito della pubblicazione, lo scorso luglio, di un articolo sull’esistenza di una intercettazione in cui il primario dell’Unità operativa di chirurgia plastica di Villa Sofia Matteo Tutino avrebbe detto al presidente della Regione Rosario Crocetta: «Lucia Borsellino deve essere fatta fuori come suo padre». La calunnia è stata contestata perché entrambi i giornalisti, hanno fatto il nome dell’ex capitano Nas di Palermo, Mansueto Cosentino, come di colui che avrebbe fornito loro la notizia dell’intercettazione.
I cronisti si sono sempre difesi dalle accuse e anche quando la procura di Palermo ha smentito, e più di una volta, l’esistenza della intercettazione, l’Espresso ha continuato a confermare la veridicità delle notizie contenute nell’articolo pubblicato. Oggi il gip Gioacchino Scaduto ha deciso di rigettare la richiesta di giudizio immediato perchè non ritiene che vi sia il «presupposto indefettibile del giudizio immediato che è l’evidenza della prova del reato». Si legge nell’ordinanza del Gip: «va rilevato che l’assunto accusatorio si basa sostanzialmente sull’inesistenza agli atti del presente procedimento di una conversazione contenente la frase che i due imputati hanno attribuito a Tutino» e continua «nulla consente, pertanto, di escludere che l’espressione incriminata, o altra similare possa essere stata pronunciata dal Tutino o da altri nel corso di una conversazione non compresa tra quelle allegate al procedimento. Il Pubblico Ministero, infatti, – continua il Gip – ha introdotto nel presente procedimento, che costituisce una costola del procedimento principale a carico di Tutino ed altri, alcune intercettazioni telefoniche intercorse tra questi ed il Crocetta, che non esauriscono affatto il compendio delle conversazioni intercettate ed intercorse tra molteplici soggetti coinvolti a vario titolo nell’indagine».
Secondo il giudice Scaduto in conclusione «deve rilevarsi che dal complesso del materiale probatorio emergono, con riguardo agli ipotizzati reati di calunnia, elementi non univoci, in particolare emerge chiaramente che tra l’imputato Messina ed il Capitano Cosentino, vi era una relazione di amicizia e frequentazione; che più di una volta i due avevano trattato l’argomento Tutino/Borsellino e che certamente tra le tante conversazioni intercettate ve n’era almeno una, in cui qualcuno aveva affermato che era necessario “far fuori” l’assessore, sia pure in senso politico e/o con esclusivo riferimento al ruolo ricoperto, che non consentono di ravvisarvi il necessario carattere dell’evidenza».
I giornalisti potranno scegliere adesso tra il rito ordinario o quello abbreviato. L’indagine è coordinata direttamente dal Procuratore Lo Voi e dall’aggiunto Leonardo Agueci.
Il prossimo 16 dicembre, ci sarà l’ udienza per trattare proprio l‘incidente probatorio richiesto dai legali dei giornalisti lo scorso agosto nel tentativo di avere tutte le intercettazioni, telefoniche e ambientali, incluse quelle ritenute inutilizzabili e non trascritte. La scorsa settimana l’esito della perizia sul materiale fornito dalla Procura è risultato “negativo”, ovvero non è stata trovata alcuna traccia di quella presunta conversazione tra i medico e il governatore. «In udienza si parlerà proprio della perizia e del suo contenuto» dice a MeridioNews il legale di Messina, Fabio Bognanni che il 23 novembre scorso aveva avanzato proprio richiesta di rigetto del giudizio immediato. «Il consulente di parte – si legge nell’istanza – ha rilevato analiticamente molte criticità, sia formali che sostanziali». Nella richiesta, Bognanni aveva evidenziato anche come tra i due “interlocutori” ci fosse un «appurato rapporto di confidenza e dunque si può senza dubbio contemplare l’ipotesi concreta che possano esserci altre telefonate intercettate presenti tra i documenti dell’inchiesta, considerato che quest’ultima, secondo quanto affermato dall’accusa, appare ancora pendente e coperta da segreto istruttorio». Ci sarebbe dunque secondo la difesa la «mancata assunzione di tali necessari e dirimenti mezzi di ricerca della prova» che «portano all’assoluta insussistenza dell’evidenza della prova».
Ed è intanto di ieri la notizia della revoca dei domiciliari per il professore Tutino, arrestato lo scorso giugno nell’ambito di una inchiesta su Villa Sofia avviata nel 2013 coordinata dal procuratore aggiunto Agueci e diretta dal sostituto procuratore Battinieri, e pochi giorni dopo coinvolto anche nella bufera scatenata dall’articolo dell’Espresso.
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