La storia di un’immigrata tunisina a Catania Najwa: «Nelle nostre vite ci sono tanti inizi»

Da Tunisi a Catania con un permesso di soggiorno provvisorio, qualche bagaglio e una figlia di pochi mesi in braccio. Un viaggio «di necessità, non certo di piacere» quello di Najwa, una donna di 25 anni che per oltre 12 mesi ha abitato in una delle residenze della Caritas diocesana. Fino al ricongiungimento con il marito, costretto anche lui qualche mese dopo la partenza di Najwa a lasciare Tunisi per Genova, per motivi di lavoro. «Ci siamo riuniti da poco. Dopo tutto quello che abbiamo passato vivere sotto lo stesso tetto è ancora più bello», racconta. La donna, infatti, dopo il periodo catanese si trasferisce nel capoluogo ligure. «Ma della Sicilia mi manca tutto, dal dialetto al mercato, dal calore delle persone alla semplicità della vita», sottolinea. I ricordi le sono ancora più cari perché «sono nati da momenti difficili in cui non avevo niente di mio ma – dice – i volontari della Caritas e gli assistenti sociali non hanno fatto mancare nulla né a me né alla mia bambina».

Il percorso di Najwa non è stato semplice. Qualche mese dopo il parto – avvenuto nella città natale -, la donna si imbarca verso l’Italia come tanti altri migranti. In più, rispetto alla maggior parte di loro, ha un visto provvisorio. Una fortuna non di poco conto, che si lega alle motivazioni dietro la partenza dalla capitale tunisina. «Non avevo abbastanza soldi, alla mia famiglia serviva un’alternativa», spiega. Il paese nordafricano, rispetto ad altri del continente più antico, non vive una situazione di guerra e i suoi migranti hanno alle spalle storie di miseria più che tragedie belliche. Almeno nell’immediato. Nonostante tutto, l’arrivo a Catania per la ragazza non è semplice. «Ho avuto un bel periodo di diffidenza, poi ho capito di avere davanti una specie di famiglia. Forse quella che in quel momento viveva troppo lontano da me», commenta. 

I volontari della Caritas accolgono Najwa insieme a un gruppo di assistenti sociali specializzati nel trattamento di donne in difficoltà economica, morale, sociale e con figli a carico. A seguire lei è la dottoressa Valentina Calì. «Le donne vengono aiutate a ricostruire la propria vita, prendendosi cura della casa e dei figli. E spesso socializzano con le altre mamme con cui condividono l’appartamento», spiega Calì. «Spesso le aiutiamo a trovare dentro di sé una forza che non credevano di avere», continua. Un obiettivo che con Najwa risulta pienamente raggiunto. 

«Era molto bello fare la spesa tutte insieme, cucinare mentre si ascoltava la musica o chiacchierando», spiega la 25enne tunisina. Che si lascia andare a qualche paragone tra Tunisi e Catania, e dice: «Quando andavo alla pescheria mi sembrava di essere a casa. C’è un piccolo mercato della mia città natale che somiglia tanto a quello etneo». Da poco più di un mese Najwa vive a Genova, lontano sia dalla kasbah tunisina che dalla pescheria all’ombra del Liotro, ma «nelle nostre vite ci sono sempre tanti inizi», conclude. 


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