“La terra dei morti viventi”. Un Romero “old stile”

Titolo: La terra dei morti viventi (Land of the dead). Regia, soggetto e sceneggiatura: George A. Romero. Fotografia: Miroslaw Baszak. Musica: Johnny Klimek e Reinold Heil. Montaggio: Michael Doherty. Interpreti: Dennis Hopper, Simon Baker, John Leguiziamo, Asia Argento. Produzione: Universal/Atmosphere Entertainment MM. Origine: U.S.A./Canada/Francia 2005. Durata: 99’.

Si credeva, evidentemente a torto, che George A. Romero avesse chiuso la serie degli zombi movie nel 1985 con “Il giorno degli zombi”, mentre invece il prolifico maestro americano dell’horror film ha deciso a distanza di vent’anni di trasformare la sua trilogia (iniziata nel 1968 con “La notte dei morti viventi” e proseguita con “Zombi” nel 1979) in una quadrilogia, aggiungendo ai precedenti capitoli quest’ultimo “La terra dei morti viventi”.

America, oggi. In una città stile Manhattan alcuni umani sopravvissuti vivono comodamente e riccamente asserragliati dentro un immenso grattacelo dotato di tutti i comfort che i soldi possono comprare. All’esterno di esso la povertà più assoluta ed intorno all’isola un’infinità di zombi, ormai praticamente consapevoli di se stessi, decisi ad entrare “per cenare”.

L’epopea cinematografica horror-zombie creata da un giovanissimo Romero   sul concludersi di quel decennio di protesta e rivoluzione intellettuale che furono gli anni ’60, resta all’interno della storia del cinema, un fatto assolutamente unico e del tutto eccezionale. Questo perché i tre film (adesso quattro) che la compongono non possono essere considerati delle semplici pellicole di genere visto che in esse oltre che la struttura horror (del tutto innovativa sia allora che ora) è presente un marcato messaggio di critica politico-sociale. Romero ha da sempre usato l’elemento narrativo dello “zombi” come metafora per la critica di un sistema economico e di uno stile di vita contemporaneo (soprattutto quello dell’ “american way of life”) basato esclusivamente sul socialmente fagocitante principio capitalistico. L’uomo è costretto dal sistema economico a trasformarsi da “animale sociale” ad “animale consumistico” sino a finire col mangiare se stesso: l’uomo che mangia l’uomo (lo zombi, appunto). Di tutta la serie romeriana forse quello che più chiaramente esprime questo pensiero è “Zombi”, ambientato per intero dentro un immenso centro commerciale dove i “non morti” continuano comunque ad andare, senza un reale motivo, proprio perché guidati da un compulsivo istinto indelebilmente acquisito durante anni e anni di condizionamento consumistico.

In quest’ultima opera torniamo a vedere un “Romero prima maniera”. La caratteristica principale dello stile del bravo George è stata sempre quella dell’ironia graffiante, della critica caustica, dell’analisi pungente.
Questa tendenza era molto marcata in “La notte dei morti vivente”, ma poi essa si è lentamente indebolita in “Zombi” e soprattutto in “Il giorno degli zombi”, opera, seppur valida, assolutamente nichilista e priva di qualsiasi sfumatura ironica. Con “La terra dei morti viventi” Romero torna ad essere pungente e sarcastico lasciando inalterate le dinamiche critico-narrative che storicamente gli appartengono. Così è bello vedere ad esempio la rappresentazione della critica al turismo di massa attraverso la sequenza in cui in un esotico zombi-bar i ricchi avventori, pagando salate cifre, tengono a farsi fotografare insieme ad affamati “non morti” incatenati ad hoc per questo scopo, oppure quella allo sfrenato arrivismo professionale per mezzo di brevi scene in cui, in secondo piano, si vedono barcollanti zombi-manager in sgualciti completi grigi dirigersi verso il proprio ufficio stringendo costose ventiquattrore.

Romero con questo film ha superato in pratica la sua fase pessimistica tornando a quell’ironia attraverso la quale è riuscito per molti anni a raccontare i difetti e le bassezze della società occidentale in indimenticabile sfumatura rosso sangue. Su “La terra dei morti viventi” sarebbe inutile aggiungere altro visto che ad esempio fattori come la recitazione a Romero sono da sempre interessati relativamente, rispetto invece al complessivo impianto narrativo-cinematografico per lui molto più importante (infatti le interpretazioni, compresa quella di Dennis Hopper, sono tutte abbastanza mediocri).
In fine una curiosità: tra i tanti zombi che vedrete in “La terra dei morti viventi” uno, lo “zombi-macete”, è interpretato da Tom Savini, storico curatore dei truculenti trucchi, costumi ed effetti speciali in lattice di “La notte dei morti viventi”.

In estate, stagione classica del film horror, perso in mezzo ai vari ed inguardabili “The ring 2”, “Jeepers Creepers 2”, “Licantropia” e a tanti altri ridicoli “teen-horror-movie”, una pellicola assolutamente da non perdere per l’accaldato e disperato amante del cinema.


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