A Messina, la scuola Pascoli-Crispi ha lanciato il progetto Il nostro museo in classe. I piccoli alunni, su loro richiesta, hanno portato gli oggetti usati dai nonni. E gli anziani sono anche stati invitati a rispondere alle domande. Guarda le foto
La storia in classe si impara con gli oggetti dei nonni Dalla lettera del ’23 al passaporto per i primi emigrati
Un museo tutto loro, realizzato con oggetti che ciascun alunno custodiva in casa. Oggetti appartenuti a bisnonni e trisavoli che hanno voluto condividere con il resto dei compagni di classe dando vita a uno spazio museale all’interno delle aule dove ogni giorno seguono le lezioni. Ecco cosa c’è dietro l’iniziativa Il Nostro Museo in Classe. Un’idea della maestra Letizia Noto e portata avanti dagli alunni della terza C e della terza D della scuola elementare Pascoli–Crispi di Messina.
«Mentre spiegavo loro le fonti, ho compreso che i bambini avevamo voglia di farmi vedere alcuni degli oggetti che custodivano a casa – spiega la maestra – e così li ho coinvolti in questa ricerca. Il risultato è andato oltre ogni aspettativa». Un modo diverso di insegnare che ha coinvolto i piccoli alunni nella ricerca di oggetti del passato alla scoperta delle fonti storiche. A coordinare il lavoro dei piccoli storici anche la maestra Donatella Donato.
Tutti gli alunni da casa hanno portato oggetti di ogni tipo. Dalla lettera all’amata di cento anni fa, all’arricciacapelli in ferro che risale all’800. Dal passaporto usato dai primi immigrati siciliani ai macinapepe, dai cappelli alle borse, per passare dalle macchine da scrivere e finire alle penne con il calamaio.
«Quest’anno, in terza, stiamo studiando la storia in modo più approfondito – raccontano i bambini – Abbiamo imparato che esistono diversi tipi di fonti: le fonti orali, scritte, visive e materiali. Queste fonti sono spesso conservate nei musei. E così abbiamo pensato di realizzarne uno tutto nostro per qualche giorno». Non sono mancate foto e quadri dell’epoca insieme a libri e registri.
Tra gli oggetti c’è una lettera datata 1923 scritta da un innamorato alla sua fidanzata. «Ci siamo commossi nel leggerla – prosegue la docente – perché ci ha permesso di capire come si viveva a quei tempi. Il rispetto e la profondità dei sentimenti». Altri oggetti hanno invece attirato la curiosità dei bambini e dei genitori che hanno visitato il piccolo museo come nel caso dell’arricciacapelli che è l’oggetto più antico tra quelli esposti. «È stato bello vederli coinvolti in un progetto nato direttamente da una loro richiesta – conclude la maestra Noto – abbiamo vissuto quanto avevano studiato. Una lezione che ha preso vita grazie al loro grande entusiasmo».
Per spiegare le fonti orali protagonisti sono diventati i nonni di alcuni alunni che, intervistati in classe, hanno raccontato come vivevano la loro infanzia. «Noi bambini abbiamo fatto le domande e loro ci hanno raccontato come era la scuola ai loro tempi – spiegano entusiasti – entravano a scuola alle 8 del mattino e uscivano alle 13 e avevano una sola insegnante per ogni classe». Increduli sottolineano che «le classi erano formate tutte o da femmine o da maschi e che le insegnanti erano molto severe e punivano i monelli mettendoli dietro la lavagna o dando dei colpetti sulle mani con una bacchetta».
E ancora più incredibile ai loro occhi il fatto che «avevano piccoli quaderni con la copertina nera, un solo libro per tutte le materie e una penna con il pennino che si immergeva nell’inchiostro. Dovevano stare molto attenti a non macchiare il foglio! Nonna Aurora ci ha mostrato una delle penne che usava». Tra le domande più curiose i bambini hanno chiesto come facessero a inviarsi i messaggi e quali giochi usassero i bambini per divertirsi. «Nonno Umberto ci ha risposto che usavano la corda per saltare, che non esistevano i parchi giochi e i bambini giocavano nei cortili».