Confusione e amarezza tra i partecipanti ai test d'ammissione ai corsi di laurea triennale e magistrale di Catania, unico ateneo ad aver introdotto l'accesso programmato a tappeto. Tra i motivi di maggiore scontento, i metodi di selezione e linutilità delle prove in alcune facoltà dove il numero di posti era superiore a quello dei candidati
La solitudine dei numeri chiusi
Con l’inizio di settembre è arrivato il tempo dei test d’ingresso. Come ogni anno, un gran numero di neodiplomati si è confrontato con la prova che, se superata, permette di frequentare il corso di laurea che si è scelto. A Catania si è deciso di seguire alla lettera le direttive della nuova riforma Gelmini, con l’estensione del cosiddetto numero chiuso a tutte le facoltà. Da agraria a scienze politiche sono quattordici in tutto le prove d’accesso che hanno coinvolto più di dodicimila aspiranti matricole.
Questa nuova modalità d’ingresso ha coinvolto tutti gli studenti decisi ad immatricolarsi a Catania, compresi coloro che, dopo la triennale, hanno scelto di conseguire la laurea magistrale. Una modalità inaspettata che ha provocato il malcontento di molti che denunciano di vedere così limitato il proprio diritto allo studio.
Ma questo non è l’unico motivo di scontento; alcuni studenti della Facoltà di Lettere e Filosofia, per esempio, fanno notare che per queste prove non siano state pubblicate delle simulazioni online, e che gli organi di competenza siano stati vaghi nel descrivere i metodi di selezione. «Sono rimasta perplessa quando ho saputo che per entrare alla magistrale bisognasse superare una prova orale, che, a differenza di una prova scritta, corre il rischio di essere valutata con meno oggettività», dice Paola, studentessa da poco entrata a filologia moderna.
E’ interessante rilevare come per questi test per le magistrali di Lettere e Filosofia il numero dei partecipanti fosse al di sotto della soglia dei posti disponibili (il massimo si è toccato proprio in filologia moderna, dove le domande per effettuare la prova sono state novantacinque su cento posti disponibili), e che siano stati fatti comunque gli orali.
Altra conseguenza di questi test a tappeto è che lo scorrimento, rispetto agli anni passati, ha assunto dimensioni considerevoli, a causa della massa di candidati che ha tentato anche cinque, sei test contemporaneamente, pur di entrare almeno in una facoltà. Serena, appena entrata a Matematica, fa notare che grazie al massiccio numero di rinunce, in molti test delle prove della facoltà di Scienze Naturali Fisiche e Matematiche, alcuni aspiranti studenti sono passati con punteggi bassissimi. Addirittura per il corso di laurea in Chimica Industriale c’è chi è passato totalizzando un punteggio pari a zero. «Se avessi lasciato il foglio in bianco forse, paradossalmente, sarei entrata lo stesso», aggiunge la neo-matricola, che evidenzia come la preparazione a prove del genere abbia comportato per molti un notevole dispendio di denaro e tempo.
Il malcontento corre anche sul web. Nei forum studenteschi le critiche continuano. Si parla di persone fatte entrare nelle aule dei test, nonostante evidenti ritardi, come dice un utente di “università.com” che ha provato professioni sanitarie. Un altro studente che ha tentato Scienze delle Pubbliche Amministrazioni, sul forum studentesco “votailprof.it“, critica il fatto che laureati di triennale siano costretti a fare un test a numero chiuso per entrare nella magistrale, rischiando così di non passare, vedendosi bloccato (o ritardato di un anno) il proprio cammino.
Se da tempo dai piani alti dell’università italiana si parla del numero chiuso come di un sistema “meritocratico”, sembra invece che gli studenti ne siano sempre meno convinti.