Lampedusa, tragedia del mare o naufragio della civiltà?

NEL CUORE DEL MEDITERRANEO, NELL’AZZURRO CHE SI DISTENDE ATTORNO ALL’ISOLA PORTA-D’EUROPA VA IN SCENA IL DOLORE

di Luigi Capitano

È l’alba del 3 ottobre 2013. Otto amici in barca, non lontano da Lampedusa, sentono uno strano vociare di gabbiani o forse di berte, ma non sono né gabbiani né berte. Alle prime luci del mattino, una moltitudine di teste si vedono sporgere dal mare con urla disperate di aiuto; centinaia di braccia di giovani sollevate al cielo. Vengono tratti a bordo decine di ragazze e ragazzi nudi e stremati. Circa mezz’ora dopo, giunte finalmente le motovedette della Capitaneria di porto, si attende ancora il via libera ai soccorsi come da “protocollo”, stando alle ricostruzioni dei primi soccorritori volontari. Intanto, a questi ultimi, testimoni sgomenti di cotanto zelo burocratico, non resta altro che guadagnare alla svelta la costa. È già polemica per questi presunti ritardi: forse molte più vite si sarebbero potute salvare dal grosso barcone andato sventuratamente a fuoco e poi a fondo dopo aver tentato di lanciare segnali con una coperta incendiata.

Di fronte a questa ennesima atroce tragedia del mare che si è consumata a poca distanza dall’isola-porta d’Europa, un dramma dalle proporzioni immani e senza precedenti (pare più di cinquecento fra giovani, donne e bambini somali ed eritrei, di cui solo 155 si sono alla fine salvati), il ministro degli interni Alfano, riferendo alla Camera, non ha trovato di meglio che continuare a difendere la legge Bossi-Fini. Fa senso, dopo una simile sciagura, sentire parlare un vicepresidente del Consiglio di “posti di blocco” (checkpoint) nel Mediterraneo che l’Europa tutta dovrebbe potenziare per riuscire a “proteggere” meglio se stessa (ma da chi? dai barbari?). E non fa meno impressione sentir difendere quella legge criminale che, ribaltando ideologicamente la realtà, ha di fatto criminalizzato il diritto d’asilo, uno dei più antichi e sacri istituti fondatori della nostra civiltà e di ogni civiltà in quanto tale.

Ricordiamo che la legge “Bossi-Fini” venne approvata nel 2002 da Lega Nord, Alleanza Nazionale e Forza Italia, insomma da tutta la destra di ispirazione scopertamente razzista e postfascista. Com’è noto, questa turpe legge ammette i respingimenti dei migranti in acque extraterritoriali fino ai Paesi di origine, in base anche ad accordi bilaterali firmati dall’Italia (come quello famigerato con la Libia di Gheddafi nel 2009). La legge è stata a suo tempo subito condannata, oltre che da Amnesty e da altre organizzazioni umanitarie internazionali, anche dal commissariato per i diritti umani del Consiglio d’Europa Hammarberg, per il fatto che “mina totalmente il diritto di ogni essere umano di chiedere asilo”.

È vero che si avverte l’assenza di una politica europea, ma una simile politica comunitaria dovrebbe servire semmai a potenziare la presenza di agenzie internazionali sulle coste e ad aprire dei nuovi canali e corridoi umanitari nelle rotte del Mediterraneo, non già a difendere il fortilizio-Europa dalla minaccia delle “invasioni barbariche” nello spirito della legge Bossi-Fini. Quest’ultima ha trasformato in un vero e proprio reato l’immigrazione cosiddetta “clandestina”. Ricordiamo che le storture di quella legge voluta dal governo Berlusconi ci è già ‘valsa’ una condanna nel 2009 da parte della Corte Europea di Strasburgo per violazione della Convenzione dei diritti umani, quando venne respinta indietro verso le coste libiche una nave (anche in quel caso gremita di somali ed eritrei), in linea con gli accordi scellerati fra Gheddafi e Berlusconi (interessato peraltro al petrolio libico). Quest’ultimo avrebbe addirittura voluto trasformare Lampedusa in una “Portofino del Mediterraneo” sgombrando in due giorni l’isola dagli indesiderati rifugiati africani (Asher Colombo, Fuori controllo?, Il Mulino, p. 148).

Con quale impudicizia, proprio oggi che il “Caimano” e l’impiastro storico della seconda Repubblica comincia la sua lenta decadenza da senatore (e quindi il suo fatale declino di uomo politico), si può pensare di scaricare tutta la responsabilità del fenomeno sbarchi in Sicilia sull’Europa e sul regolamento di Dublino (che impedisce di richiedere il diritto di asilo a più di uno degli stati membri della comunità europea, ndr.)? “Abbiamo salvato 155 persone”, si vanta Alfano, da Lampedusa, prendendosi anche lui il merito dei salvataggi.

