La Sicilia come la Grecia? A rischio oltre 50 mila precari

CON UN ‘BUCO’ DI 3 MILIARDI DI EURO LA REGIONE HA POCO DA FARE. MENTRE I COMUNI SICILIANI SONO ORMAI AL LIMITE DELLA SOPPORTAZIONE FINANZIARIA. INTANTO SI SONO ‘SVEGLIATE’ CGIL, CISL E UIL…

Uno scenario greco per la Sicilia, con licenziamenti di migliaia di precari della Pubblica amministrazione? L’ipotesi non sembra campata in aria. Anzi. 

In Grecia, qualche anno fa, per volere della Troika sono stati licenziati migliaia di dipendenti pubblici. Il Paese era indebitato. E chi gestisce l’Unione europea ha deciso che l’unico modo per ridurre l’indebitamento di questo Paese era il licenziamento di massa di migliaia di dipendenti pubblici. E così è stato. Con effetti sociali devastanti.

La stessa cosa potrebbe succedere in Sicilia non nei prossimi anni, ma nei prossimi mesi. La Regione siciliana è indebitata. Il ‘buco’ è di circa 3 miliardi di euro. E a poco serve sottolineare che questo deficit è dovuto al fatto che lo Stato, negli ultimi due anni, ha strappato dal Bilancio regionale oltre 2 miliardi di euro.

A Roma, unilateralmente, hanno deciso di prendersi dalle entrare della Regione almeno un miliardo all’anno. Forse, se a questo miliardo aggiungiamo altre somme non corrisposte alla Sicilia (e in questo il professore Massimo Costa ha scritto sul nostro giornale articoli illuminanti che vi invitiamo a rileggere o a leggere se ancora non l’avete fatto), i fondi che il Governo nazionale toglie ogni anno alla Sicilia sono di più.

In questa fase, quello che ci preme far sapere ai nostri lettori – e possibilmente ai siciliani – è che per potere fare entrare a regime il prelievo fisso di un miliardo dalle ‘casse’ regionali, deve contestualmente entrare a ‘regime’ una riduzione delle spese della Regione pari alla stessa cifra, cioè a circa un miliardo di euro.

Da qui la probabile manovra sul precariato siciliano, a tutti i livelli che, di fatto, è già in atto (basti pensare ai problemi della Gesip di Palermo). Cos’è che ci fa pensare a un simile scenario?

In primo luogo, il già citato ‘buco’ di 3 miliardi di euro della Regione. Se lo Stato ha contribuito per oltre il 60 per cento a provocarlo, perché mai dovrebbe aiutare la Sicilia? E infatti non ci aiuterà.

L’eventuale piano finanziario di rientro che il nuovo assessore regionale all’Economia (che peraltro è inviato da Roma) metterà a punto, partirà dall’assunto che il prelievo di un miliardo l’anno dalle ‘casse’ regionali non venga messo in discussione. E così sarà, perché Roma deve pagare gli accordi demenziali per restare nell’Unione europea.

Un secondo elemento che ci fa pensare a uno scenario greco sono le dichiarazioni rese una ventina di giorni fa al nostro giornale da Paolo Amenta, vice presidente di ANCI Sicilia.

Amenta ha spiegato che, quest’anno, la Regione non ha corrisposto ai Comuni la parte di fondi per pagare i circa 24-25 mila precari dei Comuni. E ha aggiunto che molti Comuni, da gennaio ad oggi, hanno pagato i precari con onerose scoperture di tesoreria, ovvero indebitandosi con il sistema bancario.

Per i Comuni siciliani – che già tassano ai massimi livelli i cittadini – lo scenario è complicato, perché, in tantissimi casi, presentano problemi finanziari gravi. Provocati, ad esempio, da una folle gestione dei rifiuti che il Governo regionale di Rosario Crocetta negli ultimi due anni ha ulteriormente aggravato.

Non siamo noi a dirlo: l’ha detto la scorsa settimana il presidente di ANCI Sicilia e Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Che ha sottolineato il costo oneroso delle discariche (perché sul fronte dei rifiuti, la Sicilia di Rosario Crocetta, al di là delle chiacchiere su legalità e antimafia, è fatta di discariche).

Insomma, i Comuni siciliani sono già indebitati. E debbono fronteggiare la riduzione dei trasferimenti dello Stato e della Regione.

Non è solo un problema siciliano. In queste ore il presidente nazionale dell’ANCI, il Sindaco di Torino Piero Fassino, ha fatto sapere che con i tagli disposti dal Governo Renzi i Comuni italiani non potranno più assicurare una parte dei servizi, in alcuni casi essenziali.

