«Apprendiamo con sorpresa della decisione della giunta regionale, su proposta dell’assessore ai Beni culturali Francesco Paolo Scarpinato, di intitolare il museo archeologico di Ragusa a Biagio Pace: una decisione che riflette l’arroganza e la presunzione di questo governo regionale che ha deliberatamente scelto di non consultarsi col territorio prima di adottare una scelta così discutibile». Lo dice […]
La Regione intitola il museo di Ragusa a un archeologo fascista. Protesta Dipasquale
«Apprendiamo con sorpresa della decisione della giunta regionale, su proposta dell’assessore ai Beni culturali Francesco Paolo Scarpinato, di intitolare il museo archeologico di Ragusa a Biagio Pace: una decisione che riflette l’arroganza e la presunzione di questo governo regionale che ha deliberatamente scelto di non consultarsi col territorio prima di adottare una scelta così discutibile». Lo dice Nello Dipasquale, parlamentare regionale del Pd.
«Ancora una volta ci troviamo davanti a una scelta calata dall’alto – aggiunge il parlamentare ibleo – che arriva come un fulmine a ciel sereno. Nulla da dire sui meriti accademici e sull’attività da archeologo di Biagio Pace, beninteso, ma non possiamo dimenticare che lo stesso è stato anche un politico fascista di alto rango, con una lunga carriera politica e militare, fino a presiedere l’assemblea di fondazione del Movimento sociale italiano».
«Certo, fu un figlio del suo tempo e capisco che in questo particolare momento politico a chi è vicino a certi ideali può fare piacere prendersi certe soddisfazioni. Tuttavia, da ragusano – continua – mi permetto di dare un suggerimento: il museo archeologico di Ragusa, istituito tra il 1958 e il 1959, andrebbe intitolato ad Antonino Di Vita che lo creò. Ecco, questo forse sarebbe emerso se la giunta regionale e l’assessore Scarpinato avessero messo da parte la solita arroganza e si fossero confrontati con la nostra realtà. Vero è che i fascisti non esistono più – conclude – ma dobbiamo notare che gli atteggiamenti fascisti rimangono. Certamente non resteremo a subirli in silenzio».