Il 27 ottobre scorso, il socio di Vito Nicastri si trova al ristorante per festeggiare il compleanno della figlia. Durante il pranzo riceve una chiamata: l'assessore gli chiede una relazione sulla tecnologia alla base dei progetti per gli impianti di Calatafimi e Francofonte
La telefonata di Pierobon per aprire le porte al biometano Arata: «È amico nostro». La replica: «Volevo smascherarlo»
«Dove lo trovi uno che ti chiama di sabato a pranzo e ti dice questa cosa, se non ti è amico?» Quella dello scorso 27 ottobre è stata una giornata intensa per Paolo Arata. Il faccendiere, socio e presunto prestanome di Vito Nicastri – l’imprenditore divenuto leader nelle rinnovabili anche grazie, secondo i magistrati, alla vicinanza a Matteo Messina Denaro – è al ristorante per festeggiare il compleanno della figlia, quando, poco dopo le 14, squilla il cellulare. «Pronto», dice Arata. Dall’altra parte si va subito al sodo. «Paolo, una cortesia». Gli uomini della Dia non hanno difficoltà a identificare l’interlocutore, d’altronde non è il primo contatto tra i due. L’accento veneto è quello dell’assessore regionale ai Rifiuti Alberto Pierobon, più volte citato nelle carte della nuova inchiesta sulle rinnovabili, anche se va detto che al momento non risulta indagato, così come d’altronde i colleghi della giunta Musumeci, Toto Cordaro e Mimmo Turano, e il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè, tutti avvicinati da Arata per cercare di sbloccare le pratiche ferme alla Regione riguardanti soprattutto la costruzione di due impianti per la produzione di biometano. Uno a Calatafimi-Segesta, l’altro a Francofonte. Per gli investigatori che ascoltano la chiamata ma anche per lo stesso Arata, che non si trattiene dal comunicare il proprio entusiasmo al figlio Francesco e ai tecnici di fiducia della Solgesta, Pierobon più che chiedere una cortesia sarebbe stato disponibile a farla.
Per capire meglio di cosa si tratta, va fatta una premessa. In quelle settimane negli uffici dell’assessorato si stava lavorando alla bozza del piano di gestione dei rifiuti. Si tratta dello strumento con cui si organizza la gestione del ciclo all’interno del territorio regionale, documento che la Sicilia attende da anni e che affronta anche il tema degli impianti di trattamento. «Volevo mettere un discorso metodologico laico di apertura sugli impianti di trattamento Forsu (frazione organica dei rifiuti solidi urbani, ndr) anche di produzione di energia perché – dice Pierobon ad Arata – c’è lo spauracchio che dicono “ma fanno ossidazione, ma bruciano”. Tu mi puoi fare avere una relazione veloce sul trattamento?».
Di fronte a questa apertura, Arata, che nei mesi passati si era scontrato con le difficoltà a ottenere i nulla osta dagli uffici, sembra non credere alle proprie orecchie e concorda di inviare all’assessore la relazione entro il lunedì successivo. Il pranzo di compleanno è ancora in corso, quando Arata chiama uno degli ingegneri della Solgesta, dando direttive su cosa inserire. Basteranno due paginette, al limite anche una. Basta che ci si concentri su un punto preciso. «Non è un procedimento inquinante», specifica Arata. Davanti alla resistenza del tecnico – «lo capisco, ma non è una cosa che si fa in due secondi» – il socio di Nicastri lo incalza: «Dobbiamo descrivere la qualità di un procedimento come il nostro che può anche produrre energia che poi viene recuperata. Lui ci sta facendo un favore enorme perché ci inserisce la tecnologia nel piano dei rifiuti. Più cose positive ci mettiamo meglio è», aggiunge l’ex parlamentare di Forza Italia, avvicinatosi alla Lega prima di essere quasi disconosciuto in seguito all’inchiesta.
Passano un paio d’ore e tra Arata e il tecnico di Solgesta c’è una nuova telefonata. Quest’ultimo ha già scritto cinque pagine, ma per Arata sono eccessive: «Non me le legge, dobbiamo essere concisi». E subito dopo altri consigli, stavolta più precisi: «Non parlare mai di incenerimento… non mettere neanche gassificazione. Direi che da un punto di vista ambientale non c’è nessuna… a parte che le dimensioni devi dire che sono piccole». Il tecnico di Solgesta, dal canto suo, chiarisce l’importanza di inserire il biometano nel piano rifiuti. «Sicuramente lo deve avallare (il piano, ndr) il presidente che già si è sbilanciato in questo senso: “No, no in Sicilia non si faranno termovalorizzatori, non si faranno inceneritori“. Il nostro comunque ha una sezione di incenerimento dentro quindi se esce questo coso ce lo bocciano e poi dobbiamo difenderci in modo molto più difficile. Oggi siamo in vantaggio, se esce questo piano senza termovalorizzatori siamo in torto».
