La strage di Steccato di Cutro. L’analisi della Rete di Catania #Restiamoumani#Incontriamoci

Perché sono morte 68 persone, delle quali almeno 15 erano bambini, nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023 di fronte alle coste calabresi? Noi della Rete di Catania #Restiamoumani#Incontriamoci siamo particolarmente colpiti da questa tragedia. Della nostra Rete fa parte Emergency, l’organizzazione umanitaria che è presente nel Mediterraneo con una propria nave, Life Support, con il compito di salvare migranti. E fa parte della nostra Rete anche Banca Etica, che ha finanziato la nave Mare Jonio, con lo stesso compito. Delle circa venti associazioni della Rete molte si occupano dei diritti dei migranti.

Di fronte alla tragedia di Steccato di Cutro è già partito lo scaricabarile. Noi però pensiamo che alcuni fatti indicano che esistono delle chiare responsabilità, la prima delle quali risale ai decreti Salvini sulla sicurezza del 2018, quando il ruolo tradizionale della Guardia Costiera venne snaturato con il passaggio de facto della Guardia Costiera dal ministero dei Trasporti al ministero dell’Interno, dove allora sedeva Salvini. Da allora, la capacità di intervento della Guardia Costiera è stato imbrigliato in una serie di regolamenti, soprattutto per quanto riguarda il salvataggio dei migranti. In particolare, si è voluta creare una area grigia tra interventi di polizia (Law enforcement) finalizzati a respingimenti e affidati alla Guardia di Finanza, e interventi di ricerca e salvataggio (SAR cioè Search and Rescue), affidati alla Guardia Costiera.

La sera del 25 febbraio l’aereo di Frontex avvistava un barcone non lontano dalla Calabria e in due messaggi distinti informava le autorità italiane del fatto che, attraverso i propri sensori termici, aveva rilevato che il barcone era stracarico, con almeno 200 persone a bordo. Secondo le norme italiane e quelle internazionali, in questo caso occorre partire immediatamente in soccorso del barcone, viste anche le condizioni del mare. Ma nessuno si muove. Il barcone continua ad avanzare nel mare in tempesta per oltre sette ore, senza che nessuno intervenga. Infine, nella notte del 26, dalle alte sfere si decide un intervento di polizia e non di salvataggio. Due motovedette della guardia di finanza ricevono l’ordine di partire, fanno alcuni tentativi di avvicinamento al barcone ma sono impediti dalla violenza del mare. Solo le navi della guardia costiera potrebbero affrontare quel mare. Ma dalle alte sfere nessuno ordina ai guardia coste di uscire per una missione di salvataggio. Soltanto alle 4.30 del mattino Ia guardia costiera viene avvisata del naufragio dalla telefonata di un testimone, ma ormai è troppo tardi.

È ancora buio. Dopo un viaggio terribile, costretti a stare sottocoperta, storditi dalla puzza del cherosene, i migranti (afghani in maggioranza) vedono la costa vicinissima, si rallegrano, pensano di avercela fatta. E invece no. Il barcone sbatte su una secca a un centinaio di metri dalla spiaggia e si spacca nel mare in tempesta. I relitti del legno colpiscono i naufraghi come delle lame, chi non muore affogato, muore straziato da pezzi di legno e lamiere. I padri vedono scomparire i loro figli, i bambini perdono tutta la famiglia. Immaginate le urla, la paura, la disperazione. Al mattino, una lunga fila di lenzuoli bianchi sulla spiaggia copre quei cadaveri. Adesso è facile immaginarsi il rimpallo delle responsabilità tra Frontex, Ministero dell’Interno, la guardia costiera, la guardia di finanza. Noi possiamo solo sperare che il procuratore di Crotone possa fare chiarezza.

Ma il procuratore non potrà occuparsi delle scelte politiche che hanno condotto a questo massacro. Il nuovo decreto contro le Ong, per esempio, impone norme incredibili che di fatto impediscono il lavoro di salvataggio. Se la notte del 25 una nave ong fosse stata nei paraggi, potete stare sicuri che le cose sarebbero andate molto diversamente. Se nel 2018 nei decreti sicurezza non fosse stato disposto il passaggio della guardia costiera sotto il controllo di fatto del Viminale, i guardia coste avrebbero probabilmente potuto svolgere la loro missione.

E allora bisogna tornare a chiedersi perché sono morte tutte queste persone. Perché dobbiamo ascoltare un ministro dell’interno che impone regole assurde per lo sbarco selettivo dei migranti, impedendo ad alcuni di scendere a terra, qualificandoli come carico residuale? E perché, di fronte alla morte di quasi 70 persone nel mare di Crotone si sente obbligato a criticare la scelta dei migranti di partire per mare, anche se le condizioni non sono buone, mettendo a rischio le loro famiglie? E per giunta insultandoli per avere lasciato il loro paese invece di battersi per il suo miglioramento, citando le parole di Kennedy: «Non chiedete che cosa il vostro Paese può fare per voi, ma che cosa voi potete fare per il vostro Paese». Ma che cosa ha in testa questo ministro? Abbiamo detto che la maggior parte delle vittime a Steccato di Cutro erano afghani. Si ricorda il ministro che cosa è l’Afghanistan oggi? Si dimentica che l’Italia e i Paesi della Nato sono stati in Afghanistan per vent’anni per portare la pace, per poi fuggire ignominiosamente, lasciando il paese ai talebani. Se queste donne, questi uomini, questi bambini sono stati costretti a fuggire da quel Paese, è anche responsabilità nostra. La disperazione spinge a partire, qualsiasi alternativa è preferibile alla vita in Paesi massacrati da dittature, guerre, carestie, cambiamento climatico.

Noi della Rete #Restiamoumani#Incontriamoci non ci faremo imbrogliare dalle parole del governo su questa strage. Non è un mistero che questa maggioranza non ha alcuna simpatia per i migranti, ed anzi li usa per costruire sulla loro pelle le proprie fortune elettorali, indicandoli come la causa di tutti i nostri mali. Per quello che possiamo noi continueremo a batterci perché si sappia la verità, continueremo a batterci a favore dei diritti dei migranti, per la giustizia e la solidarietà.

Rete catanese #Restiamoumani#incontriamoci


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