Domanda: e le restanti 350 che mancano all’appello? E comunque, per la precisione, alcune decine di migranti che il ministro degli Interni si gloria di aver “salvato” erano già state tratte in salvo da un’imbarcazione di cittadini siciliani e di turisti di varie parti d’Italia che ora rischiano per giunta di venire indagati  “atto dovuto!” – per favoreggiamento ai “clandestini”, quando tutte le leggi del mare impongono l’obbligo di soccorso e di assistenza in caso di naufragio.

Le vittime sulle rotte del Canale di Sicilia nell’ultimo decennio sono nell’ordine delle migliaia (secondo Fortress Europe, dal 1994 sarebbero almeno 6.200 persone, di cui 1800 solo nell’anno 2011). Ma chissà quante vittime di questa tragedia epocale giacciono realmente dimenticate in fondo al Mediterraneo… Il mare di Lampedusa, come ha detto icasticamente il sindaco dell’isola, rimane “pieno di morti”. Dal 2009 ad oggi circa duemila migranti sono stati respinti e ‘rispediti’ indietro (molti dei quali finiti nell’inferno di Shousha, un tremendo “campo profughi” nel deserto tunisino). Non sapremo mai quanti di loro sono andati incontro ad un destino fatale e quanti sono stati sottoposti a violenze e torture nelle allucinanti carceri di quella Libia con cui Berlusconi aveva stretto accordi di cordiale amicizia (fino ad arrivare a baciare l’anello del dittatore Gheddafi e a fargli trovare una schiera di ‘fedeli’ Amazzoni sotto la tenda romana). Un impressionante documentario realizzato qualche anno fa illumina sul fenomeno della tratta dei migranti in Africa: “Come un uomo sulla terra”. Chi avesse lo stomaco di riuscire a vederlo per intero rimarrebbe scioccato e per il resto della sua vita sarebbe costretto a chiedersi, con Primo Levi, “Se questo è un uomo”. Chi dovremmo ringraziare per tutti questi prodi e superbi risultati?

La Bossi-Fini viola di fatto l’articolo 10 della nostra Costituzione (ed è grave, a mio avviso, che la Consulta sia riuscita a dichiarare incostituzionale solo l’aggravante della clandestinità). La Convenzione di Ginevra, il diritto internazionale e il diritto d’asilo militano un maniera unanime contro questo cinico obbrobrio giuridico! Si tratta veramente di una legge indegna, razzista, infame, contraria a tutte le leggi scritte e non scritte dell’ospitalità di ogni tempo e luogo: mentre uomini, donne e bambini fuggono delle più indicibili violazioni dei diritti umani, mentre indebitandosi all’inverosimile affidano le loro ultime speranze a degli scafisti senza scrupoli per riuscire a raggiungere il sogno-Europa, l’Italia che fa? Li respinge in mare, riconsegnandoli al loro destino di violenza e di morte!

In alternativa, li smista nel resto d’Europa (solo una minima parte rimane, infatti, in Italia). Nella migliore delle ipotesi, li soccorre in mare per poi trattenerli lunghi mesi nei Centri di identificazione e di espulsione in attesa di emettere una sentenza sul loro destino. Se non dimostrano di avere già un contratto di lavoro in partenza possono tornare indietro. Non è un’assurdità?

Le politiche restrittive e repressive dei respingimenti si sono rivelate non solo fallimentari ma anche criminali, come lo stesso presidente Crocetta ha riconosciuto pubblicamente e senza mezzi termini in queste ore. Una politica comunitaria dovrebbe servire a dare sostanza all’accoglienza e all’integrazione nella prospettiva di una futura società transculturale, non già a fermare i dannati e i derelitti del Corno d’Africa in quel nuovo

The island of Lampedusa.

“checkpoint” del Mediterraneo che sarebbe rappresentato dall’isola di Lampedusa. A questo scoglio sembra in effetti rimanere impigliata tutta la civiltà europea, mentre il “vento della storia” soffia fatale e inarrestabile dal Sud del mondo verso la Vecchia, indolente Europa.

Con buona pace del delfino diversamente-o-indiscernibilmente-berlusconiano, di questa strana creatura angelica nata dal caimano come Atena dalla testa di Zeus, devo obiettare che il problema è propriamente ideologico e filosofico. Ecco come difendeva il “principio” del respingimento (in barba all’articolo 33 della Convenzione di Ginevra) l’ex premier Berlusca: “l’idea della sinistra era ed è quella di un’Italia miultietnica. La nostra idea non è così [sic!]. Noi non vogliamo un’Italia multietnica” (Laura Boldrini, Tutti indietro, Rizzoli, p. 137). Non parliamo poi dell’ottusa quanto indefessa perorazione (“h 24”) della legge voluta dalla Lega da parte del tetragono Maroni. Non sia mai che il popolo bianco del Nord (che per la cronaca discende dai barbari) si mescoli con gli immigrati di colore! I leghisti parlano spesso dell’ipocrisia che circola in materia di migrazione. Ma che dire del loro disumano e tartufesco criptorazzismo che trasuda da tutti i pori?

