La stagione dei Florio. E un intero arcipelago cambiò padrone.

LA PARABOLA DEI FLORIO ATTRAVERSO LA STORIA DELL’ACQUISTO DELLE ISOLE EGADI CENTRO NEVRALGICO DELLA PESCA E DEL CONFEZIONAMENTO INDUSTRIALE DEL TONNO

di Rosario Lentini

La storia della più famosa e importante famiglia di negozianti-banchieri e imprenditori borghesi che la Sicilia abbia avuto in tutto l’800, si è svolta e consumata nell’arco di quattro generazioni; la prima, quella dei fratelli Paolo e Ignazio Florio mercanti di droghe, giunti a fine ‘700 da Bagnara Calabra; la seconda, caratterizzata dalla figura di Vincenzo, figlio di Paolo, primo vero capitano d’industria, di mentalità moderna, che sviluppò intensamente,
per 40 anni, attività commerciali, finanziarie, protoindustriali e soprattutto armatoriali; la terza fu quella del figlio Ignazio, senatore del Regno come il padre, che guidò energicamente la Casa dal 1868 al 1891, anno della sua morte.

L’ultima generazione, come per le origini, fu ancora di due fratelli, Ignazio jr. e Vincenzo jr., figli di Ignazio,con la sostanziale differenza che, per loro, nonostante le apparenze, la parabola segnò un percorso solo discendente.
Sin dai primi decenni dell’800, i Florio si occuparono di pesca del tonno e di gestione delle tonnare, dapprima, impiegando capitali in società con altri in quelle della costa palermitana (Vergine Maria, Arenella, Isola delle Femmine) e, successivamente, da soli, prendendo a gabella dal 1841 le tonnare di Formica e di Favignana.
Il vero salto di qualità venne, però, compiuto solo dopo la decisione di Ignazio Florio di acquistare le Egadi, pur nella consapevolezza dei rischi che il considerevole investimento comportava. Ma erano ancora anni di grande crescita per la quasi totalità delle imprese del gruppo, soprattutto della Navigazione Florio. Gli anni Settanta di quel secolo furono l’ultimo decennio realmente positivo per la Casa cui non mancavano né la capacità di autofinanziare le proprie iniziative, né i sussidi dello Stato per i servizi marittimi. Così, dopo appena cinque anni dalla morte del padre,
Ignazio Florio portò a compimento la prima grande operazione della sua gestione stipulando, il 7 marzo 1874, l’atto
di acquisto delle isole Egadi e delle relative tonnare, al prezzo di 2 milioni e 750 mila lire. Formava oggetto della compravendita «da potere» dei marchesi Giuseppe Carlo Rusconi e dal fratello Francesco – per una metà – e dalla marchesa Teresa Pallavicini, moglie del marchese Marcello Durazzo – per la restante metà – quanto appresso:
«1°. Le isole di Favignana – Levanzo – e Marettimo – Formiche e loro tonnare e mari, coi titoli di nobiltà e relativi
dritti di farsene investire. I mari denominati di San Vittore, Delli Porci, Nubia e Raisgerbi, coi relativi privilegiati dritti di privativa, esistenti nella Provincia e mari di Trapani, tali quali furono dalla Real Corte venduti e trasferiti coll’atto del Sedici Dicembre milleseicentotrentasette, e con altri atti […].
2°. Le case, casine, magazzini, giardini, flore, fabbriche, pozzi, cisterne, ed acque esistenti nelle isole anzidette e
nella città di Trapani inservienti alla abitazione di essi pro prietari e persone di loro dipendenza ed all’uso delle tonnare,
compresi tutti i mobili che esistono dentro tutti i casamenti di spettanza dei comparenti Rusconi e Pallavicini
Durazzo […].
3°. Tutto il materiale che costituisce il corpo delle tonnare di Formica e Favignana e loro apparato sì di mare che di
terra inerente al servizio delle stesse, cioè barche – barcaccie – ancore – cordaggi – sarziame – reti – sugheri, e quanto altro alle dette tonnare si appartiene […].
4°. I canoni enfiteutici appartenenti ai venditori sì e come possono loro spettare e spettano, i quali canoni […] si
indicano della complessiva somma di Lire Diecimilauna, e centesimi cinquantotto […].
5°. Tutte le terre libere o coltivate nelle dette isole, di cui non si trova fatta dalla proprietà alcuna concessione perpetua».

