Tutti attorno alla ministra del Sud Barbara Lezzi per l’annuncio sperato: il progetto definitivo dell’autostrada Catania-Ragusa verrà approvato dal Cipe a gennaio. Erano visibilmente soddisfatti i sindaci delle province di Siracusa e Ragusa lo scorso 20 dicembre per quello che considerano un obiettivo raggiunto. Eppure molti sono gli aspetti ancora da formalizzare perché le novità su cui ruoterebbe il nuovo accordo – e cioè la riduzione del pedaggio grazie all’intervento economico della Regione siciliana con quattro milioni di euro all’anno – non sono state messe nero su bianco. E non si tratta di dettagli, ma di un affare colossale, un’autostrada del valore di oltre 800 milioni di euro da far costruire ai privati – ma con metà delle spese coperte da fondi pubblici – che poi incasseranno il pedaggio per decenni.
Ed è proprio sui futuri costi a carico degli utenti che il ministero delle Infrastrutture nei mesi scorsi ha sollevato molte perplessità, perché considerato troppo caro. Dubbi che continuano a inquietare l’assessore regionale Marco Falcone e i suoi tecnici. «Nella versione iniziale dell’accordo – spiegano nei corridoi del dipartimento Infrastrutture – si parlava di quasi 20 euro solo andata, per un viaggio completo arrivavamo a 40 euro. Improponibile. È importante costruire un’autostrada strategica, ma non possiamo correre il rischio che poi nessuno la usi». La Regione si è quindi impegnata a calmierare i prezzi, portando in dote ai privati quattro milioni di euro all’anno per il pedaggio. Così, al momento, per andare da Catania a Ragusa si parla di un costo pari a dieci euro, e altrettanti al ritorno. Con possibili riduzioni nelle fasce orarie di punta per i lavoratori. Una cifra molto alta se confrontata, ad esempio, con le tariffe della Catania-Messina (tre euro e 20 centesimi per 77 chilometri). «Ma – precisa l’assessore Falcone a MeridioNews – vogliamo ancora ridurlo. In un range che va da sette a 12 centesimi al chilometro, noi vorremmo mantenerci sui sette». Calcoli alla mano, per raggiungere l’obiettivo posto da Falcone il costo dovrebbe ulteriormente essere dimezzato, arrivando a poco meno di cinque euro per tratta. I tempi però sono stretti, visto che è stato annunciato che il Cipe darà il via libera il 17 gennaio.
L’autostrada Catania-Ragusa sarà lunga 68,66 chilometri e seguirà il percorso di due Statali, trasformandole a doppia corsia: 39 chilometri saranno lungo la 514, dall’area di Ragusa all’attuale innesto con la statale 194. Da qui altri 29 chilometri fino all’abitato di Carlentini. Dove si collegherà con l’autostrada A18. A sud, invece, il collegamento sarà con la statale 115. In totale, lungo i 69 chilometri, verranno realizzati dieci svincoli e undici viadotti. L’opera sarà divisa in otto lotti funzionali. La Regione ha garantito 367 milioni di euro, resterebbero a carico dei privati 448 milioni. Perché aiutare in maniera determinante un soggetto privato nella costruzione per poi lasciargli gli incassi per decenni? «Il pubblico ci sarà – replica Falcone – stiamo immaginando una convergenza del Cas».
(da sinistra: Vito Bonsignore, Gianni Agnelli e Giulio Andreotti al Lingotto di Torino. Foto da archivio Andreotti)
Il privato che costruirà la Catania-Ragusa si chiama Sarc, o meglio, guardando dentro le società che la compongono, il nome è quello di Vito Bonsignore, 75enne che ha diviso la sua vita tra gli interessi da imprenditore nelle grandi opere e la politica. A partire dai tempi della Democrazia cristiana, storico volto della corrente andreottiana a Torino, poi ex sottosegretario nel primo governo Amato. Nato a Bronte, cugino dell’ex senatore Pino Firrarello, ma trasferitosi sotto la Mole appena maggiorenne. È stato pure eurodeputato Udc e Pdl (partito di cui è stato anche tra i fondatori), infine con Ncd, nonché socio di Banca Carige. Condannato a due anni di carcere per concorso in tentata corruzione all’inizio degli anni ’90 per la costruzione dell’ospedale di Asti (sentenza che lui ha sempre definito «ingiusta»), e ancora imputato e poi assolto nella scalata Unipol. Bonsignore è stato più recentemente indagato – e archiviato poco dopo – anche nella vicenda grandi appalti della Procura di Firenze.
La Sarc, società autostrada Ragusa-Catania, con sede a Torino, è partecipata da Silec spa (che detiene il 62 per cento delle quote), Mec (Management engineering consulting spa col 15 per cento), Serenissima Holding (col 14 per cento), Ausico società consortile (col 6 per cento), Donati Spa (col 2 per cento) e da Tecnis (con l’1 per cento). Il rappresentante dell’impresa e presidente del cda è Francesco Bonsignore, 82 anni, fratello di Vito. Quest’ultimo è presente come socio, insieme ai figli Katia e Luca, nella Mec che detiene quasi interamente le quote della Silec.
La Catania-Ragusa è per Vito Bonsignore l’ultimo tassello rimasto di un disegno più grande. A inizio anni 2000 l’imprenditore progetta infatti di ottenere dal ministero delle Infrastrutture le concessioni per tre nuove autostrade: la Orte-Mestre, la San Vittore-Campobasso e, appunto, la Catania-Ragusa. La prima finisce al centro della mega indagine della Procura di Firenze sulle grandi opere, Bonsignore rinuncia alla progettazione che invece Anas, circa un anno fa, annuncia di voler rilanciare. La Termoli-Campobasso avrebbe dovuto collegare il mar Tirreno all’Adriatico. Bonsignore, tramite la Silec, si aggiudica la progettazione preliminare, ma dell’autostrada dei due mari vengono realizzati nel 2008 solo nove chilometri per una spesa di 78 milioni di euro. Poi più niente, finché il governo Renzi la toglie dalla lista delle opere strategiche da finanziare, decretandone la fine. Tutte le fiches adesso restano puntate sull’infrastruttura siciliana.
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