La signora Cantantessa

Nell’ auditorium dell’ex Monastero dei benedettini è tutto pronto.
Le chitarre, i microfoni, e tantissimi ragazzi aspettano il suo arrivo, l’arrivo della Cantantessa. L’incontro organizzato dalla facoltà di Lettere e Filosofia e coordinato dalla Prof.ssa Elvira Seminara ha permesso a fans e non di conoscere e incontrare un’icona della musica italiana, Carmen Consoli. Si è discusso di musica, politica, letteratura ma soprattutto di Mediterraneo e di origini. Si è cercato di guardare con un occhio obbiettivo alla società partendo dalla propria terra. Terra a cui la cantautrice catanese è molto legata, da cui prende ispirazione per i personaggi protagonisti delle sue canzoni. Le origini, dunque, il punto di partenza di questo incontro.Alla domanda quale sia il valore delle radici Carmen Consoli risponde che dopo aver viaggiato per molti paesi, Etiopia, Francia, Gran Bretagna, tornare a casa è un’urgenza, una necessità. Tornare ai suoni della propria terra. Nel mondo di oggi dove tutto assume un accento anglofono, dove tutti si vestono alla stessa maniera, è vitale ritornare a scoprire le proprie radici. Imbracciare il mandolino, trasmettere il sapore di pistacchio.

Dalle radici di questa terra, fatta di lava, sole e mare nasce il suo personaggio “Signor Tentenna”. Un uomo qualunque, che fa un lavoro qualunque. Ma ha vergogna della sua esistenza, così la cambia, la modifica facendole assumere un aspetto falasamente importane agli occhi della gente. Il “Signor Tentenna” è un uomo che non decide, tradisce la fedeltà della moglie e degli amici, il suo cane elemosina un cenno d’affetto e lo aspetta. Lui non vive una propria esistenza ma vive di luce riflessa. Dal “Signor Tentenna” si passa a “Pippa la pazza” figura triste ripescata dalle memorie del padre, per poi giungere al pettegolezzo imburrato, infornato e mangiato dal chiacchiericcio del paese di “Maria Catena”. I personaggi delle sue canzoni lasciano il posto alla memoria di quegli eroi che hanno lottato e sacrificato la propria vita per la libertà collettiva. Si parla di Peppino Impastato la poesia scritta dallo stesso e che Carmen reciterò durante lo spettacolo del suo concerto. I cantautori di oggi – afferma l’artista – hanno deciso di assumersi un compito, cercare di risvegliare le coscienze assopite e non dimenticare, il ricordo è fondamentale.” Solo attraverso la conoscenza si può pensare di abbattere quel muro di indifferenza che purtroppo circonda la nostra vita. Lo splendore delle notizie patinate, oggi, hanno preso il posto della cronaca, delle notizie che porterebbero alla conoscenza.

Le domande si snodano e giunge l’epilogo tanto atteso da tutti, il miniconcerto acustico. “Maria Catena”, “Signor Tentenna”, “Stranezza d’amuri”, “Contessa Miseria” “Venere” e l’auditorium comincia a cantare. Parte l’assalto dei fans, autografi e qualcuno timidamente sussurra “Carmen ti amo”. La cantantessa conclude così l’incontro e ci concede un’intervista amichevole.

Carmen, il tuo tour chiamato “Dal Simeto al Tamigi” costeggerà le sponde dei fiumi italiani più importanti fino ad arrivare al Tamigi. Un tour che si sposterà in autobus. Puoi raccontarci un po’ il perché di questa scelta?
Il fiume è simbolo di vità, l’acqua è simbolo di vita. Dove c’è un letto di fiume sono nate le città. Il fiume è un po’ il simbolo dell’incontro. Nel fiume si gettano le acque di altri fiumi. E’ un miscuglio di pensieri, civiltà e sapori. La scelta di muoverci su un pulmino è po’ un ritorno al fare musica come si faceva un tempo e come io ho iniziato. Fare musica significa anche questo, stare insieme, condividere non solo il momento del concerto sul palco ma anche quello del viaggio. Stiamo tutti insieme io, Massimo, i Lautari

Nel tuo ultimo disco hai abbandonato un po’ le sonorità rock che ti hanno fatto conoscere per abbracciare delle sonorità più folk, gitane. E’ una scelta momentanea, un momento di sperimentazione o una nuova via da percorrere?
Non so dove mi porterà la musica. Fare rock sarebbe andare sul sicuro. Oggi il rock è fatto da tutti. Tutti fanno rock. Oggi fanno rock Avril Lavigne e altri. I produttori di musica pop non chiedono più i violini ma chiedono le chitarre distorte. Bruce Springsteen ha fatto un disco completamente acustico, Curt Kobain se fosse vivo oggi farebbe musica acustica. Il muro del rock è ormai superato a livello internazionale. Bisogna andare alla natura delle cose. Capire qual è il contenuto di una cosa al di là del “vestito”. Questa è la nuova frontiera del rock secondo me.

Oggi del panorama musicale internazionale cosa ascolti, cosa preferisci?
Io ascolto sempre un po’ di tutto anche il rock, non mi privo di ascoltare la musica degli altri purchè sia sincera. Chi fa rock, per esempio, deve farlo perché lo sente e non perché è richiesto dal mercato. Mi piace tutto ciò che è guidato veramenteda un sentire forte. Per me fare musica deve essere una necessità. La necessità di comunicare. Se non si ha niente da comunicare è meglio non fare niente. Mi piace la musica purchè sia sincera.

Abbiamo avuto il piacere di conoscere e scambiare quattro chiacchiere con Agata Lo Certo al debutto con il suo primo disco come dice lei “da professionista”. Questo disco è stato prodotto dalla tua casa discografica l a”Due parole Srl”, etichetta che ha dato grande voce anche al gruppo dei Lautari. Cosa ci riserverà nel futuro la tua etichetta discografica?
Noi catanesi abbiamo questa cosa “Cu arriva prima s’aiuta, aiutamuni tutti”. Forse io sono arrivata prima nel panorama musicale nazionale e m’aiutai. Mi sono aperta l’etichetta discografica e adesso tutti quanti ne facciamo parte. Non c’è una gerararchia, un livello, siamo tutti insieme sempre. Agata mi da tanti consigli su come cantare, utilizzare la voce. Lavoriamo tutti insieme. Che sia uscita dopo è solo un caso, poteva accadere il contrario trovarmi io al posto suo. Sono contenta e onorata di lavorare insieme a loro tutti facciamo parte di questa piccola realtà catanese.


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