Della chiamata con Pierobon, Arata ne parla con un altro ingegnere di Solgesta, raccontando di un incontro del giorno prima con Lorenzo Cesa, il segretario nazionale dell’Udc, l’area politica di riferimento di Pierobon. «Ieri sono andato dal suo capo, lo conosco da trent’anni, ci diamo del tu. Gli ho parlato benissimo di lui, ha delle pressioni forti, si sente un po’ isolato», racconta di avere detto a Cesa. Trovando conferma in quest’ultimo. «Mi ha detto: “Ne ho parlato anche con il presidente della vostra Regione e mi ha detto (Musumeci avrebbe detto a Cesa, ndr) ‘Lui cerca di fare un po’ le cose da solo, ma noi lo sosteniamo’”». Cesa, inoltre, si sarebbe soffermato sulle qualità di Pierobon: «Il più bravo che c’è nel settore». Un giudizio che Arata sembra condividere a pieno, al punto da ammettere che, nel caso fosse stato nominato all’Autorità di regolazione per energia, reti e ambienti (Arera), avrebbe pensato all’assessore della Regione Siciliana: «Me lo sarei portato, ti dico la verità».
Ma colui da lì a pochi sarebbe stato indicato come il nuovo principale prestanome di Nicastri riconosce in Pierobon non solo la bravura. «Ha la determinazione e poi è anche l’amicizia, perché ormai siamo diventati amici», commenta a margine di una giornata in cui da festeggiare non c’erano solo gli affetti familiari. Per gli inquirenti, la relazione mandata dai tecnici di Solgesta avrebbe avuto infatti l’effetto desiderato. Nel piano rifiuti approvato dalla giunta Musumeci a dicembre 2018 si legge: «Potenzialmente idonei al trattamento della Forsu sarebbero anche i sistemi di gassificazione, che pur rappresentando un potenziale di sviluppo, allo stato attuale sembra non vi sia una tecnologia consolidata per la Forsu, ma sicuramente vi sono innovazioni e potenzialità che non possono venire aprioristicamente (se non pregiudizialmente) venire escluse».
Contattato da MeridioNews, Pierobon smentisce la versione di Arata. «Il piano rifiuti è un muro contro gli speculatori. Garantisce priorità agli impianti pubblici e prevede anche selezioni pubbliche dei soggetti che devono trattare i rifiuti. Nei fatti è un piano contro i vari Arata di turno – dichiara l’assessore -. La relazione di cui si parla fu da me chiesta proprio per portare alla luce la sua posizione, insomma per smascherarlo. Come ho avuto modo di chiarire in commissione Antimafia, Arata, da docente ed esperto del settore, mi parlava di nuove tecnologie e di impianti futuristici ma non era chiaro che tipo di impianti intendeva».
Pierobon specifica che il piano di gestione non può escludere a priori alcuna tecnologia. «La parte del piano su energia e rifiuti è stata scritta con l’importante contributo del direttore dei Rifiuti della Provincia di Bolzano. Non c’è alcun legame col piano rifiuti che, è bene chiarirlo ancora, non esclude alcuna tecnologia e non avrebbe potuto farlo, altrimenti avrebbe corso il rischio di andare oltre le competenze regionali. Il piano – va avanti Pierobon – lascia la scelta della tecnologia ai territori e affida la gestione del rifiuto tramite previsione nel piano d’ambito, secondo gli indirizzi dell’Anac. Se non si comprende bene questa cosa non si capisce che il piano rifiuti è un argine contro gli speculatori. Ogni ambito territoriale, titolare del rifiuto, decide come e a chi affidare il trattamento. Questo iter – conclude l’assessore – avviene sulla base di procedure a evidenza pubblica. Per cui se mai dovessero esserci soggetti pronti a speculare, sbatteranno contro questo sistema di trasparenza e dovranno fare i conti con un alto rischio imprenditoriale, perché nessuno in Sicilia potrà automaticamente trattare i rifiuti pubblici».