La storia di Giuseppe: clochard per 20 anni, ora ha una casa I volontari gli fanno avere la pensione: «Era un suo diritto»

«Adesso non solo ha una casa, ma dentro quelle quattro mura si sente a casa. All’inizio, non è stato così». Ad accompagnare Giovanni (nome di fantasia) nel percorso degli ultimi mesi sono stati i volontari di Arbor, unione per gli invisibili. Dopo più di vent’anni tra le panchine, i marciapiede e i portici di piazza Verga a Catania, avere un’abitazione autonoma in cui cucinare, dormire, guardare la tv seduto sul divano, non era una situazione normale per il 68enne. Una vita fatta di lavoro e famiglia fino a prima dei 50 anni; poi la separazione dalla moglie e la perdita dell’occupazione lo fanno finire per strada «dove, negli anni – spiega a MeridioNews Dario Gulisano, responsabile Politiche abitative della Cgil e tra i promotori di Arbor – è diventato uno dei clochard più conosciuti della città». 

Al netto di brevi periodi trascorsi in qualche struttura convenzionata per accogliere le persone senza fissa dimora, «ormai si era talmente tanto abituato che pensava davvero che piazza Verga fosse casa sua – riferisce Gulisano – Certe sere, però, vedevamo che il suo sguardo era più spento del solito». Anni fa, tra l’altro, Giuseppe ha pure subito una violenta aggressione in piazza Giovanni XXIII, nella zona della stazione centrale, che gli ha causato dei gravi problemi alla vista. «Una sera, guardando i suoi documenti, abbiamo visto che aveva raggiunto l’età pensionabile e, da quel momento, ci siamo impegnati per fare in modo che ottenesse quella indipendenza economica che gli spettava di diritto». Dopo interminabili file alla Posta e all’Inps i volontari riescono a sbloccare una situazione che, in effetti, era già stata avviata un anno prima. Salvo poi restare impantanata nella burocrazia della documentazione. «Addirittura – racconta – una parte della pensione gli era già stata erogata, pare senza che lui lo sapesse, e poi gli era stata revocata».

Risolta la trafila degli impedimenti burocratici, «abbiamo anche dovuto capire dove fare arrivare la carta». Ovvero, il problema della residenza di chi non ha una casa. Per Giuseppe, sui documenti era rimasta in una struttura dove aveva vissuto per un breve periodo, prima che scadesse la convenzione con il Comune di Catania. Alla fine, i soldi sono arrivati – con tanto di arretrati – e della vita di Giuseppe è tornato a fare parte anche uno dei suoi fratelli. Un passo dopo l’altro. «Le prime notte le ha passate in un bed and breakfast – racconta Gulisano – Adesso paga regolarmente un affitto e si sente a proprio agio in casa sua. Ma anche trovarla non è stato facile: non tutti sono disposti a concedere un immobile a una persona che ha vissuto gli ultimi vent’anni da clochard». Adesso Giuseppe comincia a muoversi nel suo nuovo quartiere «e, da credente, ha preso i primi contatti con le parrocchie della zona. Gli piace anche molto – aggiunge Gulisano – prendersi cura della casa che tiene pulita e in ordine». I volontari vanno a trovarlo almeno una volta a settimana e gli portano ancora vestiti e qualcosa da cucinare. «L’ultima volta, gli abbiamo chiesto che regalo volesse per la sua nuova casa e lui ci ha risposto: “Non lo vedete che ho già tutto?“».


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