La stagione del nostro malessere

Se la “virtuosità” non premia
Pagheremo il prezzo della “virtuosità economica”. E lo pagheremo caro.
Quello catanese è un ateneo col bilancio in regola. La nostra università ha rispettato il vincolo del 90% sul FFO delle spese fisse per il personale di ruolo e non corre il rischio di essere esclusa dalla ripartizione dei fondi “per merito”. Nonostante ciò, con gli attuali parametri, l’università di Catania è penalizzata riguardo alla qualità dell’offerta formativa e alla qualità della ricerca scientifica, la distribuzione delle risorse su base meritocratica non ci premia.
Per quanto il governo abbia promesso di rivedere i tagli, il duo Gelmini-Tremonti non ha rinunziato a “fare cassa” per il bilancio dello Stato a spese dei bilanci delle università. La restituzione annunciata dalla Gelmini sarà pari solo alla metà dei fondi sottratti. Si può prevedere che l’università di Catania riceverà circa dieci milioni in meno. Su chi graveranno le “economie”?

Quanti siamo? Quanti saremo?
C’è una sola prospettiva dalla quale guardare a quello che sta succedendo: la drastica riduzione degli accessi all’università. Quanti siamo? Quanti saremo? Lo scorso 26 ottobre il rettore ha diramato i dati ufficiosi sull’andamento delle iscrizioni. Il Siculorum Gymnasium accoglierà quest’anno, nei corsi di laurea di ogni ordine e grado, 11.645 matricole, quasi lo stesso numero degli immatricolati dell’anno scorso.
Contemporaneamente però, da parte della commissione didattica d’ateneo, s’è fatta conoscere la previsione di massima dell’offerta formativa programmata per il 2010-2011, annus terribilis et horribilis in cui tutti gli atenei statali dovranno allinearsi al D.M. 270/2004. Si tratta di una stima che è ancora molto variabile e che dovrà essere adattata alle più recenti disposizioni ministeriali.
I dati tuttavia parlano chiaro: l’università di Catania dispone di 1.603 docenti di ruolo, variamente distribuiti per facoltà e settori scientifico-disciplinari (il blocco più consistente, 388 docenti, rimane concentrato a Medicina). I docenti di ruolo dovrebbero “bastare” per accogliere all’incirca 8.800 matricole. Saremo quasi tremila in meno. E’ vero?

Legittimi dubbi sulla qualità dell’offerta didattica
I nuovi vincoli ministeriali non graveranno solo sul numero d’iscritti. Se non sulla qualità, essi incideranno sulla varietà dell’offerta didattica. Non si potrà infatti oltrepassare il 20% delle docenze a contratto in tutto l’ateneo.
Quali insegnamenti verranno soppressi? Come verrà distribuita la drastica riduzione per aree e per facoltà? Quali corsi di laurea dovranno chiudere? Che misure adotterà l’ateneo per sostenere i precari della ricerca garantendo il ricambio della docenza nei prossimi anni? Si vorrà continuare a risparmiare con docenze a contratto a titolo gratuito?

Nulla può garantire che alla riduzione del numero di iscritti corrisponderà un miglioramento della didattica. D’altra parte che garanzie ci sono affinché l’accesso per numero chiuso, gestito attraverso i soliti test, non si trasformi nella più incasinata delle lotterie?

Sedi decentrate di unict o “quarto polo”
Rettore e senato continuano ad arrovellarsi per definire la sorte dei corsi di laurea nelle sedi decentrate. Alcune facoltà – Architettura e Lingue in primo luogo – risentono enormemente dello stato di incertezza determinato dai continui ondeggiamenti dei consorzi universitari e dal piccolo cabotaggio delle forze politiche locali. Alle quali si pone una drastica scelta, da compiere in tempi rapidi. Dovranno decidere se investire sulla presenza dell’università di Catania, garantendo stabilità e puntando sulla qualità più che sulla quantità dei corsi di laurea da ospitare. Mentre la via alternativa è quella del “quarto polo universitario”, che dovrebbe essere costituito mettendo assieme Enna, Siracusa e Ragusa. Considerando la restrizione delle matricole ammesse all’università di Catania, i clienti non dovrebbero mancare.

