Lesercito sta smantellando la tendopoli, ma non tutti gli sfollati sono stati sistemati in modo adeguato in alberghi e case di cura. La Protezione Civile ha trasferito la maggior parte degli extracomunitari nella frazione di Coppito (sui resti di una villa romana)
L’Aquila, via le tende. I più deboli? A 50 km
Hanno smontato in anticipo il campo di Piazza D’Armi. Perché è arrivato il freddo? “No, il motivo è che tra qualche giorno passerà un elicottero a fare le foto dall’alto, per testimoniare al mondo intero che il campo simbolo degli sfollati aquilani è stato smantellato e che tutti sono felici e contenti, da chi è tornato nelle proprie case di classe A e B (agibili) a quelli in albergo in attesa delle casette in legno”, ci dice un’assistente sociale del progetto ‘Assistenti sociali senza frontiere’. Ma non è così. Non tutti infatti sono stati sistemati e soprattutto non tutti sono soddisfatti. Alcuni ragazzi, denominati “Gli alternativi”, si son messi davanti al campo a protestare: “vergogna, vergogna – gridano – li state abbandonando con fare spocchioso. Perché non avete voluto fare entrare i giornalisti? Perché non volete che l’opinione pubblica sappia che la gente aquilana non è soddisfatta delle collocazioni che gli avete dato e che forse avete fatto particolarismi nelle assegnazioni?”. Disposizioni della protezione civile hanno bloccato riprese e interviste.
Alcuni sfollati di Piazza D’Armi sono stati mandati negli alberghi di Assergi, Avezzano, Poggio Picenze e altri. C’è chi, però, non accettando di andare lontano (Avezzano è a 50 chilometri di distanza da L’Aquila) perché ha da fare terapie all’ospedale di città, si ribella decidendo di rimanere in tenda. Così sono arrivati l’esercito (smontando pezzo per pezzo le tende, i pannelli della cucina, i bagni, i container del campo…) e la polizia a trasmettere con fare coercitivo l’idea che non c’è alternativa: se una persona è stata assegnata ad Avezzano non può pretendere di rimanere a L’Aquila, anche se è anziana e spossata. “Tanto ci saranno gli operatori assistenziali – dicono alcuni volontari – che li porteranno dall’albergo all’ospedale probabilmente ogni giorno”. Ma gli anziani si chiedono anche “per quanto tempo durerà questo servizio?”.
Altri, in maggioranza extracomunitari (cinesi, etiopi, algerini…), sono stati trasferiti a Coppito, nel plesso dove si trova la scuola per allievi della Guardia di Finanza. Col pullman andiamo fino a là, che non è vicino al centro città come Piazza D’Armi. Entriamo nell’immensa area, che consta di tantissimi edifici usati in occasione del “G8”, di cui la gran parte ora è inutilizzata. Ci accorgiamo, salendo le scale di una palazzina, che gli uffici del “Com” si appoggiano sui resti di una Villa Romana (abitata dal I sec. a.C. al VI d.C.). I bambini cinesi giocano sulle moquette dei lunghissimi e larghissimi corridoi esterni di questo edificio. Di fronte c’è una fila di palazzine che durante la manifestazione mondiale fungevano da hotel, col nome delle regioni “Sicilia, Calabria…”, tutti desolati ormai tranne quello denominato “Cagliari”, perché qui sono ospiti i terremotati di Piazza D’Armi. I corridoi, lunghissimi, freddi, su cui si affacciano le stanze, hanno dei ripostigli con lavatrici in comune, “ma poi il bucato non sappiamo dove stenderlo”, ci dice una signora mentre svuota un cesto. Scendendo qualche piano più giù troviamo anche molta immondizia e calcinacci, probabilmente lasciati dai muratori che hanno fatto di corsa i lavori per il G8.
Finito il nostro giro a Coppito, ritorniamo a Piazza D’Armi. C’è il disordine delle ultime cose rimaste: coperte, brandine, materassi ammucchiati tutti a terra sul campetto sportivo. Ogni venti tende una ha ancora la luce accesa: là ci vive qualche anziano che non è stato “piazzato” da qualche parte, perché rappresenta un caso delicato. Alcuni assistenti sociali si chiedono come la Protezione civile nazionale abbia potuto dare la disposizione di trasferire gli anziani in zone lontane dagli ospedali, sradicandoli anche dalla loro terra d’origine. “Non ci vogliamo andare come pacchi postali spediti in case di riposo, perché sappiamo che il sole non lo vedremo più fuori da quelle mura ‘straniere’“, dicono alcuni vecchietti. Ci chiediamo perché far passare ogni giorno tra le tende, assistenti sociali, operatori della Caritas e psicologi, chiedendo a chi vive lì le proprie esigenze, se poi non le si prende in considerazione, nemmeno quelle dei casi gravi di salute fisica e mentale. La verità è semplice: “Dietro il conforto da dare nel quotidiano, la politica che il Governo stava organizzando era di risparmiare fatica e risorse concentrando le famiglie con bambini e lavoratori stabili a L’Aquila, e le classi più deboli – come anziani, disoccupati e precari – nei paesi limitrofi”, dice un’altra assistente sociale. “Non è accettabile” che il Governo adotti questa politica incentrata “sull’evitare i problemi”, si sfoga una psicologa.
A Piazza D’Armi, dunque, son rimasti alcuni alcolisti e anziani che, non avendo accettato la destinazione iniziale ad Assergi, ora sono stati mandati a Sulmona, un paesino ancora più lontano. La Protezione Civile della regione Emilia Romagna riferisce: “E’ stata una scelta della Protezione Civile Nazionale, perché chi ha ricevuto la notifica come tutti, ma non ha accettato la destinazione assegnatagli, ha perso il turno e se continua a non accettare rimarrà in tenda da solo senza mensa e senza servizi igienici. La polizia resterà solo qualche altro giorno per evitare che di notte si scateni il far west. Non resta dunque che accettare le destinazioni, anche se lontane”.
Da maggio ad oggi molte cose sono cambiate: tra la gente abbiamo trovato paura per il futuro visto come “un terremoto ancora più devastante”.