La faccenda è evidentemente ideologica, in quanto chi difende ad oltranza l’idea del fortilizio Italia (come quella della fortezza Europa) per paura dell’“uomo nero”, del clandestino brutto sporco e cattivo, rimane evidentemente prigioniero di un’ideologia razzista più o meno malcelata. Ma il problema è soprattutto culturale e filosofico, perché la vera politica rimane comunque figlia della filosofia e nel terzo millennio avremmo davvero bisogno di una filosofia politica all’altezza dei tempi, capace di globalizzare i diritti e di governare i bisogni dell’intera umanità, invece di continuare a tracciare con un’arbitraria “matita” discriminatoria differenze fra continenti, nazioni, culture, ecc.

Viceversa la pseudofilosofia e di conseguenza la mala politica del “checkpoint” e delle frontiere sorvegliate ha ormai fatto il suo tempo e non si vede come si possa tornare al passato o erigere una nuova “cortina di ferro” in mezzo al Mediterraneo. Sono i “posti di blocco mentali” quelli che bisognerebbe semmai riuscire ad abbattere nel terzo millennio… Purtroppo, dobbiamo riconoscere che questa “vecchia signora” – la nostra Vecchia Europa – sta invecchiando proprio male: la società si isterilisce, la politica cede la sua sovranità alla finanza, la crisi morde laddove il corpo rimane più vulnerabile alle speculazioni dei mercati rapaci. La vecchia signora diventa sempre più insofferente nei confronti degli stranieri, anche se ogni tanto riesce a commuoversi con lacrime di coccodrillo per tutte le tragedie che non trova la volontà politica di evitare.

La tragedia di queste ore ha invaso le nostre case con immagini tremende: centoundici morti allineati sulla spiaggia, centoundici bare (di cui quattro piccole e bianche) da rispedire chissà dove. I primi soccorritori di fortuna hanno dimostrato tutta l’umanità di cui sono stati capaci, sfidando appunto una legge balorda (la Bossi-Fini) che arriva a incriminare chiunque osi prestare soccorso a presunti clandestini, spesso come in questo caso, profughi e rifugiati in esilio da territori tormentati dalla guerra, dal fanatismo religioso, dalla dittatura, dalla violenza endemica. Per questo motivo, pare, uno o più pescherecci che pure avrebbero avvistato i naufraghi, si sarebbero allontanati atterriti. Se ne dovrà riparlare, non senza vergogna, nelle opportune sedi europee. Di questo scandalo che ha scosso l’Europa si continuerà a discutere in sede di Consiglio d’Europa così come già a New York, nel Palazzo di Vetro dell’ONU.

Viene spontaneo chiedersi che fine ha fatto quella civiltà greca (di cui noi saremmo gli eredi) disposta perfino alla guerra pur di difendere il diritto d’asilo dei legittimi supplici, come traspare in una tragedia di Euripide. Platone scriveva: “lo straniero separato dai suoi concittadini e dalla sua famiglia dovrebbe ricevere un amore maggiore da parte degli uomini e degli dei”. E come dimenticare l’etica della pietas che si srotola nell’antichità classica dall’Odissea all’Eneide, con le meravigliose storie di Ulisse nell’isola dei Feaci e con la vicenda di Enea ospite di Didone? “Non molesterai il forestiero né lo opprimerai”, ammonisce la Bibbia (l’altro codice dell’Occidente). E anche noi dovremmo ricordarci di essere stati in passato un popolo di emigrati.

Rimangono quindi in sospeso una serie di interrogativi senza risposta. Come mai il dramma ormai endemico dei migranti non riesce ancora ad apparire per quello che è in tutta la sua irriducibile dimensione epocale (non basta parlare, retoricamente, di “immanenza della storia”)? Perché ci sorprende ogni volta come un’emergenza da frenare o come una vergogna da rimuovere? Che fine ha fatto la nostra civiltà europea? In effetti, è proprio questa nostra civiltà che, come la zattera della Medusa, ha fatto naufragio in tutte le sponde del colonialismo moderno come in quelle dell’imperialismo contemporaneo. Ma la nostra civiltà continua a naufragare ogni volta che nega il diritto di asilo, ogni volta che respinge in mare i profughi o non riesce a venire incontro ai migranti che fuggono dalla guerra, dalla violenza e dalla disperazione. Eppure, si tratta di una civiltà politica e filosofica forgiata dagli antichi Greci che è riuscita a spingersi fino alla più alta riflessione cosmopolitica (quella di Kant), a tutt’oggi attualissima e insuperata.

