La povertà e le proposte della Rete dei Numeri Pari «Serve una Carta di Palermo sulle questioni sociali»

Da una parte la narrazione di Palermo, di una città felicissima con un numero crescente di turisti e che punta sulla cultura. Dall’altra parte le mille periferie della città che continuano a sentirsi abbandonate e, soprattutto, delle tantissime questioni sociali che esse vivono: dalla dispersione scolastica alla mancanza di accesso ai servizi sanitari essenziali, dalla povertà diffusa all’assenza di sensibilità ambientale . E’ la discrasia principale che è emersa ieri all’assemblea che si è tenuta all’oratorio Santa Chiara. A convocare l’incontro, che ha messo insieme decine di operatori sociali della città, il presidente di Emmaus Palermo Nicola Teresi.

Che ha lanciato in questo modo anche nel capoluogo siciliano la Rete dei Numeri Pari: un progetto che nel resto d’Italia ha messo insieme centinaia di realtà sociali diffuse in tutta Italia che condividono l’obiettivo di garantire diritti sociali e dignità a quei milioni di persone a cui sono stati negati (associazioni, cooperative, parrocchie, movimenti per il diritto all’abitare, reti studentesche, centri antiviolenza, comitati di quartiere, campagne, scuole, progetti di mutualismo sociale, spazi liberati, reti, fattorie sociali e semplici cittadini). Teresi ha introdotto l’incontro focalizzando l’attenzione sulle proposte nazionali della Rete dei Numeri Pari, che vanno dall’introduzione di un reddito minimo garantito e universale alla fuoriuscita delle spese sociali dal patto di stabilità fino alla modifica dell’art.81 della Costituzione che è stato introdotto nel 2012. «Credo che si debba partire dall’abbattimento delle identità individuali – ha affermato – per superare la bandierina delle associazioni. Il nemico è comune. La giustizia sociale è solo un tassello all’interno del macrotema della giustizia ambientale. Ce lo hanno insegnato le popolazioni dell’America Latina». 

Per Mariangela Di Gangi, dell’associazione Zen Insieme, il primo passo è capire come declinare i temi nazionali introdotti da Teresi a livello locale. «Ciascuno di noi spesso sa indicare gli strumenti che potrebbero aiutarci – ha affermato – I vincoli della spesa sociale sono certamente quelli che più vessano le persone povere. La privatizzazione crescente è un problema enorme, così come il reddito di cittadinanza si è rivelato certamente utile ma non basta. In uno Stato che non garantisce le prestazioni minime di welfare si è dimostrato un supporto risibile. A Palermo più che altrove chi affronta il problema delle marginalità a vario titolo deve fare i conti con l’art.5 del decreto Lupi (chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi, ndr), che una delle più grandi diseguaglianze tanto che chi non ha residenza non può richiedere neanche il reddito di cittadinanza. Senza il terzo settore a Palermo si vivrebbe molto peggio. Le persone spesso non sono in grado di capire quel che gli succede. Non riusciamo a creare sistema: non sta a noi farlo ma sta a noi pretenderlo».

Eliana Lombardo, di Libera, ha ricordato l’appuntamento del 21 marzo 2020, in cui si celebrerà il 25esimo anniversario per le vittime di mafia. Un appuntamento che vedrà Palermo sede nazionale della storica iniziativa lanciata da don Luigi Ciotti, con un percorso di coinvolgimento che è già iniziato. All’iniziativa sarà presente anche Addiopizzo, che da tempo assiste le vittime di racket.  «Coi commercianti del Bangladesh che abbiamo assistito  – ha raccontato Daniele Marannano  – ci siamo ritrovati di fronte a una serie di soggetti che avevano già aggredito altri commercianti, sempre stranieri, in via Maqueda. Si tratta cioè di cicli che si ripetono e che danno la cifra del contesto degradato in cui si opera. A un certo punto abbiamo avuto la sensazione di girare a vuoto, perché ci ritrovavamo in situazione analoghe: le vittime delle estorsioni, cioè, indicavano sempre le stesse persone. Con la sede alla Kalsa abbiamo provato a sperimentare pratiche di inclusione sociale. C’è però bisogno di costruire, o forse ricostruire, una narrazione condivisa che vada al di là della nostra cerchia, uscendo fuori dalla narrazione di una città felice, perché lo è solo in parte».

Sullo stesso piano anche Pietro Milazzo, militante della Casa del Popolo che ha recentemente subito uno sgombero. «Chi è che può credere a una Palermo felicissima? – ha chiesto in maniera retorica – Tre palermitani su dieci vivono in una condizione di povertà, assoluta o relativa. Il welfare criminale diventa perciò la risposta a un’assenza di reddito universale. La povertà non è una scoria di un sistema altrimenti positivo, ma ne è condizione essenziale. Il vero problema nel nostro Paese resta la distribuzione della ricchezza». Di fronte dunque anche a un’autocritica, che riguarda la non sempre chiara critica alla narrazione della giunta Orlando e a una sorta di anestetizzazione delle questioni sociali che restano irrisolte, la sensazione di tutti e tutte è che si deve certamente ripartire dalla solidarietà ma che questa, da sola, non può bastare. Come dimostra ad esempio il fenomeno migratorio.

«Dobbiamo capire che il tema delle migrazioni è non slegato da temi come lavoro, ambiente, casa – ha aggiunto Fulvio Vassallo Paleologo – I migranti a Palermo sono integrati nello sfruttamento. Troppo spesso in questa città si deve scegliere tra il meno peggio e il meno peggio. Oggi Orlando si vantava di essersi confrontato con cinque delegazioni di cinque paesi diversi; ecco, io penso che se si fosse confrontato con delegazioni di cinque quartieri di Palermo avrebbe fatto una cosa migliore. Anche noi immigrazionisti, così come siamo definiti con spregio, dovremmo parlare più di sfruttamento. Nessuno si concentra poi sul governo regionale e sulle sue disattenzioni rispetto al territorio. Si deve fare un salto di qualità. Alcune dichiarazioni di Orlando fanno da propaganda al centrodestra». La proposta del segretario Sunia Zaher Darwish di «scrivere una carta di Palermo, dal basso, sulle questioni sociali» ha trovato unanimità di consensi tra i partecipanti, da costruire attraverso assemblee di quartiere per rilanciare i tanti problemi irrisolti a Palermo. 


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