Costruire una nuova università, per di più “spalmata” sul territorio, non sarà impresa facile. Ma che tipo di università si vuole costruire? Per i futuri studenti dell’eventuale “quarto polo” non è confortante che il nuovo possa nascere partendo da una svalutazione dell’esperienza didattica delle attuali sedi decentrate ed all’insegna di una polemica contro l’Università di Catania che punta a nascondere le inadempienze e gli errori degli amministratori dei consorzi. Se l’attività dei docenti dell’Università di Catania nelle sedi decentrate è stata inganno o “rapina”, se le somme ad essa pagate (o ancora da saldare) non erano dovute perché ad esse non corrispondeva attività alcuna,se l’attività realizzata ad Enna vale soltanto 100.000 euro, sulla base di quale miracolo è stato possibile laureare, tra il 2002 e il 2008, circa 1.500 studenti a Enna, 1.000 a Siracusa e 1.100 a Ragusa? Ed è opportuno precisare che si tratta di laureati che non hanno usufruito di sconti per premiare “l’esperienza professionale”, anche pari a due terzi dei crediti necessari, com’è avvenuto in varie università, tra cui la Kore.
 
I termini della lunga discussione tra l’ateneo e i consorzi non ci sembrano seri. Per quanto tempo dovrà durare? Ed è possibile lasciar affogare alcune delle nostre facoltà “in mezzo al guado”?
 
Modello Kore: il prodigio dei pochi professori e molti studenti
Nessuno si sogna di far conoscere quanto ha scritto il Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario nel mese di luglio 2008: “Verifica dei risultati conseguiti dalla Libera Università della Sicilia centrale Kore di Enna al termine dei primi tre anni di attività” (Doc. 5/08). “L’aspetto che presenta maggiore criticità – scriveva il Comitato di valutazione – è quello relativo alla carenza dei requisiti necessari di docenza che si discostano notevolmente da quelli richiesti. Al riguardo, pur riconoscendo gli sforzi sinora messi in atto, si raccomanda il massimo impegno da parte dell’Ateneo ed una specifica attenzione da parte del Nucleo di Valutazione in considerazione del fatto che il raggiungimento dei suddetti requisiti necessari deve avvenire entro tre anni dall’attivazione dei corsi di laurea triennali ed entro due anni dall’attivazione dei corsi di laurea specialistici, per evitare la disattivazione dei corsi fuori requisiti. Entro il 2010 va prevista l’applicazione di quanto disposto dal DM 270/07 per la trasformazione dei corsi con la maggiorazione del numero minimo previsto per la docenza”.
 
A tutt’oggi, i ruoli di docenza dell’Università Kore presentano appena una cinquantina di docenti di ruolo. Per quante delle valutazioni comparative per professori e ricercatori, già bandite dalla Kore, sono state attivate le procedure per la nomina delle commissioni esaminatrici, nominando il membro interno? Con Nota 91/2009 del Ministro per l’Università, alle università non statali è stato concesso più tempo per adeguarsi ai requisiti necessari della 270 ed è stata ampliata la nozione da adottare per il calcolo dei requisiti necessari di docenza.
 
Ciò consentirà, ancora per qualche anno, di attivare un discreto numero di corsi di laurea. Il modello dell’università non statale consente inoltre di finanziarsi maggiormente con le tasse degli studenti. Fino a che punto potrà sostenersi il prodigio di questa didattica light? L’università di Catania può tollerare che si determini una “concorrenza” all’insegna della dequalificazione?
 
E c’era una volta il diritto allo studio…
Mentre l’Ersu continua a chiudere mense e case dello studente, cosa si intende fare per garantire alloggi per i fuorisede ed adeguati servizi per tutti? Quanti saranno gli studenti costretti a rassegnarsi all’università non statale purché “sotto casa”? Chi sceglierà partendo dalla propria predisposizione per un corso di laurea o in base al chilometraggio?

Sono queste le domande a cui rispondere se non vogliamo che “centralità dello studente” sia il solito slogan per i discorsi inaugurali dell’anno accademico. Rettore e presidi, per favore, impegnatevi a non pronunciarlo.


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