L’ideale dell’umanità rappresenta il travaglio delle civiltà, delle civiltà che si incontrano e si scontrano nel tentativo, spesso vanificato dalla storia, di riuscire ad intravedere un orizzonte di convivenza possibile. Abbiamo già abbastanza superato la soglia degli anni Duemila e un simile ideale di civiltà non è stato certo raggiunto: i concreti “otto obiettivi del millennio” che si proponevano la riduzione della fame, della povertà, della disuguaglianza entro limiti realistici, ecc. rimane tuttora un miraggio. Viviamo in tempi perversi, ancora ben lontani dal sogno kantiano Per una pace perpetua.

Kant aveva divinato lucidamente, guardandosi alle proprie spalle, quello che sarebbe stato il destino dell’Occidente, quando parlava del “comportamento inospitale degli Stati civilizzati, specialmente degli Stati commerciali del nostro continente”. “Gli Europei” concludeva con mirabile lungimiranza il filosofo tedesco, rimangono la causa della “litania di tutti i mali che affliggono l’umanità”. In base ad uno strano principio, che si potrebbe chiamare dell’osticità asimmetrica, il nostro Occidente ha potuto vantare il titolo di una civiltà aperta alla missione civilizzatrice che però periodicamente si ripiega ermeticamente su se stessa di fronte agli spettri dei barbari di turno. Una società alternativamente aperta e chiusa, la nostra, a seconda delle convenienze e delle contingenze storiche. Così, di volta in volta, l’hospes ha potuto trasformarsi in hostis.

Il governo delle larghe intese – e dei larghissimi malintesi – da poco incredibilmente ricomposto dopo la bufera giudiziaria che ha travolto il “Vecchio Malvissuto” ormai sul viale del tramonto, rischia di far scoppiare le sue ineludibili contraddizioni anche sulla Bossi-Fini, indecorosamente difesa da Alfano, dal PDL e dalla Lega e fieramente avversata da SEL e da 5 Stelle, e in modi un po’ meno convincenti dal PD (basta definirla una “legge grottesca”?). Non va dimenticato che già Prodi nel 2007 aveva concluso degli accordi con la Libia per regolare i flussi migratori, e che la Bossi-Fini era stata preceduta dalla Turco-Napolitano, che recepiva in modo non proprio organico le direttive europee in materia. Ma ora è lo stesso Presidente Napolitano a dover ammettere, senza troppi giri di parole, che si avverte l’esigenza di “politiche specificamente rivolte al fenomeno dei profughi e richiedenti asilo non regolate da alcuna legge italiana”.

Il Papa da Assisi, dal canto suo, aveva sintetizzato nel modo più potente ed efficace: “viene solo una parola: ‘vergogna’!”. Un superamento di questa legge-vergogna si impone quindi all’attenzione del governo Letta (anche per la presenza al suo interno di una Kyenge e di una Bonino), come all’agenda del Parlamento (basti pensare alla Boldrini, presidente della Camera e insieme portavoce dell’UNHCR). A questo governo, così pretenzioso nei confronti dell’Europa, credo che l’Europa chiederà, in cambio di ulteriori sostegni, di voler provare a rispettare un semplice principio, non per “questione di filantropia, ma di diritto”, poiché “ospitalità significa diritto di ogni straniero a non esser trattato ostilmente quando arriva in un territorio altrui”. Non sono parole di Ban-Ki-moon, ma di Kant.

PS Una postilla di cuore: con il suo proverbiale garbo, Bossi ha mandato “a quel paese” il ministro per l’integrazione Kyenge. Peccato per lui che tutto il mondo abbia capito chi dei due è il barbaro, tranne forse qualche impenitente minus habens con la testa ingorgata da checkpoint che impediscono il traffico fra i due emisferi del cervello e del mondo.

Seconda postilla. È vero: “non c’è bisogno di essere anarchici” per chiedere l’abbattimento delle frontiere. In un mondo in cui circola indisturbatamente in ogni dove il denaro e perfino il crimine, perché non dovrebbero circolare liberamente anche gli uomini? L’economista americano Rifkin, nel suo monumentale Sogno europeo ha spiegato bene come l’Europa avrà sempre più bisogno di immigrati per riequilibrare la sua demografia decrescente e la sua stessa economia. Ma mentre il “sogno europeo” s’infrange di fronte al Leviatano del Mercato globale, per molti l’Europa, questa vecchia signora che ha perso le buone maniere, insieme alla memoria della sua primeva civiltà, resta un miraggio…

 

 

 


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