Il pagamento della ingente somma venne modulato in quattro annualità, sino al 30 novembre 1877. Le fasi della non facile trattativa e tutti i passaggi antecedenti l’acquisto delle Egadi da parte di Florio, purtroppo,non sono noti per mancanza di documentazione; vi è però un antefatto che merita di essere ricordato, perché emblematico del forte interesse che le tonnare di Favignana e di Formica continuavano a suscitare, nella seconda metà dell’800, tra gli imprenditori italiani del settore, soprattutto genovesi. Ci si riferisce, in particolare, a Pasquale Pastorino ed Eugenio Pretto; il primo aveva acquistato nel 1869 la tonnara di Porto Scuso, in provincia di Cagliari e i figli Carlo e Giacomo, oltre a mantenerla, divennero titolari di uno stabilimento di lavorazione e conservazione, sempre in Sardegna,a Punta di Carloforte. Nel 1872 con altri genovesi,


Pastorino costituì una società per esercitare la tonnara di Santa Caterina di Pittinuri. Pretto, invece, «negoziante e
proprietario» era nativo di Cornedo, in provincia di Vicenza, ma da tempo svolgeva a Genova la sua attività dove aveva
stabilito la sede principale della sua ditta, con filiale a Chioggia.
Nel 1872, in società con i genovesi Pietro Delfino (per 13/20)e Santo Lagorio (per 2/20), divenne comproprietario
(per 5/20) ed esercente della Tonnara delle Saline, situata nel grande golfo dell’Asinara acquistata dal conte Giacomo
Vivaldi Pasqua per 465 mila lire. La vicenda favignanese di Pretto ebbe inizio il 27 apriledel 1873, con l’acquisto di «un pezzetto di terreno per uso di fabbricato sito in questo abitato nello spiazzo San Leonardo,
[…] al prezzo di 500 lire».
Ad agosto del 1875 Ignazio Florio, ormai proprietario delle Egadi, concedeva ad Eugenio Pretto, sempre in contrada
S. Leonardo, 1720 metri quadrati di terreno attigui all’area acquistata dallo stesso che nel frattempo era già stata
«cinta di mura e coverta in parte di fabricati». In forza del contratto stipulato con Florio, il Pretto era tenuto a «migliorare ed accrescere i fabricati esistenti» e, infatti, nei primi mesi del 1876, lo stabilimento poteva considerarsi completato.
Non sono ancora note le ragioni che indussero Pretto, quattro anni dopo, a sospendere l’attività; è certo, però, che
a febbraio del 1880, egli vendette lo stabilimento a Ignazio Florio e cioè «una fabbrica qui in Favignana destinata una
volta alla confezione delle sardelle, confinante da Tramontana col mare, da Levante e Mezzogiorno colle strade e da
ponente colla spiaggia del mare e propriamente sito nel piano così detto San Leonardo», al prezzo di 15000 lire.
Si potrebbe pensare, semmai, che Eugenio Pretto attendesse il 1877, data di scadenza del contratto con l’esercente Drago, per valutare la possibilità di prendere in gestione le due tonnare, magari in società con Pastorino e altri genovesi e che, non andato in porto il tentativo, sia rimasto quando l’attività intrapresa, di confezionamento delle sardelle, avrebbe reso.
La fabbrica di Pretto, acquisita al patrimonio di Casa Florio,fu riutilizzata sia come alloggi del personale del palazzo
del senatore, sia negli anni Novanta, come “Cucina economica”, quando si rese impellente sfamare i numerosi indigenti
di Favignana. Subì, probabilmente, altri interventi di ristrutturazione ancora a fine secolo e venne collegata con un passaggio sotterraneo al palazzo dei Florio.


La vicenda Pastorino-Pretto, che si lega in qualche modo alla conclusione della gestione delle due tonnare da parte del
gabelloto genovese Drago, va letta non solo guardando dall’osservatorio dell’isola, la cui economia stava segnando modesti
passi in avanti ma, in special modo, dai centri nevralgici dell’economia continentale nei quali si stavano gettando
le basi della prima industrializzazione del Paese. Si andava manifestando in quegli anni un riposizionamento “culturale”,
prima ancora che affaristico-finanziario, degli imprenditori nazionali che, subito dopo l’unificazione, compresero le grandi
opportunità offerte dall’ampliamento del mercato e quelli genovesi non avevano smesso di considerare la Sicilia un
luogo privilegiato per concludere operazioni imprenditoriali o finanziarie, come accadeva da secoli.
Per Favignana, la presenza di Pretto, pur se per breve periodo, portò alla creazione di un secondo impianto di lavorazione e di conservazione ittica, oltre a quello che Giulio Drago aveva realizzato da qualche anno in un sito diverso dell’isola e sul quale, poi, si sarebbe innestata e sarebbe proseguita l’iniziativa industriale di Ignazio Florio.
Il primo nucleo dello Stabilimento venne costruito, infatti, sul versante opposto a quello dove si trovava l’antico complesso, per scelta del gabelloto Giulio Drago che dal 1860 prese in esercizio le due tonnare, dopo la rinuncia a
proseguire da parte di Vincenzo Florio. Lo stesso imprenditore genovese, nel 1870, in una breve relazione approntata in occasione di un’indagine ministeriale sulla pesca in Italia, precisava – scrivendo in forma impersonale – che
«l’appaltatore ha eretto apposito stabilimento pella confezione Tonni alla distanza di circa mezzo chilometro dal paese
a gran vantaggio della popolazione». L’istanza a poterdisporre dell’area necessaria venne presentata al Consiglio
comunale nel 1862 e posta in discussione nella seduta del 14 maggio di quell’anno come «petizione dell’appaltatore di
queste tonnare, Don Giulio Drago, circa un fabbricato che costruire intende nel sito Calaccioni».

tratto dal libro “La Rivoluzione di latta”  Torri del Vento Edizioni


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