Di fatto – altro elemento che andrebbe sottolineato con forza – il Governo Renzi, ancora una volta, sta prendendo in giro gl’italiani: annuncia sgravi fiscali per 18 miliardi di euro, ma i soldi, di fatto, non se li fa dare dalla signora Merkel e dall’Europa, ma li vuole prendere dalle tasche dei cittadini del nostro Paese riducendo i trasferimenti a Regioni e Comuni. Questi ultimi, infatti, non potranno che tassare i cittadini.

Per la Sicilia i ‘giochi di prestigio’ sulla finanza locale del Governo Renzi avranno effetti ancora più drammatici. Perché lo stesso esecutivo nazionale, come già accennato all’inizio, ha deciso di scippare dal Bilancio della Regione siciliana un miliardo di euro all’anno.

In conclusione, i Comuni siciliani – e lo stanno vedendo quest’anno – si potranno dimenticare i trasferimenti della Regione.

Un terzo elemento che ci fa pensare a un’imminente manovra sul precariato siciliano è lo sciopero dei precari degli enti locali promosso ieri in tutta la Sicilia da Cgil, Cisl e Uil.

Anche in questo caso paghiamo il prezzo di una presa in giro del Governo Letta-Alfano. Ricordate l’allora Ministro della Pubblica amministrazione, il siciliano Giampiero D’Alia, che annunciava una legge per la stabilizzazione dei precari?

Il nostro giornale ha denunciato subito il raggiro. Perché approvare una legge per la stabilizzazione dei precari dei Comuni senza mettere i soldi per pagarli, lasciando tutto nell’ambiguità, è una presa in giro.

Infatti, alcuni mesi dopo, si è detto che i Comuni siciliano potevano stabilizzare il personale, ma avrebbe pagato la Regione. Che non ha soldi. Quindi avrebbero pagato i Comuni. Che non hanno soldi.

E’ stata, per l’appunto, una presa in giro. Avallata da quelle organizzazioni sindacali, che conoscevano il finale di questa farsa già ai tempi del Governo Letta-Alfano, che hanno fatto finta di nulla e che, ieri, hanno portato in piazza i precari dei Comuni raggirati con questa sceneggiata.

La scorrettezza del Governo nazionale di Renzi verso i precari siciliani è doppia. Di fatto è Roma che sta creando i presupposti della stretta sui precari siciliani, togliendo risorse finanziarie alla Regione.

Vedrete che, tra qualche settimana, cominceranno a dire che in Sicilia ci sono troppi precari e vanno ridotti. Come hanno fatto in Grecia, dove il licenziamento di migliaia di dipendenti pubblici è stato preceduto da una campagna di stampa dove si sosteneva che c’erano state troppe assunzioni.

Peccato che tutti i precari siciliani sono passati dal vaglio di Roma. Tutte le leggi regionali che hanno creato il precariato, nel corso degli anni, non sono state impugnate dall’Ufficio del Commissario dello Stato. E alcune leggi sul precariato sono addirittura nazionali: basti pensare ai già citati Lsu.

In questo scenario non rischiano di saltare solo i precari dei Comuni, ma tutti i precari della Pubblica amministrazione fino ad arrivare ad un risparmio di circa un miliardo di euro all’anno.

A rischio, a nostro modesto avviso, oltre ai 24-25 mila precari dei Comuni ci sono gli ex Lsu, i precari Asu, i precari delle Province regionali commissariate, i precari degli enti regionali e, in generale, i precari che operano alla Regione, i precari dei Consorzi di bonifica e i dipendenti degli ex Ato rifiuti.

Non abbiamo il conto preciso di questo precariato. Ma secondo i nostri calcoli sommari andiamo ben oltre le 50 mila unità.

In queste ore abbiamo registrato polemiche sull’assessore all’Economia del nuovo Governo Crocetta, Alessandro Baccei, inviato da Roma. Tutti abbiamo scritto che sarebbe stato imposto dal Governo nazionale.

Ma alla luce di quello che ci è stato riferito sulla possibile manovra sul precariato non possiamo escludere che sia stata la politica siciliana a chiedere il ‘commissariamento’ dell’assessorato all’Economia.

Quale politico siciliano avrebbe il coraggio di dire ai 50 mila, forse anche 60 mila precari (e secondo alcuni osservatori potrebbero essere anche di più), signori, vi dobbiamo mandare a casa? Meglio fare gestire la patata bollente a un assessore ‘romano’.

Che dire? Quello che diciamo da tempo a proposito del precariato siciliano: si organizzino in un unico ‘cartello’ e chiedano l’intervento di Bruxelles. Da Renzi e dalla sua demagogia non hanno nulla da aspettarsi. Il capo del Governo italiano ha detto che non c’è più il posto fisso, figuriamoci cosa direbbe ai precari siciliani.

 

 


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