L’addio di Luca Bianchi: se ne va il nemico dello Statuto siciliano?

Alla fine, Luca Bianchi da Roma, assessore regionale all’Economia nella Giunta Crocetta,  annuncia le dimissioni. Oggi, dopo giorni convulsi segnati dallo strappo tra il Partito Democratico e il Presidente della Regione, ha dichiarato che, la prossima settimana, dopo che avrà  depositato all’Ars il disegno di legge di variazione del bilancio 2013, darà incarico  “di predisporre tutti gli adempimenti necessari alla chiusura del mio mandato di Assessore per l’Economia”. Sarà vero? Qualche dubbio c’è, come vi abbiamo detto qui.

Dopo l’iniziale tentennamento -e dopo il suo viaggio a Roma per un confronto con i vertici nazionali del Pd,  Bersani in primis –  la decisione, al momento ufficiale,  sembrerebbe la più ovvia: seguire  la linea dettata dal suo Partito, che in Sicilia ha deciso di ritirare l’appoggio al Governo regionale.  Staremo a vedere, intanto leggiamo le sue parole:

“Ho deciso di rinviare la conferenza stampa prevista per questa mattina – scrive Bianchi – perche’ impegnato a dare esecuzione alla variazione di bilancio approvata ieri sera in giunta. La variazione, per molti versi, costituisce il completamento dell’opera di risanamento avviata nel 2013, nel costante tentativo di coniugarlo con l’esigenza di dare risposte economiche e sociali ai problemi della Sicilia, e in particolare a quelli degli enti locali. E’ la dimostrazione del percorso credibile di gestione della finanza pubblica regionale che ha ricevuto significativi apprezzamenti (da ultimo, il Ministro Saccomanni ci ha invitato con una lettera formale a proseguire sulla strada intrapresa). Il Presidente Crocetta, che se n’e’ assunto la responsabilita’ in prima persona, mi ha sempre garantito piena fiducia e assoluta liberta’ nello svolgimento dell’incarico”.

“Non spetta certo a me – aggiunge l’assessore  – risolvere la grave crisi politica che si e’ aperta in questi giorni. Per quel mi riguarda direttamente, tuttavia, ritengo che in queste condizioni non si possa presentare ai siciliani e all’intero Paese per il 2014 lo stesso percorso condiviso e credibile di risanamento delle finanze regionali e di rilancio dell’economia che abbiamo perseguito, seppur tra mille difficolta’, in questi nove mesi e che andava preservato”

Non posso che prendere atto – puntualizza – di questa paradossale situazione politica, rimettendo nelle mani del Presidente Crocetta e del Partito democratico il mio incarico, con l’auspicio che la politica ritrovi le condizioni per rilanciare, in un clima condiviso di responsabilita’ e in una rinnovata armonia con la maggioranza voluta dai cittadini siciliani alle ultime elezioni, l’opera di moralizzazione, risanamento e rilancio dello sviluppo della Sicilia”.

Ovvio  che le dimissioni di Bianchi, se confermate,  segneranno  una sconfitta clamorosa delle smanie di Crocetta e del suo Governo retto in partnership con i carrieristi dell’antimafia di Confindustria Sicilia.

Ma è su Bianchi che ci vogliamo soffermare un attimo, per porgere  un saluto ad un assessore all’Economia che, forse,  si accinge a tornare a casa sua.

La premessa è che, a livello umano, è una persona simpatica, a modo.  Che a livello professionale, si faceva apprezzare molto quando dalla Svimez – l’Associazione per lo Sviluppo Industriale del Mezzogiorno, fondata da Pasquale Saraceno, di cui è stato un responsabile – sfornava interessantissimi studi sulla questione meridionale puntando il dito contro uno Stato che trascura il Mezzogiorno ed investe più al Nord.

Solo che poi, quando è diventato assessore in Sicilia ha perso tutta la sua vena meridionalista.

L’opera di risanamento dei conti siciliani, cui fa riferimento Bianchi, infatti, potrebbe essere definita anche altrimenti. Ad esempio, come il contributo chiesto ai siciliani per fare quadrare i patti che il Governo  italiano ha sancito con le oligarchie finanziarie dell’Ue. In puro stile greco. Non si spiegherebbero altrimenti i tagli scriteriati (mai agli sprechi) che hanno portato in ginocchio i Comuni siciliani e in piazza i disoccupati.

Non si spiegherebbe altrimenti l’atteggiamento assolutamente passivo di Bianchi dinnanzi alle richieste romane di prelievi forzosi di risorse regionali, quando l’Isola e la sua gente,  sono allo stremo.

Non si spigherebbe altrimenti l’utilizzo del miliardo di euro rastrellato dai conti sanitari per pagare i crediti che le imprese siciliane vantano nei confronti della Pubblica amministrazione. In altre regioni paga lo Stato. E, poi. questi soldi, andranno davvero alle imprese siciliane? O in prima fila ci sono l’Eni e il Monte dei Paschi di Siena che chiede un risarcimento per la sua uscita dalla società di riscossione dei tributi  Serit Sicilia?

Non si spiegherebbe altrimenti la svendita dell’articolo 37 dello Statuto siciliano. Ricordate? Le imprese che hanno stabilimenti produttivi in Sicilia devono pagare qui le tasse.  Un articolo che vale almeno 5 miliardi di euro e che Bianchi, nel suo accordo con Roma, ha svenduto per 50 milioni di euro l’anno. Una follia.

Dinnanzi a tutti questi soprusi, un assessore Siciliano, ovvero al servizio di questa terra, pure del peggiore partito, avrebbe proposto una decina di ricorsi alla Corte Costituzionale. Bianchi no. Neanche uno. Ricorsi che avrebbero avuto ad oggetto non la salvaguardia di privilegi della pessima casta della politica siciliana, ma gli interessi e la salvaguardia del popolo siciliano: lavoratori, disoccupati, giovani, enti locali.

L’assessore Bianchi, non ce ne voglia. Spesso ha detto di non riuscire a comprendere del tutto i siciliani. Con questa esperienza forse ha imparato che i Siciliani non hanno l’anello al naso. E che si sono ‘sgamati’ la sua missione immediatamente. Altro che risanamento.

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